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mercoledì 13 marzo 2013

Il default del “gratitudine-bond” (tano-bond)?


PERSONAGGI
“Tribuna Italiana” ricorda Alberto Sordi nel decennale della morte

Il default del “gratitudine-bond” (tano-bond)?

BUENOS AIRES - Il grande attore romano, deceduto dieci anni fa, è stato per noi emigrati negli anni ‘50 e ‘60, allora giovani, l’archetipo dell’italiano, ma anche un personaggio che abbiamo voluto bene come uno di casa nostra. Amato anche in Argentina, come collettività abbiamo un debito di gratitudine con lui, che avremmo dovuto saldare durante la sua visita nel 1998 oppure alla sua morte. Oggi, dieci anni dopo la sua scomparsa, stringe il tempo per rendergli un omaggio, una sfida che lanciamo ai rappresentanti della collettività e delle istituzioni italiane in Argentina... 

Abitualmente nell'estate, come è stato il caso dell'attuale che si avvia alla fine, non ci sono tante notizie, né buone né cattive, anche se per la comunità italiana in Argentina, l’ultimo febbraio è stato un mese speciale a causa dello svolgimento della campagna elettorale per l'elezione dei nostri rappresentanti nel Parlamento italiano. 

Visto però “che non di sola politica vive l'uomo”, ci è venuto alla memoria un altro evento importante di questo mese, al cui centro c'è Alberto Sordi e che ci porta a ricordare una specie di caduta, di incomprensibile fallimento dei nostri dirigenti. 

Si tratta di un episodio per il quale dobbiamo tornare indietro nel tempo, al 25 febbraio 2003, data della scomparsa di Sordi, il cui decimo anniversario in questi giorni, ha attivato la nostra memoria, portandoci a frugare nel baule dei ricordi, che conserva una parte del nostro passato, che “l'Albertone nazionale” ha in gran parte condensato. 

“Io so che tu sai che io so” 

Tracciare un ritratto di Sordi, attore le cui prime interpretazioni risalgono al 1937, significherebbe intraprendere una cavalcata attraverso il XX secolo, con tanti suoi componenti: il fascismo, la guerra, la ricostruzione, il boom economico italiano, gli anni si piombo, l’euforia degli Ottanta, l’euforia il ciclone “Mani pulite” nei Novanta, l’inizio del nuovo millennio. Un tempo del quale Sordi è stato protagonista. 

Un protagonismo vissuto nella sua veste di attore, ma anche come personaggio polemico e nella sua vita strettamente personale. 

Come attore ha saputo mantenere il delicato equilibrio tra l'umore e il dramma, ha saputo arricchire commedie apparentemente minori fino a renderle di un'altra categoria. 

Un attore che ci ha fatto sorridere e ci ha commosso, che ha interpretato i sentimenti degli italiani del dopoguerra attraverso diecine di film: è stato vigliacco, corruttore e corrotto, medico della mutua, vigile, scapolo, vitellone, seduttore, moralista, magliaro, vedovo, commissario, diavolo, tassinaro, “Un eroe dei nostri tempi” e perfino “Un borghese piccolo piccolo”. 

Ma è stato anche un cittadino impegnato e polemico che ha saputo raccontare l’Italia meglio di qualsiasi sociologo, sfoderando varie delle sue espressioni celebri, “Non è l'Italia da rifare ma gli italiani!” o “Il fallimento delle nazioni non è dovuto ai cittadini, è dovuto all'inefficienza delle classi dirigenti”. 

Per quanto riguarda la sua vita personale, emerge il Sordi riservato, metodico con la mania per l’ordine, la “pennica” nel dopopranzo, la passione per la pasta al sugo con le polpette, la serena fede da cattolico privo di dubbi, e forse il suo dramma esistenziale, non avere avuto figli. 

Sordi, gli argentini e noi 

Sordi è stata una personalità entrata profondamente anche nei sentimenti degli argentini, sia come attore che come personaggio pubblico. 

Uno dei pochi capaci di plasmare con i suoi atteggiamenti e i suoi gesti l'archetipo dell'italiano e allo stesso tempo provocare una profonda identificazione tra i "porteños" con i suoi atteggiamenti di personaggio simpatico, appassionato, tenero, astuto, imprenditore, sensibile, presuntuoso e gesticolante. 

Per noi emigrati, è stato un simbolo, il simpaticone faccia antica da romano vero, dotato di una voce inconfondibile e di una mimica grottesca che ha dipinto l’autoritratto dell'italiano medio, rispecchiandone vizi e virtù. Ed è stato un amico, uno di casa, cui abbiamo voluto tanto bene. 

