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mercoledì 28 agosto 2013

Bonino: Siria, non siamo in Kosovo. I nostri militari già impegnati

ESTERI 
“Il Mattino” intervista la titolare della Farnesina

Bonino: Siria, non siamo in Kosovo. I nostri militari già impegnati

ROMA - «La Siria non è il Kosovo, non è così chiaro chi dobbiamo andare ad aiutare. I gas nervini sono un`atrocità ma solo le Nazioni Unite possono arrivare a conclusioni certe». Sono ore frenetiche al ministero degli Esteri. Il ministro Emma Bonino è in partenza per la Francia. Ma il governo italiano ha già preso una decisione netta: non parteciperà in alcun modo ai raid senza l`avallo dell`Onu. «Anche perché siamo già impegnati con i nostri militari e i nostri mezzi in molte altre aree di crisi».

Ministro, l`Italia però ha detto che in Siria è stato superato il punto di non ritorno, cosa significa?

«Significa che stanno crescendo gli indizi a disposizione dei nostri principali partner che punterebbero il dito su precise responsabilità delle forze armate siriane nell`attacco con il gas sarin contro i quartieri orientali di Damasco. Tuttavia le prove di cui sarebbero in possesso fonti di intelligence dovranno essere rese note in maniera trasparente agli organismi internazionali come le Nazioni Unite, in grado di processarle e giungere a conclusioni certe».

La missione militare è sempre più imminente?

«Ritengo che debba essere il Consiglio di Sicurezza ad assumere le decisioni dovute e prendersi le responsabilità che derivano dal suo ruolo di garante della pace e sicurezza internazionali. Voglio essere chiara: siamo di fronte a un crimine di guerra e il governo italiano si associa pienamente alla condanna internazionale. Tuttavia l`Italia non parteciperà attivamente ad azioni militari deliberate e attuate al di fuori del contesto delle Nazioni Unite. Il nostro Paese è già impegnato ai limiti delle sue possibi- lità in diversi teatri internazionali: in Libano con 1100 uomini, in Afghanistan con 3200 soldati, nei Balcani con 650 effettivi, nell`Oceano Indiano con più di 300 uomini, nel Sinai con 80 osservatori. E non cito tutte le altre presenze minori in Libia, Somalia, Mali, Emirati Arabi, Malta etc. per un totale di quasi 6000 militari».

Ma forse non c`è più tempo per aspettare l`Onu?

«L` Onu è il quadro di riferimento giuridico per un`eventuale azione militare. Non si può prescindere dalla decisione del Consiglio di Sicurezza, basata anche sui risultati della missione degli ispettori, attualmente in corso. Mi risulta che il Consiglio di Sicurezza si riunirà in tempi molto brevi».

È corretto parlare di possibile missione stile Kosovo?

«Credo che non sia corretto, sono contesti profondamente diversi. Tra l`altro nel caso del Kosovo era molto chiaro chi si dovesse aiutare con l`intervento armato, mentre nel caso siriano siamo in una situazione molto più confusa».

Quale sarà allora il ruolo dell`Italia?

«L`Italia, ripeto, non parteciperà ad azioni militari che siano collocabili al di fuori del quadro delle Nazioni Unite. Ciò detto, l`utilizzo esteso di armi chimiche contro civili inermi è un crimine odioso e ritengo che i responsabili di tali azioni efferate vadano deferiti alla Corte Penale Internazionale. Sono dunque comprensibili le ragioni politiche di chi decida di agire militarmente con un`azione limitata e mirata ma non penso che un intervento militare possa contribuire a stabilizzare il Paese. Sin dall`inizio della crisi siamo impegnati a favorire la ricerca di una soluzione politica negoziata».

L`Europa non sembra unita sul da farsi. Quali sono le principali posizioni?

«Indipendentemente dalle singole posizioni nazionali, è chiaro che ciascun Paese europeo da solo non può influire sugli sviluppi della crisi siriana. Esistono Paesi più profilati rispetto ad un`azione militare e Paesi più riluttanti. Ho appena parlato coni ministri degli Esteri polacco e svedese con cui abbiamo valutazioni molto simili. Le linee di fondo sono consensuali a livello europeo: priorità della soluzione politica e sostegno a una transizione democratica in Siria».

Poi c`è la netta contrarietà di Putin. I rapporti della Russia con l`occidente si stanno ulteriormente deteriorando?

«Continuo a pensare che la Russia sia parte della soluzione e dobbiamo spingere l`iniziativa russo-americana verso Ginevra2 nonostante gli ostacoli obiettivi che esistono. Sulla crisi siriana Washington e Mosca si sono parlati in continuazione. Il Ministro degli Esteri Lavrov mi ha più volte ribadito che la Russia è orientata ad avviare un percorso di pace attraverso i negoziati tra le parti».

La Siria può essere anticamera di un conflitto più drammatico? Rischio contagio?

«Possibile. Il conflitto potrebbe estendersi al Libano dove gli attentati delle ultime settimane sono fonte di grande preoccupazione e vi è più di un milione di rifugiati siriani su una popolazione di 4 milioni, mentre la Giordania è anch`essa alle prese con circa 600 mila rifugiati con tutti i problemi sociali connessi».

Teme reazioni dell`Iran?

«L`Iran continuerà sicuramente a giocare la propria partita nell`ambito della crisi siriana. I suoi appelli alla cautela ed alla necessità di una soluzione politica alla crisi sono controbilanciati dall`annuncio di non meglio specificate "gravi conseguenze" a seguito dell`intervento militare in Siria. Continuo a ritenere che Teheran sia parte della soluzione del problema e deve essere in qualche modo associata a eventuali negoziati».

Cosa fare per evitare che il conflitto si allarghi?

«Bisogna lavorare con tutti gli attori che hanno influenza nella regione e continuare l`azione umanitaria, in particolare a favore dei profughi siriani ospitati nei campi in Libano e Giordania. E altrettanto chiaro che per evitare l`allargamento del conflitto la via maestra rimane quella della soluzione politica».

Il Medio oriente dall`Egitto in avanti è tornato una polveriera. Quali le principali cause?

«Quanto avvenuto in Egitto è il risultato di dinamiche che stanno profondamente modificando gli equilibri di potere all`interno del mondo arabo. Non si tratta soltanto di uno scontro tra forze secolari e integralismo religioso ma di una doppia linea di frattura politica all`interno della famiglia sunnita e tra sunniti e sciiti. Tutto ciò ha un impatto in Siria, Libia, Tunisia oltre che in Libano, alimentando anche le tensioni tra galassia sciita e quella sunnita. A tutto ciò si aggiunge lo scontro tra kurdi e qaedisti».

Quali differenze con l`Afghanistan?

«Non esiste un legame tra le due situazioni. Diversi i contesti storici e ambientali, il quadro geo- strategico».

Qual è la situazione di forze in Siria ora? Il regime quanto ancora controlla il territorio?

«Il regime siriano controlla i principali centri urbani ma non è in grado di controllare tutte le vie di comunicazione. Vaste aree sono sotto il controllo dei gruppi armati anti Assad. Ciò che è più importante è che né Assad né i ribelli sono in grado di prevalere militarmente».

Un intervento militare potrebbe pregiudicare sorte e trattative per i nostri due connazionali, il giornalista Domenico Quirico e padre Paolo Dall`Oglio, rapiti in Siria?

«Difficile dirlo con certezza, le informazioni che abbiamo sono contraddittorie su chi tiene in custodia i due rapiti ma siamo e sono determinata nel perseguire tutte le piste possibili».( Federico Monga-Il Mattino, 28 agosto 2013)

Inform

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