Per il reindirizzamento cliccate link to example

giovedì 3 ottobre 2013

Fondazione Migrantes - Oggi la presentazione del Rapporto Italiani nel Mondo 2013


FONDAZIONE MIGRANTES

Oggi la presentazione del Rapporto Italiani nel Mondo 2013

Continua a crescere l’emigrazione italiana verso l’estero. Nuove mobilità, cittadinanza e diritto di voto, attenzione per le storie individuali i punti cardine del nuovo volume

L’analisi dei dati della curatrice Delfina Licata e il dibattito con il rettore Massimo Vedovelli, Alberto Toso, rappresentante degli assistenti al Parlamento europeo e Ilaria Del Bianco, presidente dell’associazione Lucchesi nel mondo. Concludono il direttore generale Dgiepm del Mae Cristina Ravaglia e Claudio Micheloni, presidente del Comitato per le questioni degli italiani all’estero del Senato

 

ROMA – Continua a crescere il numero di italiani che emigrano all’estero in cerca di occupazione o contesti più favorevoli alla propria realizzazione professionale e personale: se il numero degli espatri registrato dai dati Istat nel 2011 – 50.057 – risultava essere il più altro dal 2000, la tendenza si rafforza nel 2012, con le 67.000 cancellazioni per l’estero. Un’evoluzione analizzata e approfondita dalle successive edizioni del Rapporto Italiani nel mondo ed evidenziata questa mattina dalla curatrice Delfina Licata, nel corso dell’illustrazione dei dati contenuti nell’ottavo volume, appena pubblicato. In linea con quanto avviene da 3 anni a questa parte, Lombardia, Veneto, Lazio e Sicilia si confermano le regioni più dinamiche per l’origine dei flussi, così come si conferma la tendenza a spostamenti in aree dove più impetuoso è lo sviluppo di economia e mercati: continente asiatico, in primis, ma anche Paesi come Brasile e Australia. Proseguono così a diffondersi pezzi dell’Italia nel mondo, “tessere di un puzzle che rappresenta al meglio la globalità – afferma Licata, evidenziando come le caratteristiche delle nuove forme di mobilità siano difficilmente afferrabili dai consueti strumenti di rilevamento anagrafico. Si tratta sempre più di “un’emigrazione precaria, mobile, con caratteristiche estremamente variabili”, che difficilmente si colgono osservando i dati dell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (Aire), che comunque registra anche nel 2013 un aumento di 132.179 unità, un +3,1% rispetto all’anno precedente, raggiungendo al 1° gennaio 2013 i 4.341.156. Non diminuisce la mobilità legata a motivi di lavoro, mentre si riducono – effetto della crisi – i viaggi per vacanza. I dati evidenziano anche il fatto che chi si trasferisce all’estero è nel pieno della sua vita lavorativa – l’età media è di circa 34 anni – e in larga parte preparato: il 22% è laureato, il 28,7% ha un diploma. Dei diplomati, l’83% ha comunque frequentato l’università o provato a frequentarla, salvo poi prendere la strada per l’espatrio: molti giovani – sottolinea Licata – decidono di spostarsi all’estero prima ancora di aver finito l’università, “una sorta di emigrazione del semi-lavorato dall’Italia che finisce con l’essere effettivamente plasmato fuori dai confini nazionali”. I laureati o coloro che hanno frequentato per qualche tempo l’università sono diretti soprattutto in Regno Unito, Svizzera e Germania, “principali realtà europee per quanto concerne la formazione e lo studio, ma anche per la professionalizzazione e la ricerca”. Se resta ancora l’Europa, dunque, la meta principale di chi oggi lascia il nostro Paese, negli ultimi anni l’esodo ha coinvolto soprattutto le regioni del Centro-Nord, surclassando il Meridione, per lungo tempo zona di origine più comune tra gli italiani emigrati all’estero. Del resto, le mete europee restano anche le più gettonate da parte degli studenti italiani che partecipano al programma Erasmus, giovani che si muovono, in