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venerdì 12 aprile 2013

Francesca La Marca (Pd) parla dell’avvio della legislatura, del voto all’estero, della nuova mobilità e del recupero della cittadinanza


ITALIANI ALL’ESTERO
Francesca La Marca (Pd) parla dell’avvio della legislatura, del voto all’estero, della nuova mobilità e del recupero della cittadinanza

“Monitorare con precisione e continuità il fenomeno della nuova emigrazione. Vedrei bene la formazione di un osservatorio permanente a livello parlamentare o ministeriale. Con i colleghi del Pd ci riserviamo di avanzare a breve proposte normative

ROMA – Nonostante il Parlamento sia in fase di stallo, in attesa del varo del nuovo esecutivo e dell’elezione Capo dello Stato, molti deputati e senatori stanno già lavorando all’elaborazione di proposte politiche in vista della piena ripresa dell’attività parlamentare. Anche per quanto riguarda le questioni degli italiani nel mondo in questi giorni sono dunque state avanzate alcune proposte volte a risolvere le problematiche ancora irrisolte. Fra le varie voci che si sono fatte sentire, evidenziando la necessità di ricominciare a giocare da subito la complessa partita degli italiani all’estero, vi è anche quella della deputata del Pd Francesca La Marca, eletta nella ripartizione America Settentrionale e Centrale, che ha presentato un’iniziativa legislativa per il riacquisto della cittadinanza italiana. Un volto nuovo della circoscrizione Estero, proveniente dal mondo universitario ed attiva nella comunità italo- canadese, a cui abbiamo rivolto alcune domande. 

In un momento così complesso del contesto parlamentare italiano gli eletti all’estero dovranno moltiplicare gli sforzi per rendere attuabili nuove politiche per gli italiani nel mondo. Come intende portare avanti, in questo difficile avvio di legislatura, le istanze delle nostre comunità all’estero? 

In questo difficile momento, credo che per gli eletti all’estero ci sia un’assoluta priorità: dar voce al desiderio della parte assolutamente maggioritaria dei nostri connazionali che vivono all’estero di vedere l’Italia imboccare un cammino di ripresa sotto la guida di un governo serio, responsabile e stabile. E’ un desiderio di tutti, certo, ma spesso in Italia la passione politica prevale sulla visione generale. All’estero è diverso: l’amore per l’Italia attraversa gli schieramenti politici e, in più, c’è una grande attenzione per l’immagine che il Paese trasmette nel mondo. La nostra funzione, dunque, è soprattutto quella di sollecitare una maggiore attenzione per il modo come l’Italia è percepita a livello internazionale e di aiutare a capire che senza un buon apprezzamento a livello globale sarà più difficile risolvere gli stessi problemi interni. 

Per quanto riguarda le politiche specifiche per gli italiani all’estero, per muovermi non ho aspettato la normalizzazione della situazione parlamentare, pur auspicabile, ma ho già avviato, assieme ai colleghi del PD, iniziative su questioni importanti. Continuerò a farlo seguendo due orientamenti: il dialogo costante con gli elettori, che già durante la campagna elettorale mi hanno segnalato questioni significative e problemi aperti; un taglio innovativo, che consenta non solo di rispondere alle attese dei nostri connazionali all’estero, ma di aiutare a comprendere che l’Italia ha tutto da guadagnare nello sviluppare le potenzialità delle sue comunità, soprattutto in questo momento di crisi. 

Fra le questioni ancora in sospeso di diretto interesse per i nostri connazionali nel mondo vi è sicuramente il miglioramento del sistema di voto per corrispondenza della Circoscrizione Estero. Anche in questa tornata elettorale vi sono state infatti lamentele soprattutto per quanto riguarda il mancato recapito dei plichi elettorali e le modalità di scrutinio delle schede. Cosa può dirci in proposito? 

Per la verità, nel momento in cui si è aperta la discussione sulla riforma del Parlamento in senso monocamerale e sulla diminuzione dei parlamentari, le questioni sono diventate almeno due, quella del destino della Circoscrizione Estero e quella del sistema di voto. Sul primo aspetto, credo che non si debba dare per scontata la scomparsa degli eletti all’estero da un’eventuale Camera delle autonomie, come il Senato dovrebbe chiamarsi. Non mi sembra fuori da ogni logica il fatto che l’intera Circoscrizione possa essere considerata una regione virtuale e quindi essere presente dove siedono i rappresentanti delle Regioni italiane. Tanto più che le Regioni sono molto attive nelle comunità all’estero e ognuna di loro si è dotata di strumenti normativi e consultivi per le politiche verso l’emigrazione. In ogni caso, sono dell’opinione che, dovunque siano collocati gli eletti all’estero, il loro numero non dovrebbe essere lontano da quello attuale, per non rendere evanescente il loro rapporto con gli elettori, distribuiti in territori sconfinati. 

