STAMPA ON LINE
Da “ItaliachiamaItalia.it”
Ambasciatore
Arturo Olivieri: “Ottime relazioni fra Italia e Repubblica Dominicana”
SANTO DOMINGO - Arturo Olivieri, ambasciatore d’Italia a Santo
Domingo, ha terminato il suo mandato nella Repubblica Dominicana.
ItaliaChiamaItalia lo ha voluto intervistare per chiedergli un bilancio del
lavoro svolto in questi anni nei Caraibi.
Ambasciatore Olivieri, dopo oltre tre anni è finito il suo mandato nella
Repubblica Dominicana. Un bilancio di questa esperienza caraibica?
“Bilancio senz'altro positivo sul piano personale e professionale”,
dichiara Olivieri a Italiachiamaitalia.it, “sono stato felice di vivere nella
splendida RD, di conoscere persone simpaticissime ed accoglienti.
Professionalmente, lascio le relazioni fra l'Italia e la Repubblica Dominicana
in una situazione di totale armonia, evidenziata anche dal commiato
particolarmente caloroso ricevuto dal Signor Presidente della Repubblica, Danilo
Medina, dalla Vice Presidente ed ex - Primera Dama, Dona Magherita Cedegno de
Fernandez, e dalla Cancilleria, dove in data 2 ottobre in una apposita
cerimonia dinanzi all'intero Corpo Diplomatico ho ricevuto il grande Onore di
vedermi attribuire la massima decorazione protocollare della Repubblica
Dominicana (la Gran Croce dell'Ordine di Duarte, Sanchez y Mella). Direi che
ora, utilizzando le stesse parole rivoltemi dal Presidente Danilo Medina, la
strada è aperta’, perchè i rapporti fra i due Paesi si intensifichino ancor
più, pensando ovviamente al settore economico quanto culturale”.
Quali sono le iniziative portate avanti con successo
dall’Ambasciata d’Italia in questi anni, e quali le difficoltà maggiori a cui
siete andati incontro?
“Vi erano una serie di chiarimenti sulla tutela degli investimenti,
sulla libertà di impresa ed in generale sulle condizioni in cui i capitali
stranieri (non solo italiani) potessero operare, si è lavorato molto -
naturalmente in collaborazione con la Unione europea, cui istituzionalmente
tali aspetti sono oggi attribuiti. Sul piano ‘consolare’ avrei sperato di
creare un network fra gli italiani residenti, partendo dalla considerazione che
il peso degli italiani nella RD, valutati individualmente, è minore di quanto
meriterebbero se si presentassero e fossero percepiti come ‘collettività’. Ma
la psicologia dell'Italiano che ha scelto di vivere nella RD è di accentuato
individualismo (e lo dico senza nessuna connotazione negativa) e scarsamente
interessato a forme di associazionismo che si sono sviluppate in altri Paesi”.
Infatti. A proposito di questo, all’inizio del suo mandato, lo
ricordo bene, aveva cercato di unire la comunità in misura maggiore, anche
attraverso nuove associazioni o fondazioni. E’ riuscito nel suo obiettivo?
“Ho in parte appena risposto. Non voglio però celare che anche a me -
unico diplomatico in Sede con accreditamento concorrente anche ad Haiti,
Antigua e Barbuda, St Kitt's and Nevis e Jamaica - è mancato il tempo, è
mancata l'energia, per dedicarmi a fondo a quanto io stesso avevo proposto.
Lascio l'idea e l'auspicio. Esiste la Casa d'Italia, andrebbe rivitalizzata con
l'ingresso di nuovi italiani, ovvero di quelli recentemente qui stabilitisi,
per dare un primo punto di riferimento ed incontro, e poi - come proposi -
esiste la possibilità di creare (un po' come fa il Suo giornale) una rete
informatica di comunicazione. Auguri”.
Alcuni mesi fa un gruppo di italiani residenti a Las Terrenas, al
Nord della Repubblica Dominicana, ha raccolto un centinaio di firme su un
documento in cui si chiede di istituire un consolato onorario in quella zona
del Paese, ormai sempre più abitata da connazionali, sempre più frequentata da
turisti italiani. Documento e firme sono state consegnate al capo dei servizi
consolari. Lei sa dirci a che punto siamo e se quella richiesta è stata quanto
meno valutata?
“Personalmente, sono entusiasta di Las Terrenas, zona davvero
incantevole. Sono a conoscenza ovviamente dalla iniziativa che è stata proposta
con parere positivo al MAE. Va seguita. C’è una esitazione in ragione della
consistenza limitata della collettività attuale. Però se possiamo far valere il
crescente numero di turisti italiani nella zona, ce la si può fare. Ne parlerò
al mio successore appena sarà stato nominato”.
La ringraziamo per questo a nome dei connazionali residenti a Las
Terrenas. Cosa avrebbe voluto fare, a Santo Domingo, per migliorare la qualità
di vita degli italiani ivi residenti, anche nel loro rapporto con le
istituzioni diplomatiche, che tuttavia non è riuscito a portare a termine?
“Tante cose, ma una persona ha dei limiti, ripeto fosse solo
temporali, per dinamicizzare e migliorare consuetudini di decenni in un
contesto che vive più di ‘amicizie’ che di regole. Per giunta in un periodo di
risorse costantemente ridotte. Sono stati anni - se mi concede un termine
calcistico - da ‘giocare in difesa’, anche se io per carattere sarei piuttosto
un attaccante. Ho in conclusione potuto solo assicurare al meglio i servizi
consolari con le risorse umane e economiche disponibili, comunque sono state
gettate le basi per una riorganizzazione i cui effetti positivi si vedranno tra
breve”.