tempo di crisi, facendo sempre più affidamento, anche dal punto di vista economico, sulle famiglie di origine, “scialuppe di salvataggio” dei nuovi connazionali migranti. “Nuovi migranti per scelta intellettuale – rileva Licata – e che vivono identità plurime, si sentono cittadini europei e del mondo”. Interessante notare infatti come l’età media dei deputati italiani al Parlamento europeo sia di 33 anni e da segnalare come nella ricerca sulla mobilità italiana altamente qualificata a Washington e Baltimora non sia gradita la definizione di “cervelli in fuga” da parte dei ricercatori intervistati, che ribadiscono di considerarsi piuttosto “talenti capaci di scegliere”, alla ricerca di opportunità per mettersi alla prova. Da questi spunti emerge dunque l’attenzione dedicata dal Rapporto 2013 ai giovani e alla loro mobilità in particolare, tema cui sono stati affiancati quello della cittadinanza e del diritto di voto, dell’immagine dell’Italia e della mobilità italiana nei mass media e l’attenzione rivolta agli emigranti e alla famiglie in difficoltà, così come ricordato nell’intervento di mons. Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes e coordinatore scientifico del Rapporto.  Altro elemento trattato, la diffusione di lingua e cultura italiana, su cui è intervenuto nel corso della presentazione anche il rettore dell’Università per Stranieri di Siena, Massimo Vedovelli, suggerendo l’abbandono del “modello del distacco linguistico” abitualmente utilizzato in riferimento ai migranti: “che emigra non lascia una lingua e così anche gli italiani non interrompono il loro rapporto con la lingua italiana – afferma Vedovelli, definendo i connazionali “testimoni di uno spazio linguistico plurimo” e segnalando come non sia possibile parlare di “un ordine linguistico mondiale fisso”, in cui prevale l’utilizzo dell’inglese, ma di “un mercato globale delle lingue”, in cui si incontrano appunto “contesti di contatto” e “spazi linguistici plurimi”, generati dall’incontro di idiomi. Secondo Vedovelli, questo nuovo modo di intendere lo spazio linguistico italiano dovrebbe contribuire ad una riflessione che modifichi gli strumenti di politica linguistica attualmente adottati, proprio per “far crescere la dimensione plurilingue”, che è una caratteristica del migrante. Si tratterebbe allora di favorire un “modello di politica linguistica europea” che è incentrato sul cittadino plurilingue e che dovrebbe determinare gli interventi sulla materia in uso da parte del nostro stesso Paese, di favorire una visione capace di influenzare anche l’etica linguistica: “pensiamo alla differenza che c’è tra un modello babelico, in cui le lingue sono intese quali fonti di incomunicabilità e conflitto e al modello pentecostale, che intende invece la lingua come un dono, uno strumento – conclude Vedovelli – attraverso cui è possibile stabilire un rapporto con l’altro”. Sottolinea l’attenzione che il Rapporto dedica alle nuovo mobilità Alberto Toso, presidente del Comitato di rappresentanza degli assistenti parlamentari accreditati al Parlamento europeo e tra i redattori del Rapporto 2013. Egli rileva come i programmi europei a sostegno della mobilità siano orientati al “sostegno delle potenzialità” dei cittadini europei - empowerment, - pensati cioè per far raggiungere la realizzazione professionale auspicata. Allo stesso modo l’Italia dovrebbe mettere in atto un analogo tipo di sostegno che l’Europa non riserva solo ai giovani, ma agli individui nel corso di tutta la loro attività formativa o lavorativa. “Ciò che lamentiamo dell’Italia è spiegato dai giovani ricercatori intervistati nello studio soprarichiamato: l’assenza di meritocrazia, di interscambio e di futuro – afferma Toso, ricordando l’importanza della presenza delle missioni italiane per i connazionali che si trovano all’estero.

