FONDAZIONE MIGRANTES
Oggi la presentazione del
Rapporto Italiani nel Mondo 2013
Continua a
crescere l’emigrazione italiana verso l’estero. Nuove mobilità, cittadinanza e
diritto di voto, attenzione per le storie individuali i punti cardine del nuovo
volume
L’analisi dei
dati della curatrice Delfina Licata e il dibattito con il rettore Massimo
Vedovelli, Alberto Toso, rappresentante degli assistenti al Parlamento europeo
e Ilaria Del Bianco, presidente dell’associazione Lucchesi nel mondo.
Concludono il direttore generale Dgiepm del Mae Cristina Ravaglia e Claudio
Micheloni, presidente del Comitato per le questioni degli italiani all’estero
del Senato
ROMA – Continua a crescere il numero di italiani che emigrano
all’estero in cerca di occupazione o contesti più favorevoli alla propria
realizzazione professionale e personale: se il numero degli espatri registrato
dai dati Istat nel 2011 – 50.057 – risultava essere il più altro dal 2000, la
tendenza si rafforza nel 2012, con le 67.000 cancellazioni per l’estero.
Un’evoluzione analizzata e approfondita dalle successive edizioni del Rapporto
Italiani nel mondo ed evidenziata questa mattina dalla curatrice Delfina
Licata, nel corso dell’illustrazione dei dati contenuti nell’ottavo volume,
appena pubblicato. In linea con quanto avviene da 3 anni a questa parte,
Lombardia, Veneto, Lazio e Sicilia si confermano le regioni più dinamiche per
l’origine dei flussi, così come si conferma la tendenza a spostamenti in aree
dove più impetuoso è lo sviluppo di economia e mercati: continente asiatico, in
primis, ma anche Paesi come Brasile e Australia. Proseguono così a
diffondersi pezzi dell’Italia nel mondo, “tessere di un puzzle che
rappresenta al meglio la globalità – afferma Licata, evidenziando come le
caratteristiche delle nuove forme di mobilità siano difficilmente afferrabili
dai consueti strumenti di rilevamento anagrafico. Si tratta sempre più di
“un’emigrazione precaria, mobile, con caratteristiche estremamente variabili”,
che difficilmente si colgono osservando i dati dell’Anagrafe degli Italiani
Residenti all’Estero (Aire), che comunque registra anche nel 2013 un aumento di
132.179 unità, un +3,1% rispetto all’anno precedente, raggiungendo al 1°
gennaio 2013 i 4.341.156. Non diminuisce la mobilità legata a motivi di lavoro,
mentre si riducono – effetto della crisi – i viaggi per vacanza. I dati
evidenziano anche il fatto che chi si trasferisce all’estero è nel pieno della
sua vita lavorativa – l’età media è di circa 34 anni – e in larga parte
preparato: il 22% è laureato, il 28,7% ha un diploma. Dei diplomati, l’83% ha
comunque frequentato l’università o provato a frequentarla, salvo poi prendere
la strada per l’espatrio: molti giovani – sottolinea Licata – decidono di
spostarsi all’estero prima ancora di aver finito l’università, “una sorta di
emigrazione del semi-lavorato dall’Italia che finisce con l’essere
effettivamente plasmato fuori dai confini nazionali”. I laureati o coloro che
hanno frequentato per qualche tempo l’università sono diretti soprattutto in
Regno Unito, Svizzera e Germania, “principali realtà europee per quanto
concerne la formazione e lo studio, ma anche per la professionalizzazione e la
ricerca”. Se resta ancora l’Europa, dunque, la meta principale di chi oggi
lascia il nostro Paese, negli ultimi anni l’esodo ha coinvolto soprattutto le
regioni del Centro-Nord, surclassando il Meridione, per lungo tempo zona di
origine più comune tra gli italiani emigrati all’estero. Del resto, le mete
europee restano anche le più gettonate da parte degli studenti italiani che
partecipano al programma Erasmus, giovani che si muovono, in tempo di crisi,
facendo sempre più affidamento, anche dal punto di vista economico, sulle
famiglie di origine, “scialuppe di salvataggio” dei nuovi connazionali
migranti. “Nuovi migranti per scelta intellettuale – rileva Licata – e che
vivono identità plurime, si sentono cittadini europei e del mondo”.
