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giovedì 4 aprile 2013

Rino Giuliani (Istituto Santi): “Social forum e nuova Tunisia”


INTERVENTI
Rino Giuliani (Istituto Santi): “Social forum e nuova Tunisia”

ROMA - Da noi l’hanno chiamata la “rivoluzione dei gelsomini” ma sullo striscione in testa al corteo d’apertura del Social Forum Mondiale c’era scritto, in tutte le lingue, “Rivoluzione della dignità”. 

E dignità insieme a libertà, diritti e giustizia sociale sono le parole più ricorrenti nella marcia di inaugurazione del primo Forum svolto nel mondo arabo. Il Forum Sociale Mondiale, il primo in terra araba è stato inaugurato ufficialmente da una assemblea delle donne, che poneva il tema della “Donna in lotta, contro il patriarcato dominante, le forme di fondamentalismo e d’integralismo nel Maghreb”. Aprono il corteo le madri, le mogli e i figli dei migranti scomparsi nel Mediterraneo e le famiglie dei prigionieri politici ancora detenuti dopo la fine delle rivolte nell'area. Ognuna tiene tra le braccia la foto di uno scomparso. Nel servizio d’ordine molte giovani donne, cittadine di una società che rifiuta la riduzione della donna da “pari all’uomo” a “complementare all’uomo”.La vedova di Chokri Belaid leader dell'opposizione assassinato dagli oppositori al governo, nel suo dignitoso silenziosa arriva ed entra nel corteo mentre intorno risuonano fortissimi i richiami al leader democratico ucciso. Dietro, con il popolo di Tunisi mescolato alle delegazioni e rappresentanze, scorrono i protagonisti dei Forum, provenienti da ogni parte del mondo. 

La delegazione italiana del Coordinamento per il social forum con in testa lo striscione della CGIL con le sue categorie e strutture regionali partecipanti con affiancato l’Istituto Fernando Santi e poi, Arci, Uisp, Lega ambiente, ong ,associazioni di base, Cobas delegati della Fim, No Tav, i missionari comboniani, per la prima volta al forum, e migliaia di militanti e volontari arrivati a Tunisi in ordine sparso. La prima giornata finisce con la sensazione che la società che ci ospita, diversamente da come la si vede da Roma, ha ancora fortissime energie democratiche e che i cambiamenti auspicati hanno ancora possibilità di essere realizzati. 

Scorrendo i quotidiani di una stampa da poco abituata a maggiore libertà cogli una cultura convinta del pluralismo, della autonomia del “politico” 

rispetto al “religioso”. 

Mi fa presente un brillante e colto politico tunisino laico, conversando in un eccellente italiano, che i tunisini hanno una sincera religiosità popolare che praticano ma che questa non ha nulla a che spartire con quella dei fratelli mussulmani al governo con il partito Ennahda o peggio con quella dei salafiti , ambedue finanziati da circoli politici conservatori del Quatar. I salafiti ( parola d’ordine sentita nel corteo di chiusura “arabìa, sharia, salafia”) hanno avvertito: “o vinciamo le elezioni prossime o sarà guerriglia”. I laici più intransingenti e decisivi, a loro volta, lo dicono ad alta voce nei seminari del social forum : “salafiti come fascisti”. 

Qualcuno in Tunisia, per ridurre il peso della componente politica che vuole la sharia legge dello stato, in queste ore sta pensando a come politicamente rilegittimare tutta quella parte, non marginale di lavoratori, in specie operatori dei settori pubblici che davano il consenso a Ben Ali’ e che però non è stata responsabile di atti gravi che invece sono imputati a d’altri. A sentire, sembra il ragionamento di Togliatti che propone l’amnistia per i fascisti per la pacificazione nazionale. 

E così che si riuscirà a vincere la sfida democratica nel solco delle regole democratiche del parlamentarismo (con la sordina però a parte dell’arcipelago della sinistra ed al cambiamento più profondo che molti, ma non hanno una maggioranza, auspicano) oppure la Tunisia dovrà aggiungere ai problemi gravi emersi dalla transizione irrisolta anche il rischio di un intervento armato dell’Algeria, già reso noto, in caso di vittoria dei salafiti? 

In migliaia seguiamo i seminari, gli incontri, le molte iniziative che, come da calendario, si svolgono nel Campus universitario “Al Manhar”. Lo sforzo organizzativo è stato notevole e si vede dal livello di cortese attenzione di tantissimi studenti, giovani donne e uomini, aperti, interessati che, volontari, coprono diversi servizi di sostegno ai partecipanti con una capacità d’accogliere e di ascolto fortissime. Fra i giovani c’è voglia di costruire una nuova giustizia sociale ed ambientale, di pace, di diritti sociali ed umani. 

Quattro ragazze col velo integrale, il Niqab, spalleggiate da studenti con la barba, aprono nei vialetti del Campus discussioni molto animate con altri tunisini. Voci alte e volti accesi degli uomini ma senza passare a vie di 

fatto- La tecnica fa ricordare quella dei noti “agit- prop” comunisti che negli anni ’50 davanti ed all’interno della Galleria Colonna (ora A. Sordi) si misuravano con gli avversari per suscitare attenzione e consenso da chi, ed erano molti, si fermava ad ascoltare. Secondo alcuni da 30 giorni stanno tenendo al Campus un sit- in perché vogliono il diritto di frequentare i corsi e di dare gli esami col velo integrale. 