Si sofferma invece su ruolo e prospettive dell’associazionismo italiano all’estero Ilaria Del Bianco, presidente dell’associazione dei Lucchesi nel mondo, che parla di “un momento di particolare ripensamento del ruolo di queste realtà”, in linea con le importati trasformazioni sociali in atto. “Le associazioni, fondate su fini solidaristici e animate da scopi sociali, hanno contribuito prima al mantenimento dei rapporti all’interno delle collettività emigrate e poi con la terra di origine di queste ultime – afferma Del Bianco, sottolineando anche la “funzione aggregante rivestita dall’elemento religioso”. “Con i giovani oriundi e le nuove mobilità si aprono ora prospettive nuove – prosegue, ricordando come i sodalizi possano essere per i primi uno strumento per recuperare il legame con le proprie origini e la propria cultura e per i secondi un supporto iniziale. Tuttavia, descrive il panorama della nuova emigrazione come “molto confuso” e “difficilmente compatibile con il mondo dell’associazionismo tradizionale”. “Tutto ciò ci impone una maggiore flessibilità, la necessità di un ricambio negli organismi direttivi delle associazioni, come di fatto sta avvenendo, e la necessità di fare rete e creare nuove forme di collaborazione sul territorio, collaborazione che può essere utile anche alla realizzazione di iniziative a basso costo, per i giovani oppure per sviluppare attività che possono avere anche ritorni importanti in termini economici, come quelle legate alla promozione turistica, ritorni – precisa – che però non devono offuscare i valori umani e di solidarietà che sono base e ragione di vita di questo mondo”.

Ha illustrato l’attività della Direzione generale per gli Italiani all’estero e le Politiche migratorie del Mae, Cristina Ravaglia: oltre al rilascio dei visti – circa 2 milioni quelli stimati nel 2013, - l’assistenza ai connazionali in difficoltà – tra essi, anche i circa 3000 detenuti italiani nelle carceri di altri Paesi, - i servizi consolari, il finanziamento dei corsi di lingua erogati dagli enti gestori – circa 300 mila gli studenti in tutto il mondo. “L’Italia è l’unico Paese che fornisce un’assistenza così capillare e personalizzata nei confronti dei connazionali che si trovano all’estero – rileva il direttore generale, evidenziando lo sforzo in atto per proseguire tale impegno con risorse sempre decrescenti. “Dal 2007 in poi le risorse destinate a questo tipo di interventi sono diminuite di circa il 60%, ma siamo riusciti comunque a mantenere la riduzione del numero di studenti al 30% - afferma Ravaglia, richiamando anche l’impegno messo in campo per consentire l’esercizio di voto all’estero, con la distribuzione di circa 3.500.000 plichi elettorali in occasione delle ultime elezioni politiche. “A fronte di risorse decrescenti ci troviamo davanti a una crescita di richieste e una loro diversificazione – prosegue il direttore generale, citando le necessità espresse dall’emigrazione di più antica data, verso cui occorre capacità di ascolto e l’adozione di un approccio innovativo, dalle seconde e terze generazioni di emigrati, “che nutrono verso il nostro Paese un interesse di tipo culturale”, e della nuova mobilità internazionale, “che richiede uno sforzo di innovazione ed un adeguamento di metodi e strumenti, come lo sviluppo di nuove forme di contatto come quelle offerte dai social media”. Per Ravaglia occorre dunque rivedere servizi e politiche alla luce di questa trasformazioni e delle istanze espresse da ciascuna tipologia di connazionali. Nell’ambito di questa revisione si inserisce anche una più attenta considerazione dei temporaneamente all’estero, in particolare per quanta riguarda la loro partecipazione al voto.