Interessante notare infatti come l’età media dei deputati italiani al
Parlamento europeo sia di 33 anni e da segnalare come nella ricerca sulla
mobilità italiana altamente qualificata a Washington e Baltimora non sia
gradita la definizione di “cervelli in fuga” da parte dei ricercatori
intervistati, che ribadiscono di considerarsi piuttosto “talenti capaci di
scegliere”, alla ricerca di opportunità per mettersi alla prova. Da questi
spunti emerge dunque l’attenzione dedicata dal Rapporto 2013 ai giovani e alla
loro mobilità in particolare, tema cui sono stati affiancati quello della
cittadinanza e del diritto di voto, dell’immagine dell’Italia e della mobilità
italiana nei mass media e l’attenzione rivolta agli emigranti e alla famiglie
in difficoltà, così come ricordato nell’intervento di mons. Gian Carlo Perego,
direttore generale della Fondazione Migrantes e coordinatore scientifico del
Rapporto. Altro elemento trattato, la diffusione di lingua e cultura
italiana, su cui è intervenuto nel corso della presentazione anche il rettore dell’Università
per Stranieri di Siena, Massimo Vedovelli, suggerendo l’abbandono del “modello
del distacco linguistico” abitualmente utilizzato in riferimento ai migranti:
“che emigra non lascia una lingua e così anche gli italiani non interrompono il
loro rapporto con la lingua italiana – afferma Vedovelli, definendo i
connazionali “testimoni di uno spazio linguistico plurimo” e segnalando come
non sia possibile parlare di “un ordine linguistico mondiale fisso”, in cui
prevale l’utilizzo dell’inglese, ma di “un mercato globale delle lingue”, in
cui si incontrano appunto “contesti di contatto” e “spazi linguistici plurimi”,
generati dall’incontro di idiomi. Secondo Vedovelli, questo nuovo modo di
intendere lo spazio linguistico italiano dovrebbe contribuire ad una
riflessione che modifichi gli strumenti di politica linguistica attualmente
adottati, proprio per “far crescere la dimensione plurilingue”, che è una
caratteristica del migrante. Si tratterebbe allora di favorire un “modello di
politica linguistica europea” che è incentrato sul cittadino plurilingue e che
dovrebbe determinare gli interventi sulla materia in uso da parte del nostro
stesso Paese, di favorire una visione capace di influenzare anche l’etica
linguistica: “pensiamo alla differenza che c’è tra un modello babelico, in cui
le lingue sono intese quali fonti di incomunicabilità e conflitto e al modello
pentecostale, che intende invece la lingua come un dono, uno strumento –
conclude Vedovelli – attraverso cui è possibile stabilire un rapporto con
l’altro”. Sottolinea l’attenzione che il Rapporto dedica alle nuovo mobilità
Alberto Toso, presidente del Comitato di rappresentanza degli assistenti
parlamentari accreditati al Parlamento europeo e tra i redattori del Rapporto
2013. Egli rileva come i programmi europei a sostegno della mobilità siano
orientati al “sostegno delle potenzialità” dei cittadini europei - empowerment,
- pensati cioè per far raggiungere la realizzazione professionale auspicata.
Allo stesso modo l’Italia dovrebbe mettere in atto un analogo tipo di sostegno
che l’Europa non riserva solo ai giovani, ma agli individui nel corso di tutta
la loro attività formativa o lavorativa. “Ciò che lamentiamo dell’Italia è
spiegato dai giovani ricercatori intervistati nello studio soprarichiamato:
l’assenza di meritocrazia, di interscambio e di futuro – afferma Toso,
ricordando l’importanza della presenza delle missioni italiane per i
connazionali che si trovano all’estero.
