Per il reindirizzamento cliccate link to example

mercoledì 10 aprile 2013

Don Puglisi: il Vangelo non muore


TESTIMONI
Dal “Messaggero di sant’Antonio”, aprile 2013
Don Puglisi: il Vangelo non muore

Il 26 maggio 2013 don Pino Puglisi sarà proclamato beato. Le tappe principali della sua vita e i motivi che hanno portato la Chiesa a giudicarlo un martire della fede

Chi era, o meglio, «chi è» don Giuseppe Puglisi? Per rispondere a questa domanda, bisogna farsene almeno altre due. Fa egli parte di quel piccolo stuolo di persone (tra i più noti, Falcone e Borsellino) che sono state «giustiziate» dalla mafia, perché hanno indagato sulle sue infiltrazioni, in Italia e altrove, nel mondo della politica, della magistratura e dell’economia? Oppure don Puglisi, Pino, come lo chiamava la gente, può essere annoverato fra i pochi sacerdoti che, con grande coraggio e senza peli sulla lingua, hanno «disturbato» con la loro opera di riscatto morale e sociale della popolazione gli interessi della mafia in alcuni sobborghi depressi di Palermo? 

La Chiesa ha avuto l’arduo compito di giudicare, sulla base di tutte le deposizioni dei testimoni e dei pentiti, se il prete palermitano fosse solo un eroe o un martire della fede cristiana. Alla fine si è giunti alla conclusione che l’ultima ipotesi fosse quella giusta. Secondo la recente ricostruzione, attenta e documentata, del postulatore della causa, Vincenzo Bertolone, Pino Puglisi ha respirato l’aria di Palermo dalla fanciullezza fino alla sua tragica morte, mai distaccandosi dalla sua città. 

Palermitano doc 

Dopo l’ordinazione sacerdotale (avvenuta il 7 luglio del 1960) ricopre vari incarichi pastorali ed esercita anche il ruolo di pro-rettore del seminario e direttore del Centro vocazioni regionale. Piuttosto schivo di natura, quasi introverso, cerca comunque il dialogo con tutti, sempre a viso aperto, prestando un occhio di riguardo alle persone che, nei rioni maggiormente a rischio, faticano a sollevarsi da situazioni di indigenza, di abbandono e di sfruttamento. 

Quando viene assegnato al rione Brancaccio, il 6 ottobre del 1990, don Puglisi, ricco delle esperienze precedenti, si discosta notevolmente dallo stile di incessante lotta alla mafia del suo predecessore. Ritorna volentieri a occuparsi del suo vecchio quartiere: grappoli di case in buona parte in rovina, spesso occupati dai senzatetto provenienti da altri sobborghi della città. Un testimone oculare, Mario Renna, ora sacerdote, ricorda con simpatia una sua affermazione: «La Chiesa non è la sede di un partito o di un circolo ideologico. Al primo posto bisogna sempre mettere la crescita religiosa. Forme di collaborazione sono possibili, ma solo se si tiene a mente questo principio». 

Quindi nessuna sudditanza ai vari padrini di turno, ma solo al Padre Comune, al Padre Celeste. In nome Suo dipana l’opera di avvicinamento pacato e sereno alla sua gente, scevro da qualsiasi ombra di sopraffazione, con in mano solo il Vangelo da offrire soprattutto ai giovani per distoglierli dalle lusinghe mafiose, striscianti nel rione. Qualcuno dice che anche la mafia è una specie di religione con i suoi riti, codici e doveri. Don Pino Puglisi dà fastidio a questo sottomondo eppure non conduce inchieste, non tiene diari segreti sulle attività mafiose nel quartiere, non è assimilabile ai magistrati o alle forze dell’ordine. È semplicemente vicino alle persone: le ascolta, le aiuta, le prepara al battesimo e al matrimonio e diventa loro amico. Anche i boss si accorgono che il prete che opera in quel quartiere lavora con motivazioni e forme diverse; egli fa risplendere, con il suo modo di vivere e di rapportarsi, una forza invisibile, la forza della fede che riesce a comunicare alla gente, sulla quale ha una presa eccezionale. In una rievocazione apparsa sul «Giornale di Sicilia», Marcello Pera afferma: «Don Pino diventa un martire della Chiesa perché il messaggio di Cristo entra nel mondo e vi porta una rivoluzione che scuote le coscienze e la storia. Don Pino lo sapeva e lo predicava. Ma se si predica il concetto di persona e della sua dignità in luoghi in cui una cultura violenta predica invece che alcuni devono avere il potere di soggiogare, ecco che la testimonianza del Vangelo genera conflitto… All’incrocio di questi due mondi incompatibili, don Pino cade perché non cede». 

Un boomerang per la mafia 

I boss mafiosi non sono disposti a lasciarsi mettere in scacco da un prete umile e semplice come don Pino. Arrivano le prime minacce: la foratura della ruota dell’automobile, l’incendio del portone della chiesa, i silenzi telefonici, la ferita al labbro. È un crescendo pericoloso. Don Puglisi continua la sua strada imperterrito. Dopo tre anni di permanenza nel rione Brancaccio, il 15 settembre 1993 viene braccato da un killer. È il giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno, festa della beata Vergine Addolorata. Don Pino morirà più tardi all’ospedale. L’esecuzione è studiata per sembrare un’azione teppistica a seguito di uno dei soliti furti. Eliminato l’incomodo, i boss Graviano pensano di aver messo a tacere la forza vitale della fede e quel richiamo alla conversione che può metterli in ridicolo. 

Invece di creare scompiglio e soggezione, l’operato della mafia ha però un esito del tutto imprevisto: ritorna come un boomerang a chi l’ha lanciato. Non solo, ma come in ogni opera voluta dal Padre, il bene sa attivare, con la sola «Sapienza del sorriso» (dal libro di Bertolone), un incredibile numero di iniziative di riprovazione del gesto e di appoggio a don Puglisi. È una protesta corale che si alza da ogni parte d’Italia, alla quale si aggiunge la voce di papa Giovanni Paolo II. Un senso di profonda costernazione e ribellione si diffonde soprattutto nella «sua» Palermo e nella Sicilia in generale. Da tutto questo prende il via l’opera di animazione alla legalità di stampo evangelico promossa dalla «Jus Vitae», un’associazione cattolica del quartiere Zen, che ha istituito il premio internazionale in memoria di don Pino, giunto alla sua ottava edizione. Un segno concreto che la spiritualità di don Pino Puglisi rimane uno sprone per tutti e che il suo impegno per salvaguardare la persona umana è la strada da percorrere. Don Pino Puglisi sarà dichiarato beato il 26 maggio 2013. (Tony Paganoni - Il Messaggero di sant’Antonio, edizione italiana per l’estero /Inform)

Nessun commento:

Posta un commento