Gli anni '50 e '60, quando eravamo giovani emigranti, nostalgici (tra i quali “io c’ero”) cercando di inserirci nel paese nel quale ci eravamo stabiliti, anni d’oro del cinema italiano e di Sordi, sono stati quelli in cui i “tanos” erano di moda, in materia di cinema, d'arte, di musica. L' “effetto Albertone” ci trasformava, eravamo tutti romani nel rievocare e ripetere le sue indimenticabili battute, i “sordismi”, che ci davano l'occasione di dar vita all'attore che ognuno di noi crede di portare dentro di se. Battute come: “Ma che fai aoh, prima spari e poi dici chi va là?” o “Macaroni... m'hai provocato e io te distruggo, me te magno!” E l'indimenticabile cornacchia con cui prendeva in giro chi stava lavorando, nel film “I vitelloni”, quel gesto dell’ombrello diventato internazionale: Lavoratoriiiiii! Lavoratori della maltaaa! Prrrr... 

BUON GIORNO TRISTEZZA 

Dieci anni fa, mentre a Roma in migliaia si recavano nella camera ardente per l'ultimo omaggio a Sordi, amarcord, in Argentina provavamo la stessa tristezza, cordoglio e nostalgia per la scomparsa dell'attore che, nel nostro caso particolare, ci portava a scrivere sulla TRIBUNA ITALIANA un articolo dal titolo: “Albè....sta vorta c’hai fatto piagne”. 

Dicono che non è oro tutto quello che luccica e infatti, come dicevamo all'inizio, questa storia tenera ed evocativa ha anche un capitolo opaco, che cominciò ad essere scritto nel 1998, in occasione della visita di Alberto Sordi in Argentina, invitato d'onore al Festival del Cinema di Mar del Plata. 

Certamente un'opportunità che la nostra classe dirigente, priva di riflessi e della capacità di cogliere l'occasione per rendergli un omaggio, non ha saputo cogliere. 

Avrebbe dovuto essere un meritato omaggio popolare a Sordi, come quello che era stato organizzato dalla comunità italiana in Usa, consapevoli del fatto che difficilmente ci sarebbe stata una seconda opportunità. “Ormai alla mia età programmi a lunga scadenza non si possono fare”, disse l'attore, allora 79enne quando gli chiesero se sarebbe ritornato in Argentina. 

Vinsero allora l'apatia, e l'indolenza e l'unico omaggio si svolse nel ristretto ambito dell'Ambasciata, coi soliti noti e ignoti e, naturalmente vista la sede, senza il pubblico delle migliaia di ammiratori dell'attore nella nostra comunità. 

Il default tanto temuto 

Come si ricorderà nel 2001 l’Argentina non onorò il pagamento di debiti emessi sotto forma di obbligazioni, i cosiddetti “tango-bond” e dichiarò il default. Purtroppo, in un certo senso, come collettività siamo stati precursori di quel fallimento, dato che per emendare l'omaggio mancato del '98, abbiamo emesso una specie di “Gratitudine Bond”, un impegno con un artista che durate lunghi anni ci regalò una variegata serie di sentimenti gratificanti; sorrisi, commozione, simpatia, ecc. 

Un impegno che non siamo riusciti a mantenere per il quale, visto il tempo trascorso, si può dire che siamo caduti in default. 

Un modo pratico per onorare quell'impegno, sarebbe attraverso un concambio: un ciclo omaggio alla memoria del re della commedia italiana con la proiezione dei suoi film, con una mostra che consenta di ritrovare gli innumerevoli personaggi interpretati dall’attore de “La grande guerra”, “Una vita difficile”, “Tutti a casa” e tanti altri. 

Si tratta di una specie di sfida rivolta alle varie istituzioni che ci rappresentano: Comites, Feditalia, ecc., ma anche al Consolato e all’Istituto Italiano di Cultura. Una sfida che dovrebbe essere accettata per portala avanti in questi mesi vicini ancora al decimo anniversario. 

Anche se di fronte a questa veemente sfida, “Albertone” ci direbbe: “Bboni, state bboni…”, per noi, “ex giovani emigranti nostalgici” (tra i quali "c’ero anch’io"), c’è l’urgenza di porre rimedio all’ingratitudine verso Sordi, di superare la parsimonia che è diventata una nostra caratteristica e anche perché rinviare l’omaggio per altri dieci anni, comporterebbe che, per ragioni anagrafiche, non essere presenti all’omaggio e quindi non poter avere la soddisfazione di adempiere al nostro dovere. 

Ci sono artisti verso i quali si prova ammirazione e gratitudine e dicono che tra le cose sgradevoli che esprimono le persone, una tra le più amare è l’ingratitudine. Vale quindi ricordare Seneca che diceva: “Ingrato non è chi nega il beneficio ricevuto; ingrato è colui che non lo restituisce; ma fra tutti, il più ingrato è chi lo dimentica”. (Walter Ciccione -Tribuna Italiana /Inform) ciccioneg@speedy.com.ar

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