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mercoledì 6 marzo 2013

Terzi e l’Italia nel mondo


RASSEGNA STAMPA
Intervista al ministro degli Esteri su “America Oggi” del 5.3.2013

Terzi e l’Italia nel mondo

NEW YORK. Il Ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi di Sant'Agata è a New York per un programma di incontri alle Nazioni Unite. Col Segretario Generale dell'Onu Ban Ki-moon ha discusso lunedì di crisi in Siria, Mali e Sahel, della Libia e della Somalia. Al termine dell'incontro, Terzi ci ha concesso questa lunga intervista, perché è col nostro giornale che ha voluto fare un consuntivo dei sedici mesi trascorsi alla guida della politica estera italiana nel governo Monti. Terzi in questi mesi ha cercato di preservare gli interessi nazionali, le aspettative e anche le speranze dell'Italia nel mondo. Noi siamo convinti che ci sia riuscito. Ai lettori il giudizio definitivo. 

Quale è stata in questi mesi la crisi internazionale che non l'ha fatta dormire di notte? 

"Grazie, innanzitutto, ad America Oggi, ne conosco bene i lettori ed è un veicolo di comunicazione che ammiro. Lei ha detto bene: ho cercato di imprimere al lavoro della diplomazia italiana un senso di responsabilità per la tutela, la difesa e la promozione dell'interesse nazionale, coniugato con la volontà di aver fiducia nel Paese. Ho voluto far comprendere che la diplomazia rappresenta nel mondo la realtà sconfinata dei valori del nostro Paese: valori culturali ed economici, insieme con la capacità politica di affermare nel mondo quanto di meglio esiste nella storia e nell'identità italiana. E' quanto si aspettano da noi molti Paesi affetti da fenomeni di destabilizzazione e violenza, dai grandi drammi che colpiscono l'umanità, da sistematiche violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Qui all'Onu ho tenuto a fare una visita che non è solo di commiato, ma intende anche ribadire l'impegno per il futuro: l'Italia continuerà a guardare alle Nazioni Unite come ad un fondamentale punto di riferimento per l'azione di politica estera. Il Segretario Generale, Ban Ki-moon, con cui ho una consuetudine di lavoro consolidata nel tempo, ha ben compreso che l'Italia è un partner di fondamentale rilievo per il sistema Onu, non ha mai cessato di esserlo e continuerà ad esserlo per il futuro. Siamo un Paese che fornisce un grande contributo all'impianto di sicurezza e di pace delle Nazioni Unite, siamo sempre stati tra il sesto e il settimo contributore sul piano finanziario, dei programmi di assistenza, ma soprattutto per le operazioni di pace, nelle quali impegniamo più di 1100 soldati. Siamo il primo Paese del G8 che contribuisce con osservatori militari e di polizia alle operazioni di pace dell'Onu, e uno dei primissimi Paesi europei in termini di contributi nazionali". 

Bene, ma con Ban Ki-moon avete parlato della crisi che La preoccupa più di ogni altra? 

