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lunedì 11 marzo 2013

Marò, l’incognita del tribunale speciale che giustifica la mossa della Farnesina

RASSEGNA STAMPA
Da “La Stampa.it”
Marò, l’incognita del tribunale speciale che giustifica la mossa della Farnesina
Con l’India dossier incandescente. Il governo: lasciamo le divergenze nelle mani del diritto internazionale




Era il 15 febbraio dell’anno scorso, tredici mesi fa, quando l’Italia scoprì che c’erano dei militari italiani di scorta a mercantili italiani nell’Ocenao Indiano e che due di quei militari erano appena stati accusati di avere ucciso due pescatori in una controversa azione di antipirateria in mare aperto.

Da allora, il caso dei due marò Girone e Latorre - prima prigionieri, poi imputati a piede libero ma con obbligo di residenza in India - si è trasformato in un dossier sempre più incandescente. In India il caso si era molto surriscaldato, complici le elezioni. Da noi, invece, grazie anche alla moral suasion del Quirinale, il caso è rimasto sempre sottotraccia, nonostante le elezioni. L’idea di candidare i due sottufficiali, fugacemente accennata dall’ex ministro Ignazio La Russa, è presto rientrata proprio per l’esigenza nazionale di tenere basso il profilo.

Le speranze della Farnesina erano tutte rivolte alla sentenza della Corte suprema dell’India che, secondo i nostri diplomatici, avrebbe dovuto riconoscere le nostre ragioni giuridiche: e cioé che in casi del genere, essendosi verificati i fatti in acque internazionali, le convenzioni danno la competenza a giudicare al Paese indicato dalla bandiera della nave dove è avvenuto il fatto. Così però non è stato. O meglio: la sentenza della Corte suprema dell’India ha salomonicamente diviso la questione a metà. Da un lato è stato riconosciuto che il fatto avveniva in acque internazionali e quindi è stato tolto dalle mani delle autorità del Kerala. Dall’altra, per tenere fede al desiderio indiano di processare comunque i due marò nel loro Paese, era venuta fuori una soluzione del tutto inedita: un tribunale speciale. Un tribunale da inventare. Ma così facendo, l’India ha di fatto aperto una procedura lunga e complessa. E alla fine ha buon gioco la Farnesina a dire, come spiega il sottosegretario Staffan de Mistura: “L’India è un grande Paese con il quale abbiamo tutta intenzione di avere un ottimo rapporto. E questo è un motivo in più per lasciare le divergenze nelle mani del diritto internazionale, magari con una sentenza di una corte internazionale”. (Francesco Grignetti-La Stampa.it, 11 marzo 2013)

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