Claudio Micheloni, parlamentare eletto nella ripartizione Europa e presidente del Comitato per le questioni degli italiani all’estero del Senato, ha ricordato l’importante ruolo svolto dalle missioni cattoliche italiane all’estero, ruolo personalmente apprezzato nel corso della sua esperienza migratoria in Svizzera. Ha poi ringraziato i presenti per le riflessioni esposte, sottolinendo in particolare come il contributo di Vedovelli debba far riflettere su come intervenire sulla diffusione di lingua e cultura italiana all’estero, “scardinando” molti “elementi, abitudini, interessi” sino ad oggi adottati e acquisiti in proposito, augurandosi poi la creazione di un “anello di congiunzione” tra forme associative già presenti all’estero e nuove mobilità. “La Federazione delle Colonie Libere Italiane in Svizzera di cui sono presidente avrà presto un nuovo direttivo e sono felice che tra i nomi proposti per il rinnovo delle cariche ci sia un esponente di questa nuova emigrazione: non possiamo immaginare però che i sodalizi esistenti siano il luogo in cui i giovani emigranti continueranno la nostra storia, ma immaginare modalità attraverso cui essi possano portare il loro contributo e la loro storia. Le due realtà devono convivere e dialogare insieme – afferma Micheloni – e non vivere una sull’altra”. L’esponente democratico si sofferma poi sulla riforma della Farnesina ed in particolare sul piano di ri-orientamento della rete consolare presentato in ultimo al Parlamento del vice ministro agli Esteri Marta Dassù. “Negli ultimi anni il dialogo con l’amministrazione a questo proposito non è stato più possibile – afferma Micheloni, che richiama le conclusioni della Commissione istituita per l’applicazione della spending review sulla rete diplomatico-consolare, conclusioni condivise ma che “evidentemente – dice – non leggiamo nello stesso modo”. Per applicare i contenuti di quel rapporto conclusivo nella loro integralità, egli annuncia la presentazione al Senato di un disegno di legge delega affinché il governo intervenga sull’utilizzo delle risorse destinate al Mae e sul piano di riorganizzazione della rete, “un’iniziativa non solo politica – avverte, – in cui si dimostrerà come è possibile lavorare ed impegnare diversamente le risorse disponibili, con meno diplomazia e più servizi”, una vera e propria, rinnovata, “rete di servizi all’Italia – puntualizza – e non solo agli italiani all’estero”. Si tratta per Micheloni di “una nuova filosofia di utilizzo delle risorse su cui ci confronteremo in Senato nelle prossime settimane”. Ribadito il suo pessimismo su voto e circoscrizione Estero: “non so come andrà a finire, ma io credo che le riforme costituzionali si faranno in questa legislatura e il voto all’estero ha poche possibilità di sopravvivenza - afferma, rilevando come, a fronte della proposta di soppressione della circoscrizione Estero – suggerita prima dai Saggi nominati dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e poi confermata dai Saggi nominati dal governo – l’unica apertura espressa sia stata quella di mantenere una rappresentanza degli eletti all’estero nel caso della costituzione di un Senato delle Regioni. Disponibilità dichiarata dal ministro per le riforme costituzionali, Gaetano Quagliariello, e Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd al Senato e relatrice del ddl per la costituzione del Comitato per le Riforme, nel corso del convegno organizzato a luglio dello stesso Micheloni sul voto all’estero.

Il motivo di questa sfiducia nel voto all’estero è data per Micheloni “in parte dal provincialismo della nostra politica” ma anche “per responsabilità nostra, di chi ha vissuto questa esperienza”, “delle organizzazioni che l’hanno gestita, dei partiti politici che l’hanno vista unicamente come riserva di seggi da accaparrarsi ad ogni costo e con qualsiasi mezzo”. L’esponente democratico invita dunque a “fare chiarezza”, sollecitando a questa operazione anche gli organismi di rappresentanza degli italiani all’estero e segnalando come questo tema sia importante e riconosciuto come tale anche da altri Paesi, per “creare rapporti con le loro collettività all’estero”, rapporti che però – ammonisce - vanno gestiti con “un minimo di senso politico”. “Se si elimina la circoscrizione Estero non ci rimette l’emigrazione, ma il Paese – afferma Micheloni. Tra gli altri argomenti connessi all’attività parlamentare, richiamata infine la necessità che gli eletti all’estero sostengano con convinzione il ministro dell’Integrazione, Cecile Kyenge, sullo ius soli e la proposta di mettere al centro del semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea “la cittadinanza europea materiale”. (Viviana Pansa – Inform)

Nessun commento:

Posta un commento