"Abbiamo parlato della crisi siriana. E' vero quello che lei ha detto, ci sono stati molti episodi che hanno colpito la mia coscienza, come, credo, la coscienza di tutte le persone informate e che hanno una sensibilità per il rispetto della dignità umana. Veri e propri eccidi continuano a ripetersi in Siria, assistiamo alla devastazione di città come Homs, Aleppo, della stessa Damasco e di tanti altri centri. E' una guerra civile terribile, un crescendo dilaniante di violenze, come testimonia anche l'utilizzo di missili Scud. Quindi, se c'è una crisi che può aver turbato anche chi è più incline all'indifferenza, è senza dubbio la crisi siriana, che, ricordiamolo, coinvolge anche i Paesi vicini. Oramai sono quasi un milione i rifugiati che si trovano in Giordania, in Libano, in Turchia. Sono più di 70 mila i morti. E' il drammatico acuirsi del conflitto che ha indotto l'Italia, gli Usa, la Francia, la Germania, l'Inghilterra, la Turchia e i Paesi arabi a riunirsi a Roma nei giorni scorsi assieme alla leadership della Coalizione delle opposizioni siriane, per cercare di imprimere un salto di qualità all'impegno per la soluzione politica della crisi, ed anche al sostegno alla Coalizione, attraverso una concreta, materiale assistenza. Un'assistenza non militare, perché nessuno vuole buttare benzina sul fuoco di una situazione militare già estremamente violenta. Nell'incontro con Al-Khatib (Presidente della Coalizione delle Opposizioni siriane) a Roma, gli abbiamo anticipato come la nostra cooperazione allo sviluppo si stia già attivando in questa direzione, anche sul versante della formazione e dell'erogazione dei servizi essenziali, in settori fondamentali come quello sanitario. Nell'affrontare la crisi siriana l'Italia è molto presente. Ho illustrato il nostro ruolo al Segretario Generale dell'Onu, che mi è parso essere molto consapevole". 

Questo intervento italiano nella crisi siriana è forse, fra i tanti risultati di questi 16 mesi alla guida della Farnesina, quello che la rende più orgoglioso? 

"Guardi, è difficile ridurre ad un solo episodio i motivi di soddisfazione per aver guidato una grande organizzazione come quella del Ministero degli Esteri, e per aver contribuito anche all'attività di tutti gli organi istituzionali dello Stato responsabili della proiezione internazionale del Paese. I motivi di soddisfazione sono stati molti, ad altrettante le difficoltà che pure ho incontrato per eventi che sono accaduti, certamente esterni alla mia volontà e alla volontà del Governo. Abbiamo avuto connazionali in gravi difficoltà, momenti difficili per le nostre imprese. I motivi di soddisfazione sono sicuramente di gran lunga superiori agli ostacoli che siamo stati chiamati a superare. Ci provengono dall'essere riusciti a tutelare alcuni valori fondamentali dell'Italia, che sono quelli dei diritti umani, della dignità della persona, dei diritti delle donne. Proprio oggi alle Nazioni Unite si svolge un'importante sessione ministeriale della Commissione sullo status delle donne. A margine di questa sessione, l'Italia ha organizzato, con la partecipazione della collega Ministro Elsa Fornero, un evento sulle mutilazioni genitali femminili. E' un'altra grande campagna che io ho portato avanti, con il forte sostegno dell'Italia intera, e in particolare delle associazioni e delle organizzazioni radicali come Non c'è pace senza giustizia. Desidero rivolgere un pensiero speciale a Emma Bonino ed ai tanti esponenti del mondo radicale che hanno portato avanti in tanti Paesi, soprattutto in Africa, questa grande campagna, culminata lo scorso dicembre nell'adozione di una storica risoluzione dell'Assemblea Generale. Altrettanto importante è stata la campagna contro la pena di morte condotta da Nessuno Tocchi Caino. Desidero ricordare anche che l'Italia ha seguito in prima linea i complessi sviluppi delle primavere arabe e i processi di stabilizzazione in Paesi che rivestono fondamentale importanza per gli assetti del Mediterraneo e Medio Oriente, e dunque per il nostro Paese". 

A proposito alle conseguenze delle rivoluzioni arabe. In Mali, dopo la Francia, adesso arrivano pure i tedeschi. L'Italia fin dall'inizio della crisi è stata rappresentata dalla missione Onu di Prodi. L'Italia cosa farà ancora? 