Si sofferma invece su ruolo e prospettive dell’associazionismo
italiano all’estero Ilaria Del Bianco, presidente dell’associazione dei
Lucchesi nel mondo, che parla di “un momento di particolare ripensamento del
ruolo di queste realtà”, in linea con le importati trasformazioni sociali in
atto. “Le associazioni, fondate su fini solidaristici e animate da scopi
sociali, hanno contribuito prima al mantenimento dei rapporti all’interno delle
collettività emigrate e poi con la terra di origine di queste ultime – afferma
Del Bianco, sottolineando anche la “funzione aggregante rivestita dall’elemento
religioso”. “Con i giovani oriundi e le nuove mobilità si aprono ora
prospettive nuove – prosegue, ricordando come i sodalizi possano essere per i
primi uno strumento per recuperare il legame con le proprie origini e la
propria cultura e per i secondi un supporto iniziale. Tuttavia, descrive il
panorama della nuova emigrazione come “molto confuso” e “difficilmente
compatibile con il mondo dell’associazionismo tradizionale”. “Tutto ciò ci
impone una maggiore flessibilità, la necessità di un ricambio negli organismi
direttivi delle associazioni, come di fatto sta avvenendo, e la necessità di
fare rete e creare nuove forme di collaborazione sul territorio, collaborazione
che può essere utile anche alla realizzazione di iniziative a basso costo, per
i giovani oppure per sviluppare attività che possono avere anche ritorni
importanti in termini economici, come quelle legate alla promozione turistica,
ritorni – precisa – che però non devono offuscare i valori umani e di
solidarietà che sono base e ragione di vita di questo mondo”.
Ha illustrato l’attività della Direzione generale per gli Italiani
all’estero e le Politiche migratorie del Mae, Cristina Ravaglia: oltre al
rilascio dei visti – circa 2 milioni quelli stimati nel 2013, - l’assistenza ai
connazionali in difficoltà – tra essi, anche i circa 3000 detenuti italiani
nelle carceri di altri Paesi, - i servizi consolari, il finanziamento dei corsi
di lingua erogati dagli enti gestori – circa 300 mila gli studenti in tutto il
mondo. “L’Italia è l’unico Paese che fornisce un’assistenza così capillare e
personalizzata nei confronti dei connazionali che si trovano all’estero –
rileva il direttore generale, evidenziando lo sforzo in atto per proseguire
tale impegno con risorse sempre decrescenti. “Dal 2007 in poi le risorse
destinate a questo tipo di interventi sono diminuite di circa il 60%, ma siamo
riusciti comunque a mantenere la riduzione del numero di studenti al 30% -
afferma Ravaglia, richiamando anche l’impegno messo in campo per consentire l’esercizio
di voto all’estero, con la distribuzione di circa 3.500.000 plichi elettorali
in occasione delle ultime elezioni politiche. “A fronte di risorse decrescenti
ci troviamo davanti a una crescita di richieste e una loro diversificazione –
prosegue il direttore generale, citando le necessità espresse dall’emigrazione
di più antica data, verso cui occorre capacità di ascolto e l’adozione di un
approccio innovativo, dalle seconde e terze generazioni di emigrati, “che
nutrono verso il nostro Paese un interesse di tipo culturale”, e della nuova
mobilità internazionale, “che richiede uno sforzo di innovazione ed un
adeguamento di metodi e strumenti, come lo sviluppo di nuove forme di contatto
come quelle offerte dai social media”. Per Ravaglia occorre dunque rivedere
servizi e politiche alla luce di questa trasformazioni e delle istanze espresse
da ciascuna tipologia di connazionali. Nell’ambito di questa revisione si
inserisce anche una più attenta considerazione dei temporaneamente all’estero,
in particolare per quanta riguarda la loro partecipazione al voto.