Una di queste, dalla voce giovanissima, incerta, la vediamo apparire di pomeriggio con un accompagnatore anziano ed alcuni giovanissimi con la barba, al convegno per uno spazio euromediterraneo condiviso, promosso da Mimmo Rizzieri.. Chiedono la parola, presa prima dalla persona anziana dall’aria di funzionario politico e poi ceduta, dopo un intervento nel quale argomenta sul fatto che i salafiti non sono estremisti, vogliono l’unità di tutti i tunisini e rispettano le donne, alla giovane la quale, tranne gli occhi, coperta dalla testa ai piedi, mani comprese con panno nero rivendica il diritto a fare i suoi esami coperta dal niqab. 

"Noi – dive la giovane- non vogliamo imporre il Niqab a nessuno, il suo uso è una mia libera scelta”. 

Alla domanda se ritenga giusto modificare, come vorrebbero i salafiti, la costituzione cancellando la parità fra uomo e donna la giovane risponde che non si può metter sullo stesso piano un bambino di 8 anni con una persona adulta di 40 anni. Eloquente ed illuminante. 

Il “siparietto” politico propagandistico al quale mi sono trovato davanti potrebbe pure essere ricondotto ad una dei tentativi di comunicazione e presenza dei salafiti al Forum che, invece, ha fatto da oggettiva amplificazione delle ragioni dei democratici e dei progressisti tunisini, se non avessi letto qualche giorno prima del rischio molto concreto di una condanna a sette anni per il Habib Kazdaghli, storico tunisino nonché preside della Facoltà di Lettere, Arti e Scienze Umane dell’università Manouba di Tunisi. 

Il preside, dopo diversi tentativi di trovare soluzioni alternative pratiche tecniche alla richiesta di far accettare agli esami donne coperte dal niqab ha eccepito le decisioni del Consiglio di facoltà ed ha fatto riferimento alla sua pubblica responsabilità nell’attuazione delle regole che la governano. E’ stato denunciato per ed ora rischia di incappare in qualche magistrato pavido o indulgente che può condannarlo aprendo la strada ad una università non più libera, indipendente e pluralistica ma ad un luogo governato dalla sharia. La posta in gioco, i principi contestati sono così importanti che penso che il mondo della scuola pubblica e privata italiana, i lavoratori della scuola, dovrebbero far pervenire la loro protesta in Tunisia. Tutti sanno che in Tunisia coloro che vogliono un paese a stampo islamico sostengono l’uso di abiti religiosi anche nei luoghi pubblici, come le università e gli uffici. Questo è stato proprio il punto della questione. 


Tutti, di ogni parte del modo, siamo andati ai “nostri” seminari anche se accanto ai temi in discussione, sin dall’inizio, si è aggiunto, non ultimo, quello delle primavere arabe e di come dare loro sostegno. Quasi 50 workshop e tre assemblee. Partendo dai contenuti dei singoli workshop sono stati individuati alcuni macro-temi: libertà di circolazione e di permanenza, auto-organizzazione dei migranti, migrazioni e crisi economica, diritti fondamentali, migrazioni forzate, politiche migratorie, migrazioni e lavoro, media e immigrazione, razzismo e non discriminazione, donne e migrazioni. 

Tra le numerose iniziative ha avuto molta eco e partecipazione quella di Sinistra per una cittadinanza euromediterranea che dopo il forum prenderà il nome si solidarietà per una cittadinanza euromediterranea. 

L’hanno promossa diverse associazioni in rete e l’hanno presentata insieme Musacchio Dastoli e Rizzuti che hanno parlato del tentativo di creare uno Spazio euro mediterraneo, di pensare nuove relazioni ed una piattaforma comune capace di reciprocamente integrare l’Europa con la sponda araba del mediterraneo. 

Un social forum, che alla fine anche il governo ha accettato, ovunque discute dei tempi della democrazia e del consolidamento democratico nel Maghreb. Il diritto alla terra per la Palestina è l’altro, forte richiamo che unifica poi tutti nella sfilata finale, l’ultimo giorno del Forum. 

Immancabile ma da condannare la prassi di calpestare e dare fuoco alla bandiera del popolo israeliano, questa volta messa in atto nel corteo da alcuni giovani arabi, su una versione fotografica su cartoncino. Una cosa per alcuni di noi partecipanti riprovevole, immatura ed anche ridicola. 

Come ha scritto Paolo Hutter :” Certo, rimane inevasa la questione della rappresentazione politica di queste idee e pratiche ma il movimento sta maturando un’idea condivisa di mondo possibile e prima o poi qualcosa accadrà. Ridare senso e vitalità ai processi democratici, favorendo un rapporto sano con le istituzioni, deve essere il nostro obiettivo, senza mai abbandonare l’idea che la politica è rappresentazione di pratiche concrete e gestioni coraggiosa della complessità”. 

Un altro mondo è possibile, lo riaffermiamo anche noi, tra i pochi partecipanti riformatori di sinistra in una platea delle cento istanze collocata spesso a sinistra o semplicemente oltre le storiche articolazioni della politica che a noi sembrano anche oggi irrinunciabili. 

Sembra apparirne convinta anche la Friederich Ebert Stittmung la fondazione culturale della socialdemocratica tedesca SPD, molto attiva nel Social Forum, certo meno apprezzata dalla maggior parte delle sigle partecipanti, più convinte dei Piraten e di Siryza rispetto all’”usato sicuro” del Partito del socialismo europeo. (Rino Giuliani* /Inform) 

* Vice presidente dell’Istituto Fernando Santi

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