"Ho seguito molto da vicino gli sviluppi della crisi in Mali e poi, sin dalle sue premesse, l'intervento francese. Ricordo una riunione a Cipro dei Ministri europei lo scorso settembre. I risvolti politici della crisi in Mali sono stati ben presenti nella nostra azione. Un recente Consiglio dei Ministri degli Esteri Europei ha deciso di varare una missione di formazione delle forze armate maliane da parte di addestratori europei. A queste attività di formazione l'Italia partecipa attraverso l'invio in loco di istruttori. Mi auguro che l'Italia continui a partecipare all'impegno per la stabilizzazione del Mali, e che nel futuro prossimo vi siano le condizioni per un contributo economico più significativo del nostro Paese. Durante l'incontro che ho avuto al Palazzo di Vetro, Ban Ki-moon ha anche espresso forte apprezzamento per il lavoro svolto dall'Inviato speciale dell'Onu per il Sahel, Romano Prodi". 

Il premier turco Erdogan all'Onu ha equiparato il sionismo al nazismo: cosa risponde l'Italia? 

"Queste sono affermazioni che non solo sorprendono, ma rattristano anche, profondamente. Che ci possano essere delle animosità nei confronti di un movimento nazionale, antico, che ha dato all'ebraismo un senso di identità ben prima che la diaspora ebraica venisse così drammaticamente falcidiata dall'Olocausto, e che il sionismo venga equiparato con tanta semplificazione al nazismo, lascia veramente scioccati. E lo dico perché bisogna stare attenti alle etichette, soprattutto quando si generalizza su un movimento che ha una portata storica estremamente importante limitandosi a vedere sol alcune semplificazioni estreme che si ricollegano in modo sbagliato a quella dimensione storica. Credo che sia necessario per i leader internazionali, soprattutto nel caso di un grande Paese come la Turchia, fare queste analisi con senso di moderazione e con la corretta retrospettiva storica". 

Lei con Hillary Clinton aveva un rapporto speciale sviluppatosi quando era Ambasciatore a Washington. Cosa le è piaciuto di John Kerry? 

"John Kerry è un altro degli amici che avevo avuto modo di frequentare a Washington. Da ambasciatore, mi aveva colpito la sua grande autorevolezza, la sua conoscenza profonda delle più complesse tematiche internazionali. Sono certo che saprà guidare con grande efficacia il Dipartimento di Stato, forte della grandissima dimestichezza con i temi internazionali che ha trattato per anni quale Presidente della Commissione Esteri del Senato, e da grande personalità della politica americana. Nell'incontro in formato transatlantico tenutosi a Roma la scorsa settimana, cui hanno preso parte 36 Ministri degli Esteri, mi ha colpito la sua capacità di attenzione e la sua abilità nel cogliere subito i punti più significativi della discussione. John Kerry è un grande Segretario di Stato, e sono sicuro che grazie a lui il ruolo americano sullo scacchiere internazionale continuerà ad essere sempre più incisive". 

Il futuro dell'Onu. In siciliano un detto dice: megghiu lu tintu accanusciutu chi lu bonu d'accanusciri. Traduciamo: il cattivo che già si conosce è meglio del buono che si deve ancora conoscere. Secondo lei, l'Onu, con tutti i difetti che ha, è sempre meglio dell'Onu che si vorrebbe riformare? Ed esiste un diritto umano alla verità? Nelle relazioni internazionali, nell'Onu, quanto conta la verità? 