Claudio Micheloni, parlamentare eletto nella ripartizione Europa e
presidente del Comitato per le questioni degli italiani all’estero del Senato,
ha ricordato l’importante ruolo svolto dalle missioni cattoliche italiane
all’estero, ruolo personalmente apprezzato nel corso della sua esperienza
migratoria in Svizzera. Ha poi ringraziato i presenti per le riflessioni
esposte, sottolinendo in particolare come il contributo di Vedovelli debba far
riflettere su come intervenire sulla diffusione di lingua e cultura italiana
all’estero, “scardinando” molti “elementi, abitudini, interessi” sino ad oggi
adottati e acquisiti in proposito, augurandosi poi la creazione di un “anello
di congiunzione” tra forme associative già presenti all’estero e nuove
mobilità. “La Federazione delle Colonie Libere Italiane in Svizzera di cui sono
presidente avrà presto un nuovo direttivo e sono felice che tra i nomi proposti
per il rinnovo delle cariche ci sia un esponente di questa nuova emigrazione:
non possiamo immaginare però che i sodalizi esistenti siano il luogo in cui i
giovani emigranti continueranno la nostra storia, ma immaginare modalità
attraverso cui essi possano portare il loro contributo e la loro storia. Le due
realtà devono convivere e dialogare insieme – afferma Micheloni – e non vivere
una sull’altra”. L’esponente democratico si sofferma poi sulla riforma della
Farnesina ed in particolare sul piano di ri-orientamento della rete consolare
presentato in ultimo al Parlamento del vice ministro agli Esteri Marta Dassù.
“Negli ultimi anni il dialogo con l’amministrazione a questo proposito non è
stato più possibile – afferma Micheloni, che richiama le conclusioni della
Commissione istituita per l’applicazione della spending review sulla
rete diplomatico-consolare, conclusioni condivise ma che “evidentemente – dice
– non leggiamo nello stesso modo”. Per applicare i contenuti di quel rapporto
conclusivo nella loro integralità, egli annuncia la presentazione al Senato di
un disegno di legge delega affinché il governo intervenga sull’utilizzo delle
risorse destinate al Mae e sul piano di riorganizzazione della rete,
“un’iniziativa non solo politica – avverte, – in cui si dimostrerà come è
possibile lavorare ed impegnare diversamente le risorse disponibili, con meno
diplomazia e più servizi”, una vera e propria, rinnovata, “rete di servizi
all’Italia – puntualizza – e non solo agli italiani all’estero”. Si tratta per
Micheloni di “una nuova filosofia di utilizzo delle risorse su cui ci
confronteremo in Senato nelle prossime settimane”. Ribadito il suo pessimismo
su voto e circoscrizione Estero: “non so come andrà a finire, ma io credo che
le riforme costituzionali si faranno in questa legislatura e il voto all’estero
ha poche possibilità di sopravvivenza - afferma, rilevando come, a fronte della
proposta di soppressione della circoscrizione Estero – suggerita prima dai
Saggi nominati dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e poi
confermata dai Saggi nominati dal governo – l’unica apertura espressa sia stata
quella di mantenere una rappresentanza degli eletti all’estero nel caso della
costituzione di un Senato delle Regioni. Disponibilità dichiarata dal ministro
per le riforme costituzionali, Gaetano Quagliariello, e Anna Finocchiaro,
capogruppo del Pd al Senato e relatrice del ddl per la costituzione del
Comitato per le Riforme, nel corso del convegno organizzato a luglio dello
stesso Micheloni sul voto all’estero.
Il motivo di questa sfiducia nel voto all’estero è data per Micheloni
“in parte dal provincialismo della nostra politica” ma anche “per
responsabilità nostra, di chi ha vissuto questa esperienza”, “delle
organizzazioni che l’hanno gestita, dei partiti politici che l’hanno vista
unicamente come riserva di seggi da accaparrarsi ad ogni costo e con qualsiasi
mezzo”. L’esponente democratico invita dunque a “fare chiarezza”, sollecitando
a questa operazione anche gli organismi di rappresentanza degli italiani
all’estero e segnalando come questo tema sia importante e riconosciuto come
tale anche da altri Paesi, per “creare rapporti con le loro collettività
all’estero”, rapporti che però – ammonisce - vanno gestiti con “un minimo di
senso politico”. “Se si elimina la circoscrizione Estero non ci rimette
l’emigrazione, ma il Paese – afferma Micheloni. Tra gli altri argomenti
connessi all’attività parlamentare, richiamata infine la necessità che gli
eletti all’estero sostengano con convinzione il ministro dell’Integrazione,
Cecile Kyenge, sullo ius soli e la proposta di mettere al centro del
semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea “la cittadinanza europea
materiale”. (Viviana Pansa – Inform)
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