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mercoledì 3 luglio 2013

Immensamente fiumano e artista


STAMPA ITALIANA ALL’ESTERO 

Da “La Voce del Popolo”

Immensamente fiumano e artista

 

 


FIUME - È davvero appagante parlare con Francesco Squarcia, noto violista fiumano e musicista eclettico, quest’anno Targa “Città di Fiume” per il suo significativo contributo alla musica e alla regione del Quarnero. Personaggio vivo, in continua evoluzione, concertista, sportivo, autore di trascrizioni, uomo di mondo. Il suo motto? “Mio padre mi diceva: ‘Se hai un’idea, realizzala; ed è un consiglio che ho sempre seguito’”, ci dice. “Ora che sono a riposo ho tempo per fare tutte quelle cose che mi piacciono: concerti, nuove trascrizioni e, in ultimo, ‘Immensamente’, la canzone dedicata alla mia città, di cui sono profondamente innamorato, ossia il ritorno ad una fiamma di gioventù, il ‘MIQ’, che mi piace tantissimo e che mi ha dato un’iniezione di giovinezza”.



Cominciamo con la Targa d’oro con stemma della Città di Fiume.



“Questo riconoscimento è per me motivo di grande soddisfazione, e mi è stato assegnato per aver promosso la regione quarnerina attraverso la musica, in un ambito anche più ampio. Infatti Luigi Donorà mi ha dedicato la composizione ‘Là dove il Quarnero’, incisa e offerta pure al presidente Giorgio Napolitano, e Miletić, d’altro canto, ha composto per me e per i ‘Cameristi di S. Cecilia’ un concerto grosso, basato su temi locali e sulla scala istriana, che poi abbiamo interpretato ad Ossero. Essendo un italiano di Fiume che ha studiato a Lubiana e che quindi ha fatto il musicista a Roma, mi è stato possibile creare rapporti di collaborazione e di una certa osmosi culturale tra queste tre terre confinanti”.



Ritorno alle esperienze della gioventù



È stata una sorpresa vederti passare dal classico alla musica leggera.



“Non è una novità. Al festival ‘Melodie dell’Istria e del Quarnero’ avevo già partecipato nel 1969 e 1970. Avevo scritto delle canzoni – tra cui le ‘Tre nonice’ di Drago Gervais, cantate da Nevia Rigutto, da me e in duetto con Radojka Šverko. A sedici anni avevo vinto a Gallesano il festival della canzone indetto dall’Unione Italiana. Avevo il mio complesso, ‘Rondò’, nel quale si esibivano pure mia sorella MiIlly e mio fratello Pepin. Questo ritorno al MIQ mi ha acceso d’entusiasmo e ringiovanito spiritualmente. Mi è venuto spontaneo scrivere “Immensamente’; l’ho fatto quasi di getto. È composta per viola e voce. L’inizio è affidato alla viola con un intervento virtuosistico che si trasforma in melodia; e quindi interviene la voce che nel corso della canzone dialoga con la viola. Nel finale immetto la vecchia canzone fiumana ‘Cantime Rita’, un richiamo alla fiumanità ‘patoca’. L’arrangiamento è del bravissimo Aleksandar Valenčić, con il quale ho un’intesa perfetta”.



Cambi pelle di continuo...



“Più che cambiar pelle aggiungo degli ingredienti appetibili a un piatto di base. Amo attingere, nell’ambito del mio campo, alle mie varie risorse. Il prossimo 7 luglio suonerò alle Notti Estive Fiumane una sequela di brani più leggeri intitolati ’Collana di perle musicali’, i quali, ad eccezione delle due composizioni di Miletić, sono tutti scritti per violino; io mi diverto molto a trascriverli per viola, mantenendo però la tonalità originale.”



La tua vita professionale è legata a Roma, all’Orchestra dell’Accademia di S. Cecilia Una scelta precisa o un concorso di circostanze?



“Dopo gli studi musicali accademici e post accademici a Lubiana mi sono dovuto confrontare con le possibilità che Fiume mi offriva: mi sarei potuto dividere tra pedagogia e il lavoro in orchestra, il che rappresentava uno ‘spezzettamento’ delle energie. Una situazione non gratificamente sia sul piano professionale che finanziario, per cui andai a Roma e vinsi il concorso per professore d’orchestra presso l’Orchestra di S. Cecilia. Non mi sono mai pentito. Ho capito quanto amassi la città standone lontano, e nello stesso tempo ho compreso quanto ero fortunato di vivere in una città così bella e importante come Roma”.



La famiglia, un’iniezione di vitamine



Hai girato il mondo, hai avuto modo di suonare diretto da grandi maestri...



“È stata un’esperienza meravigliosa, eccetto l’Africa, abbiamo suonato in tutti gli altri continenti. Il Paese che più mi ha colpito è stata la Cina: suonare nella sala dei congressi del Comitato centrale del Partito comunista cinese, che da piccolo vedevo alla televisione, è stata un’esperienza a parte. Il pubblico è stato favoloso: c’è ancora tanto entusiasmo, sincerità e generosità”.



Sul podio di S. Cecilia si sono alternati i più grandi Maestri.



“Per me, al primo posto in assoluto, tra gli italiani, c’è Carlo Maria Giulini e, tra i più giovani Daniele Gatti, che è strepitoso. E poi i mostri sacri Riccardo Chailly, Abbado e Muti. Tra gli stranieri il più grande direttore d’orchestra in assoluto è Carlos Kleiber. Bravissimo anche Zubin Metha. Ricordo con molto piacere l’esperienza con Kiril Kondrašin, ostinatissimo. Lovro von Matačić era un grande erudito. E ancora Georges Pretre, Sawallisch... suonare con tanti mostri sacri, che ti danno tanto, è l’aspetto più bello della mia professione. Tra i solisti, invece, quello che più mi ha impressionato è stato Mstislav Rostropovich”.



Quali sono per te i valori che contano nella vita?



“La famiglia, in assoluto. È quell’ancora, quel punto fisso da cui si trae energia e forza per riprendersi dai momenti di crisi, dalle cadute. Il direttore svizzero Peter Maag diceva in maniera figurata, quando il suonare si infiacchiva ‘Ora ci vuole un’iniezione intramuscolare di vitamine’. Ed è vero. Come nel far musica a un certo momento è necessario, con un accento, un accordo, uno strappo, rivitalizzare l’incedere musicale, così la famiglia è quella componente che nei momenti difficili – e la nostra è davvero una società in crisi – è un’iniezione corroborante che ‘puntella’ l’individuo e tutta la società”.(Patrizia Venucci Mrdžo-La Voce del Popolo on line/Inform)

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