ITALIANI ALL’ESTERO
Da “Gente d’Italia” del 5.4.2013
Cavaliere Giuseppe Marino: sorriso, lavoro
(tanto) e valori: il meglio dell'Italia
Ma chi è Giuseppe Marino? Che grandi opere gli hanno
meritato i titoli di Cavaliere e di Ufficiale da parte del Presidente della
Repubblica Italiana? Che meriti ha avuto la sua lunga vita (compirà quest'anno
di 92 anni, anche se ne dimostra quindici di meno)? Da dove viene il grande
rispetto che tantissime persone nutrono verso di lui? Gente d’Italia lo
racconta in quest’intervista...
MONTEVIDEO - Il successo è stato tale che ha meritato un
bis. O meglio, una eco. Nel 2007, dopo varie sollecitudini, Giuseppe Marino da
Atena Lucana, un uomo semplice, buono, umile, lavoratore, ricco di valori ed
esempio di vita, scrisse e pubblicò un libretto che modestamente intitolò
“Opuscolo della Cronistoria dei Ricordi vissuti”. Le oltre 1.600 copie andarono
a ruba, tra amici, autorità ed associazioni italiane in Uruguay e concittadini
atenesi. Così, nel 2011, lo stesso uomo semplice, umano, sorridente, si sentì
nell' “obbligo” di pubblicare un altro libretto per ringraziare i
ringraziamenti (passi la ripetizione) e i riconoscimenti che gli sono piovuti
addosso dopo l' “Opuscolo”. Anche la stampa, fra cui non poteva mancare Gente
d'Italia, se ne occupò.
Sfogliandolo, si rimane colpiti dalle parole piene di stima
e di autentica riconoscenza espresse dall'Ambasciatore Massimo Andrea Leggeri,
dall'allora Console Gaia Lucilla Danese, dall'ex Console a Montevideo e ora
Ambasciatore in Panama Placido Vigo, dalle autorità del Comites, da quelle
della Società Dante Alighieri, della Scuola Italiana di Montevideo, dei
Patronati, dal Casiu, da associazioni italiane in Uruguay, dal Sindaco e da
concittadini ed amici di Atena Lucana.
Ma chi è Giuseppe Marino? Che grandi opere gli hanno
meritato i titoli di Cavaliere e di Ufficiale da parte del Presidente della
Repubblica Italiana? Che meriti ha avuto la sua lunga vita (compirà quest'anno
la bellezza di 92 anni, anche se ne dimostra quindici di meno), per vederlo
ritratto in fotografie accanto a presidenti della repubblica (italiana ed
uruguayana), e ad altre personalità? Da dove viene il grande rispetto che
tantissime persone nutrono verso di lui?
Probabilmente dai suoi valori (Gianni Raso ne ricorda
alcuni nella sua prefazione: onestà, solidarietà con il prossimo, rispetto
verso persone ed istituzioni), vissuti coerentemente in ogni circostanza e con
ogni interlocutore. Per il suo amore genuino per l'Italia e per gli italiani,
specie quelli all'estero come lui, che si sentono capiti.
“Ricordi, fatti e riconoscenze di Giuseppe Marino, modesto
uomo qualunque della collettività italiana in Uruguay. Dal 7 novembre 1921 al
26 febbraio 1952 ad Atena Lucana (Salerno, Italia), dal 26 febbraio al 16 marzo
1952 nella motonave Sorrento della flotta Lauro, e dal 16 marzo 1952 a
Montevideo, fino a quando Dio vuole”.
Queste le prime righe del libro di Marino. Segue un'ampia
documentazione fotografica e documentale, tra cui spiccano le foto con Ciampi,
Scalfaro, Prodi, Tremaglia, e lettere o cartoline di Giulio Andreotti e Ciriaco
De Mita, oltre a consoli ed ambasciatori e i rapporti cordiali con l'ex presidente
uruguayano Julio María Sanguinetti e con l'attuale José Mujica.
Ad Atena Lucana, il giovane Marino lavorò in Comune. “Non
avevo ancora compiuto i 19 anni”, ricorda. Non ci stava per niente male, in
paese, ma a Montevideo c'era suo fratello Carmelo, che lo chiamò assieme alla
sua famiglia. “Sua figlia, mia nipote Carmencita, aveva appena due anni quando
giunsi in Uruguay”, racconta. “E fu con lei che imparai lo spagnolo: andavo
sempre in giro con lei, e stava sempre con me. Parlava benissimo il castigliano
e non le fu difficile apprendere l'italiano, perché io rispondevo in italiano
alle sue belle domande che continuamente mi faceva”.
Giuseppe Marino si adattò senza problemi al suo paese
d'adozione. Naturalmente, a costo di lavoro, di tanto lavoro. Glielo raccomandò
anche lo zio Biagio, sacerdote in missione nello stato USA di New York, in una
lettera che Marino definisce “emotiva”: “Il pane viene da fuori, e bisogna
andare dove si trova. Quindi buona fortuna. La fortuna la facciamo noi. Bisogna
agire, avere un ideale da seguire ed essere pronti a non pochi e costanti
sacrifizi. L'America non è un posto di sogni dorati; c'è da aspettare
difficoltà, e solo chi ha fede in Dio e ama i suoi per cui s'incontrano e si
aspettano dolori e sacrifizi, può ottenere a tempo il sognato successo”.