Il rapporto fra Caraibi e Italia è cresciuto in questi ultimi anni?
“Direi che l'Italia ha ‘scoperto’ i Caraibi negli ultimi quattro -
cinque anni. Non intendo a livello turistico, ma come parte del mondo che è
entrata nella ‘storia’ e sta rapidamente uscendo dal Terzo Mondo per
raggiungere livelli e stile di vita occidentali. E se si parla di stile di
vita, riprendo una frase di un ex-Ministro degli Esteri a me molto caro, che
disse - riferendosi al nascente ruolo della Cina nel mondo – ‘forse
saranno la fabbrica del mondo, ma neanche i Cinesi sogneranno mai di vivere da
cinesi’. Mentre chi può sogna di vivere all'italiana. Quindi voglio pensare che
il livello di sviluppo cui si avvicinano i Caraibi apre spazi culturali e
commerciali per Paesi come il nostro, per i nostri prodotti; servono poi gli
Italiani che vogliano lavorare e rischiare”.
Secondo una inchiesta di ItaliaChiamaItalia, e secondo il Sen.
Micheloni, PD, presidente del Comitato per gli italiani all’estero al Senato,
in questa epoca di tagli, si potrebbe risparmiare molto riducendo, per esempio,
gli stipendi dei diplomatici italiani o degli impiegati consolari. Un risparmio
che eviterebbe di chiudere consolati nel mondo… Continua infatti la
razionalizzazione del Ministero degli Esteri. Lei che idea si è fatto e come
vede questa “razionalizzazione”? E’ davvero necessaria? Non si potrebbe
tagliare da altre parti?
“In termini assoluti il MAE assorbe ormai meno dello 0,2% del bilancio
Statale (livello inferiore a quello di ogni altro Paese comparabile al nostro),
mentre i compiti che assolve sono andati sempre crescendo, prova ne è che
solamente nei tre anni del mio mandato l'organico in provenienza da Roma/MAE è
diminuito di due unità: attualmente vi sono solo cinque impiegati di ruolo,
oltre all'Ambasciatore, che vengono dal'Italia. Se parliamo di retribuzioni,
non sono più particolarmente attraenti: certo il momento di crisi del bilancio
dello Stato imporrà ancora dei sacrifici... Personalmente sono contrario alla
chiusura di strutture italiane all'estero perché l'Italia dovrà vivere sempre
più di presenza estera. Forse nell'area centro europea andrebbe aggiornata la
rete consolare alla realtà dell'Unione Europea e agli sviluppi delle
comunicazioni via mail, posta certificata, ecc. Credo tuttavia si tratti di
riforme che vanno pensate nel loro insieme, non eseguite sotto la scure di
tagli più o meno alla cieca, o ‘lineari’, come si suole dire”.
Si prepara a tornare in Italia, avrà un incarico alla Farnesina
fino a che raggiungerà la pensione. Come guarda alla politica italiana in
questo periodo di grande crisi e confusione? Qual è, oggi, l’immagine
dell’Italia oltre confine?
“Rientro in Italia/MAE a pochi mesi dai 65 anni, quindi dal
pensionamento. Avrò a stento il tempo di predisporre il carteggio per la
pensione (anche gli Ambasciatori quando rientrano in Patria devono ‘lottare’
con la burocrazia!). La politica italiana? Io sono un 'figlio’ della Prima
Repubblica - come e' consuetudine definirla - quella dei partiti, che
almeno consentivano una selezione della classe politica. Chi era di
orientamento cattolico iniziava nell'azione Cattolica e poi all'Università con
la FUCI; chi credeva nel comunismo iniziava a distribuire volantini
dinanzi alle fabbriche e poi passava per le Frattocchie; chi era liberale
frequentava già salotti e università. Se infine era di 'destra’, beh, doveva
almeno qualche volta aver subito una carica dei ‘celerini’ per esser ammesso in
una sezione della Fiamma tricolore. Spariti i partiti che nascevano e facevano
comunque riferimento a grandi correnti ideali del '900 (ed ancor prima) sono
rimasti ‘gli asinelli’, ‘il sole che ride’, ‘le querce’, ‘gli arcobaleni’, ed
altre simbologie - tutte rispettabili -, ma altrettanto parzialmente
decifrabili, per poi passare direttamente a nomi di rispettabili cittadini.
Quindi dagli ideali al sostegno al ‘leader’ di turno. Ecco, io non sono di
natura gregaria. Non riconosco ‘leader’, sostengo ideali e servo lo Stato. Per
cui non sono idoneo a spiegare la politica attuale, come Lei infatti la
definisce, ‘di grande confusione’. Però ho chiarissimo che un italiano nel
mondo debba sempre esser orgoglioso di esserlo e dichiararlo. Del resto, chi
parlasse men che ben della sua Patria, non sarà mai visto bene in nessun luogo,
mi creda”.
Concludendo l’intervista, l’ambasciatore rivolge un “calorosissimo e
italianissimo” saluto ai connazionali residenti nella Repubblica Dominicana:
“arrivederci!”, dice loro. Segno forse, questo, che sta a significare che
magari, un giorno non lontano, rivedremo Arturo Olivieri ai Caraibi, questa
volta non come diplomatico, ma come italiano che ha lavorato una vita ed è
pronto a godersi a pieno la bellezza di quella zona del mondo. (Ricky Filosa,
direttore di Italiachiamaitalia.it/Inform)
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