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mercoledì 10 aprile 2013

Le peripezie di Colombo: Un monumento espropriato, incarcerato e sfrattato


ITALIANI ALL’ESTERO
Le peripezie di Colombo: Un monumento espropriato, incarcerato e sfrattato

BUENOS AIRES - Strano e contraddittorio destino di Cristoforo Colombo, personalità ponderata e messa in discussione. Prima, per essere stato il protagonista di un avvenimento di rilevanza storica quale la Scoperta del nuovo continente e poi accusato di complicità negli abusi commessi contro i popoli originari, al punto di definire quella che prima veniva considerata gesta, come “colonizzazione infame”. 

Anche Buenos Aires, come tante altre città nel mondo, ha la sua statua in ricordo di Colombo la quale, come è noto, fu eretta grazie ad una raccolta popolare di fondi, un dono fatto all’Argentina in occasione delle celebrazioni del Centenario della “Revolución de Mayo de 1810”, inizio dell’emancipazione argentina. 

L’opera,commissionata allo scultore fiorentino Arnoldo Zocchi, inaugurata nel 1921 si trova dietro alla famosa Plaza de Mayo, uno spazio nel quale tradizionalmente la nostra collettività si radunava per rendere omaggio al grande “navigatore genovese” 

Una tradizione che, purtroppo, è stata interrotta nel 2006, quando il governo della Città trasferisce su richiesta di quello nazionale, il monumento, la piazza e le adiacenze, che entrano a far parte dei giardini e dello spazio di sicurezza della Casa Rosada. 

Una decisione che per l’illustre monumento significò l’inizio di una serie di peripezie, successivi oltraggi, dall’esproprio alla “prigionia” e ora la prospettiva tutt’altro che incerta, dello sgombero. Una storia che, a prescindere della sua gravità, può essere letta anche in chiave umoristica, nella quale il personaggio “monumento” fa parte di una classica “commedia all’italiana”. 

Una commedia in tre atti. Il primo, durante il quale, chissà in base a quale strana elucubrazione burocratica, lo Stato argentino espropria un monumento che, in definitiva è di due proprietari: dal punto di vista legale la Città Autonoma di Buenos Aires e dal punto di vista morale l’intera collettività italiana che lo ha donato. 

Il secondo atto, comincia con il monumento il quale, per allegate ragioni di sicurezza, viene confinato dietro alle sbarre, circondato da un’altissima e lunga inferriata che circonda tutta la piazza. Una prigione nella quale non sono consentite le visite, rappresentazione del divieto di accesso per rendere omaggio al grande genovese, nemmeno per portare le solite corone di fiori. Al riguardo bisogna chiedere la rispettiva autorizzazione che, per ragioni diverse e sempre creative, viene ogni volta respinta. 

Il secondo atto di questa specie di commedia, ha il suo momento più significativo uno dei tanti 12 ottobre quando, a causa di certa confusione, nel momento di deporre i fiori, si presenta la polizia, sequestra le corone e “invita ” i responsabili, (i nostri dirigenti) ad “accompagnarli”, nella Casa Rosada, per spiegare di cosa si trattava la manifestazione! 

Il terzo - e per adesso ultimo atto di questa commedia - si svolge nel momento attuale e presenta il momento in cui viene presentata l’ordine di sfratto e di spostamento del monumento verso la città di Mar del Plata, per essere collocata nella piazza Colombo di quella città, al posto di un altro monumento al grande navigatore, la quale a sua volta affronta un destino incerto. 

Anche se l’annuncio desta sconcerto e scalpore nella nostra collettività e nella società tutta, ci si chiede sulle ragioni che hanno portato alla sbalorditiva decisione. C’è chi suppone che lo sfratto è dovuto alla scadenza del contratto di locazione, chi alla mancanza di pagamento o all’uso disonesto o abusivo dello spazio nella piazza, infrazioni delle quali, certamente “l’inquilino Colombo”, non è responsabile. 

Invece a quanto pare lo “sfratto express” è dovuto esclusivamente a una decisione di Cristina Kirchner, un altro della serie dei “mille e un capricci” che le vengono attribuiti. Apparentemente non gradirebbe l’immagine del “descubridor de America”, che vedrebbe dal suo studio nella Casa Rosada, e al suo posto preferirebbe un monumento a Juana Azurduy, guerriera dell’Indipendenza nata nell’attuale Bolivia, promossa colonnello dell’Esercito Argentino dalla Presidenta. 

Un monumento che il presidente boliviano Evo Morales finanzierà con un contributo di un milione e mezzo di dollari. 

Vedere il “nostro” monumento a Colombo circondato da impalcature e coperto, come se fosse imminente l’opera per smontarlo e mandarlo via, ci fa ricordare un antecedente poco noto, quello di un altro monumento a Colombo. Si tratta di quello che viene considerato il primo monumento a Colombo innalzato in America, commissionato da Agostino Pedemonte, un emigrante genovese che in America costruì una grande fortuna e volle rendere omaggio al suo corregionale. L’opera dello scultore milanese Ettore Bocacci, fu posta dapprima nella villa di Pedemonte a Bernal, cittadina poco distante da Buenos Aires, dove il monumento fu inaugurato l’8 dicembre 1889. Poi fu donato alla comunità, nel 1921 ma nel 1947 fu spostata in un posto più centrale di Bernal. Oggi si parla di spostarla non lontano, perché dove si trova adesso vorrebbero costruire un sottopassaggio. 

I DILEMMI DEI NOSTRI DIRIGENTI 

In questa storia, dal trasferimento del possesso del monumento fino a quello che sembra un imminente sgombero, l’atteggiamento dei nostri dirigenti è stato di passiva, rassegnata accettazione dei fatti compiuti e anche adesso, al di là dei comunicati, non si annunciano ulteriori reazioni. 

Si tratta di una sfida per le nostre istituzioni rappresentative: Comites, Cgie, Feditalia, Fediba, per i nostri parlamentari, e persino per tanti personaggi che abbiamo nominato !”ambasciatori dell’Italianità”, o di tanti personaggi che sono comparsi per le elezioni e poi spariscono. 

Manteniamo ancora le nostre attese di una reazione massiccia. I romani, nel solco della loro ultra bimillenaria cultura, dicono: "Quando ce vo' ce vo'. Quindi diventa necessario convocare la comunità a manifestarsi, perfino facendo ricorso ad un modo di protesta molto di moda in questi tempi: allestire una tenda in mezzo alla Plaza de Mayo con davanti un grande striscione: “Ridateci Colombo!” (Walter Ciccione -Tribuna Italiana /Inform) ciccioneg@speedy.com.ar

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