Dal suo animo nobile, Giuseppe o Peppino Marino ringrazia
subito l'Uruguay come “seconda patria” alla quale e ai cittadini della quale
“dobbiamo l'infinito ringraziamento per la calorosa e sincera ospitalità”, che
si è espressa anche in “possibilità di lavoro e benessere, che con modestia ho
sempre avuto”.
Ma facciamo un passo indietro: ad Atena, il giovane Peppino
aveva abbracciato gli ideali fascisti. “Allevato e cresciuto con l'influsso
fascista e dittatoriale (ove tutto era Italia e fascismo), non posso affatto
parlarne male per quello che ho ricevuto e vissuto”. Dopo l'arrivo della
democrazia, riflette in prospettiva Marino, “avevo appena 22 anni e, cresciuto
con quella mentalità, questo cambio mi ha dato altre visioni che mi hanno
aiutato a continuare a vivere con altre prospettive, riconoscendo il grande
vantaggio che la democrazia ti dona e ti aiuta a vivere. Ho capito che bisogna
riconoscere cosa è stata la vita dopo la guerra, con la libertà di espressione
e di stampa, e il modo di vivere in libertà”. Un grande. Lo dimostra il fatto
che è stato un uomo aperto al cambio e alle novità positive.
Giunto in Uruguay, “è stato un grande aiuto essere emigrato
in un paese prettamente democratico e libero come questo”, ammette. Anche di
questo, come della “scoperta” della democrazia in patria, Marino è
riconoscente. A Montevideo “José”, cominciò a lavorare in una fabbrica di
carrozzerie di autoveicoli, dove presto divenne specialista in verniciatura.
C'erano parecchi italiani nel ramo, e con alcuni misero su un'attività in
proprio. Pian piano, passò dal guidare una “mosquito”, a una moto propriamente
detta, a una moderna autovettura. “Sono orgoglioso”, riconosce oggi, “del
sacrificio fatto, del lavoro eseguito e della buona simpatia che mi sono
acquistato lungo il trascorso della mia vita”.
“Già dal mese di marzo del 1952”, prosegue, “appena giunto
in questo paese, vengo presentato al Centro Amici d'Italia, associazione questa
che riuniva tutti i giovani emigrati a Montevideo. Eravamo in molti e si
organizzavano grandi riunioni e feste danzanti”. Quando l'istituzione chiuse i
battenti, Marino, che nel frattempo era già dirigente, non aveva nessuna
intenzione di arrendersi, e si unì, insieme ad altri amici, a Casa d'Italia.
Lì, fra l'altro, conobbe una giovane biellese, di cui si innamorò e con cui si
sposò.
Percorrendo a grandi linee la storia dell'attività di
Marino nella collettività, possiamo dire che è il socio n.1 dell'Associazione
Emigrati Regione Campania in Uruguay (AERCU), che è stato membro del Coemit
(poi Comites), si è battuto per i monumenti funerari degli italiani, per i
pensionati, per lo sport (Sportivo Italiano), per il voto all'estero
(“Tremaglia mi voleva un bene dell'anima”), per la cultura (in particolare, si
prodigò per un seminario sulla storia dell'immigrazione italiana e spagnola
nell'Università della Repubblica), ottenne una statua di San Ciro direttamente
da Atena Lucana, in cordiale rapporto col vescovo, e un lungo “eccetera”....
Si è mosso, il Cavaliere Marino, ed ha scritto ad
Ambasciatori, deputati, ministri degli Esteri, Presidenti del Consiglio...
ricevendo sempre risposte che, quando non potevano essere positive,
testimoniavano indubbiamente la stima, il rispetto e la considerazione
personale verso un italiano appassionato, che si batteva per i suoi
connazionali.
Ma la cosa più sorprendente, in una comunità italiana
numerosa ma spesso divisa, teatro di rivalità, invidie, gelosie e rancori –
senza per questo dimenticare gli atti di grandezza, generosità e nobiltà di
molti suoi integranti – è quasi impossibile trovare chi non voglia bene al
Cavalier Marino. I campani gli hanno addirittura dedicato, in vita, il salone
principale della loro bella e grande sede del corso 8 de Octubre, per dirne
una.
Si potrebbe fare un romanzo della vita di questo
novantaduenne affabile, semplice, empatico, generoso. (In particolare, si
potrebbe raccontare le vicende di tanti Atenesi che hanno “fatto l'America”, a
costo di lavoro e sacrificio, come profetizzava lo zio prete, in Uruguay). Chi
lo conosce, sa che l'uso di una tale profusione di aggettivi non è esagerato.
Sa che se lo merita, il Cavaliere e Ufficiale Giuseppe
Marino. (Silvano Malini - La Gente d’Italia del 5 aprile 2013 /Inform)
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