Per quanto riguarda le modalità di voto, le lamentele in molti casi sono giustificate. Purtroppo, nonostante le dichiarazioni ufficiali e le promesse di bonifica, l’elenco degli elettori contiene ancora diffuse inesattezze. Troppi plichi improbabili girano per il mondo. Chiederemo al Governo di fare uno sforzo eccezionale e mirato per regolarizzare gli elenchi. Noi parlamentari del PD, sulla falsariga di quanto si è fatto nella precedente legislatura, presenteremo serie proposte per mettere in sicurezza il voto per corrispondenza, in tutti i suoi passaggi: dalla stampa dei materiali alla loro custodia, dall’invio dei plichi alle garanzie di controllo da parte di Comitati elettorali locali, dalla restituzione dei plichi allo scrutinio, che potrebbe essere decentrato in altrettante sedi quante sono le ripartizioni. Ricordo che il PD ha fatto per primo la proposta di preiscrizione per il voto per corrispondenza, che porterebbe ad una bonifica seria e ad un controllo diretto da parte degli elettori sui propri plichi. Di lì si potrebbe ripartire. 

Secondo gli ultimi dati dell’Aire sono sempre più numerosi i connazionali, soprattutto giovani, che lasciano l’Italia per cercare lavoro all’estero. Una diaspora silenziosa, sicuramente incentivata dalla persistente crisi economica, che non può però passare inosservata. Quali risposte dobbiamo dare a questa nuova realtà migratoria che presenta esigenze diverse dall’emigrazione tradizionale? 

Io sono nata all’estero e ho conosciuto l’emigrazione dal racconto dei miei familiari, ma mi si stringe il cuore pensando che tanti giovani come me, per costruirsi un futuro, debbano abbandonare luoghi e affetti, come i nostri padri e nonni. Le cifre ufficiali di per sé sono impressionanti – 80.000 circa nell’ultimo anno -, ma esse potrebbero addirittura raddoppiare calcolando coloro che non si iscrivono all’AIRE. Quando pensiamo a questi protagonisti delle nuove mobilità, siamo portati ad identificarli con i “cervelli in fuga”, ma si tratta solo di una parte della verità. Ormai si muovono anche emigrati più tradizionali, spinti dalla crisi occupazionale. In più, spesso i nuovi migranti che non hanno già un contratto in partenza sono esposti anche a situazioni di marginalità e di sfruttamento salariale. 

Che fare? Prima di tutto investire di più in Italia sulle politiche occupazionali e diminuire il costo del lavoro per le aziende che assumono giovani. Ma poi monitorare con precisione e continuità il fenomeno. Personalmente vedrei bene la formazione di un osservatorio permanente a livello parlamentare o a livello ministeriale. Con i colleghi del PD stiamo approfondendo i diversi aspetti e ci riserviamo di avanzare a breve proposte normative. In terzo luogo, poiché le situazioni nei luoghi di arrivo sono diverse tra loro, credo che ormai le strutture diplomatiche e consolari da un lato, gli organi di rappresentanza (COMITES e CGIE) dall’altro debbano interessarsi direttamente della condizione di queste persone. 

Lei ha recentemente presentato un disegno di legge sul recupero della cittadinanza italiana. Ci può spiegare gli obiettivi di questa proposta normativa? 

Per gli italiani che vivono in continenti diversi dall’Europa la questione della cittadinanza è uno dei problemi più sentiti. E di questo non sempre vi è un’adeguata consapevolezza nell’opinione pubblica italiana, in cui spesso si confonde la volontà di consolidare il rapporto con le proprie origini, riacquistando identità e status, con intenzioni di altra natura che nulla hanno a che vedere con la realtà. Per questo, gli eletti all’estero del PD hanno già avanzato precise proposte normative con lo scopo di intrecciare le soluzioni riguardanti gli italiani all’estero con quelle, non più rinviabili, relative ai figli degli stranieri nati in Italia. 

Per quanto mi riguarda, riprendendo l’assiduo e appassionato lavoro di chi mi ha preceduto, l’on. Gino Bucchino, ho presentato un disegno di legge che consente ai discendenti di donne italiane che hanno perduto la cittadinanza per avere sposato uno straniero prima del 1948, di poterla riacquistare e trasmettere. C’è già un’inequivocabile sentenza della Cassazione che fa definitiva chiarezza in merito, ma finora non si può procedere sul piano amministrativo finché non verrà modificata una procedura fissata in una legge ormai superata. In questa maniera finirà anche l’aberrazione che in una stessa famiglia vi è un figlio cittadino perché nato dopo il 1948 e un figlio della stessa madre non cittadino perché nato prima di quella data. 

Da donna, sono contenta di poter dare il mio contributo per l’affermazione di un principio di parità, oltre che di equità. 

Aggiungo che ho firmato anche la proposta del collega Fedi che riapre i termini della richiesta di riacquisto per coloro che hanno perduto la cittadinanza dopo essere emigrati per aver dovuto assumere quella del paese di insediamento. 

Dopo l’iniziativa sulla cittadinanza sta già valutando la presentazione di ulteriori proposte di legge su temi d’interesse per gli italiani all’estero? 

Si, e per questo sono in costante dialogo con gli elettori e le loro rappresentanze, oltre che con gli altri eletti del PD all’estero. Vorrei non presentare delle proposte per puro collezionismo parlamentare, ma per rispondere a delle esigenze concrete e avvertite. In più, come tutti, attendo di sapere in quale commissione sarò collocata per fare un lavoro più organico e mirato. Posso già dire, comunque, che l’on. Fabio Porta e io riproporremo la proposta di insegnare l’emigrazione nelle scuole italiane e che sto approfondendo le tematiche della promozione della lingua e della cultura italiana all’estero. Mi riservo, naturalmente, di fare riferimenti specifici e di darne comunicazione non appena questi propositi si tradurranno in atti parlamentari.(Goffredo Morgia/Inform)

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