"La verità conta moltissimo, pensiamo ai Paesi usciti dalle guerre civili, come quelli dell'America Centrale, e alcuni Paesi africani. Vorrei anche ricordare il rapporto redatto dalla commissione degli storici italo-tedeschi sulle stragi del nazifascismo. La ricerca della verità è una condizione fondamentale per lo spirito umano, per ritrovare la pace e la riconciliazione. E' difficile pensare che guerre civili possano essere superate senza una comprensione oggettiva di quanto accaduto. La narrativa non deve essere una narrativa di parte, deve posare su dati oggettivi, su una realtà storica. E io credo che l'Onu abbia lavorato in modo egregio in tante e diverse situazioni per superare le ferite dilanianti provocate dalle guerre civili, come nel caso del Rwanda. E' uno sforzo che non è possibile effettuare rapidamente, sono percorsi lunghi, ma là dove si è riusciti a stabilire delle basi di verità condivisa, quelle società sono diventate più stabili. Da Ministro degli Esteri e da diplomatico, vedo nelle Nazioni Unite un punto fondamentale di riferimento. Innanzitutto per i valori espressi nella Carta delle Nazioni Unite, i valori del dialogo, della convivenza e della tolleranza tra i popoli. Sono anche convinto che la struttura delle Nazioni Unite, così come è stata congegnata, continui a poggiare su fondamenta molto solide, pur presentando ormai aspetti obsoleti. Ad esempio, il Consiglio di Sicurezza con i suoi membri permanenti col diritto di veto. Ci deve essere una riforma del Consiglio di Sicurezza, per renderlo al passo con i tempi. Deve essere ampliata la partecipazione a livello regionale, soprattutto l'Unione Europea deve poter avere il modo di parlare in modo più unito ed efficace. Ma, nell'insieme, le Nazioni Unite rappresentano una grande idea che resta di grande attualità, ed è in continua, positiva evoluzione: pensiamo alla campagna sulle mutilazioni genitali femminili, alla moratoria sulla pena di morte, ma anche ai nuovi concetti di partenariato per lo sviluppo, all'idea del ‘diritto di proteggere' e della ‘responsabilità di proteggere' le popolazioni colpite da regimi criminali, al ruolo della Corte penale internazionale nel riconoscere le responsabilità individuali, oltre che di governo, nei crimini contro l'umanità. La società internazionale che è stata costruita giorno per giorno in 60 anni dall'Onu è una società diversa e migliore". 

Lei è stato un ministro degli Esteri innovatore anche nella comunicazione adottata dalla Farnesina con i cittadini e con il mondo. E' appena uscito il suo libro e-book "Caro Ministro", realizzato integralmente raccogliendo suggerimenti e critiche contenute nelle discussioni che l'hanno coinvolta su Twitter e Facebook. Ci spieghi meglio l'obiettivo di questa sua pubblicazione. 

"L'obiettivo è quello di fare una politica estera senza barriere nei confronti del cittadino. Ho sempre lamentato, nella mia esperienza diplomatica e poi da Ministro, una scarsa attenzione per i temi di politica internazionale. Un' insufficiente attenzione nei media. Non è il suo caso, ma una volta mi è capitato di fare una visita importantissima in Libia, ero il primo ministro degli Esteri europeo in missione a Tripoli all'indomani dell'insediamento del nuovo Governo libico, e non voglio citare per amor di patria il numero di importantissimi organi di stampa nazionali che non si sono neanche accorti che il Governo italiano stava anche concludendo accordi economici molto importanti in Libia. La politica estera può però essere capita anche dal cittadino che, per motivi economici o personali, non si può spingere al di fuori dei confini nazionali. Se informato opportunamente, può entrare nei meccanismi e nelle considerazioni che guidano la politica estera, e si può accendere in lui l'interesse per le cose che accadono nel mondo e che comunque influiscono ogni giorno sulla sua vita sua e su quella della sua famiglia. Per questo ho deciso di ‘sbarcare' sui social media, su Facebook e su Twitter, e di interagire con questa agorà straordinaria di interlocutori. Di capire le sensibilità anche su casi singoli. Mi è capitato tante volte di ricevere dagli amici di Facebook segnalazioni anche su casi di connazionali che avevano bisogno di aiuto, che erano stati vittime di vicende giudiziarie e che potevano avere magari maggiore attenzione da parte dell'amministrazione pubblica. Dialogo, quindi, con il grande pubblico del Web e anche con le singole persone". 

Un suggerimento per il suo successore è allora quello di rimanere on line? 

"Sono sicuro che lo farà, è un lavoro appassionante e avvincente nella migliore tradizione della politica estera italiana". (Stefano Vaccara - America Oggi del 5 marzo 2013 ) 

Inform

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