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venerdì 1 marzo 2013

Messaggero di sant'Antonio: Dove la Germania si fa Italia


MISSIONARI ITALIANI ALL’ESTERO
Dal Messaggero di sant’Antonio, marzo 2013
Dove la Germania si fa Italia
La Missione cattolica italiana di Monaco di Baviera, prima in terra tedesca, è sorta nel 1946. Da allora accompagna gli italiani della metropoli e del Land

MONACO DI BAVIERA - «Si dice che Monaco sia l’ultima città tedesca e la prima città italiana a nord delle Alpi», esordisce padre Lorenzo Scremin, responsabile della Missione cattolica italiana (Mci) della metropoli bavarese. L’affermazione sulla Monaco tricolore è confermata dai dati sul turismo (255 mila le provenienze dalla Penisola nel 2010, con circa mezzo milione di pernottamenti) e da quelli sulla residenzialità: sono circa 25 mila i cittadini italiani che vivono qui, terza comunità extra tedesca dopo quella turca e austriaca. «La nostra collettività, in Baviera, oggi conta più di 100 mila membri», completa padre Lorenzo. 

Una lunga tradizione 

La storia di questa presenza dove Mediterraneo e Mitteleuropa si amalgamano, ha radici profonde ed è ricca di personaggi e vicende. La Baviera, con Augusta, Ratisbona, Würzburg, Ingolstadt, Norimberga e Monaco, è una regione che, nel corso dei secoli, ha saputo trasformarsi in una delle più rilevanti aree del continente europeo. I collegamenti con la Penisola sono alimentati dagli itinerari che dal Brennero portano a Venezia, Milano e Genova. Fin dai secoli scorsi, non ci si dirigeva solamente verso i fondaci veneziani e le fiere lombarde, ma anche in direzione delle università (Padova, Ferrara e Bologna su tutte) e della «città eterna», Roma. Le Alpi, infatti, non sono mai state una barriera: i passi del Brennero e di Resia, come la rete di sentieri che si dipanano sulla catena alpina, sono testimoni di un incessante transfer culturale ed economico tra Nord e Sud Europa, che ha origine nell’epoca romana. Nel Medioevo e nel Rinascimento, poi, i rapporti culturali, economici e religiosi tra regioni e città d’Oltralpe e bavaresi si intensificano e sviluppano, ad opera soprattutto di diplomatici, artigiani, mercanti e artisti. 

È solo con il XIX secolo, però, che ha inizio l’emigrazione di massa moderna, definitiva e stagionale, che si riversa nell’area di lingua e cultura tedesca lungo gli itinerari alpini. Gli sbocchi lavorativi sono l’edilizia, l’industria e la posa delle tratte ferroviarie. Attorno al 1890 si assiste all’istituzione di classi per bambini italiani strappati alla produzione di mattoni. In quel periodo, a conclusione dell’anno scolastico, circa trecento bambini ricevono la visita del console generale e del nunzio papale e possono, nell’occasione, gustare minestrone, würstel, verdura e pane. Nei primi anni del 1900 – testimonia una relazione del tempo –, chi passa «per la Stazione principale di Monaco nei giorni attorno al Natale nota un insolito movimento (…). Si vedono gruppi di emigranti (…) con mucchi di bagagli, che aspettano l’ora della partenza. Sono i nostri fornaciai». 

Il Novecento e la nascita della Mci 

L’attuale Missione cattolica italiana di Monaco, situata al numero 143 della Lindwurmstrasse, viene inaugurata nel luglio 1970 dal cardinal Döpfner: questi, pensando alla numerosa collettività italiana residente nella metropoli bavarese, all’epoca si augura che la missione diventi la parrocchia della comunità. Da qui sacerdoti, suore e operatori pastorali e sociali continuano e sviluppano un’attività già iniziata con la fine del secondo conflitto mondiale. Era infatti il 1946 quando il cardinale von Faulhaber prega lo stimmatino Julius N. Valentinelli (cappellano militare delle forze americane di liberazione) di occuparsi degli italiani di Monaco e dintorni. Se ne contavano, allora, circa 2 mila in Baviera e un migliaio in città. Nel 1950 l’instancabile padre Valentinelli celebra servizi religiosi a Monaco, Augusta, Norimberga e Ratisbona. Nel 1954 viene inaugurata la Casa d’Italia, al cui interno il missionario richiede una cappella. 

Nell’estate 1954 è quindi inviato nella città bagnata dall’Isar padre Edoardo Borgialli, a sostituire il confratello che rientra in America. L’area di intervento di don Borgialli comprende l’intera Baviera, con la sola esclusione della diocesi di Würzburg. Nel frattempo gli italiani a Monaco salgono a 5 mila ai quali, nel periodo estivo, se ne aggiungono altri 2.500 (muratori, camerieri e fornaciai). Nel 1962, secondo i dati delle nostre autorità, in Baviera se ne conteranno 31.600, 18 mila dei quali nella capitale. Tra questi, 8 mila stagionali. 

Nel 1962 don Baccanelli sostituisce padre Borgialli. Dal settembre 1963 i sacerdoti scalabriniani don Mario Nalin, don Carlo Campiglia e don Giuseppe Vigolo vengono nominati responsabili della Mci. È l’epoca della baracca di Falkenstrasse, indirizzo di riferimento per ogni emigrante diretto a Monaco e per i 25 mila che già vivono nell’area della missione. Sono gli anni della «grande migrazione» e dell’intervento e collaborazione dei patronati. La documentazione di quel periodo ci informa che la maggior parte degli italiani, occupati nell’edilizia e nell’industria, non possiede alcuna qualifica e che molti abitano in baracche di legno. L’assistenza, in quella fase di «emergenza sociale», «si rifletteva – racconta padre Scremin – nelle urgenze del vivere quotidiano: alloggio, lavoro, rapporti con le istituzioni. Con la Mci, inaugurata nel 1970, centrale e più spaziosa, fioriscono diverse attività: un centro di documentazione, corsi scolastici, un liceo linguistico e un istituto tecnico per periti aziendali e corrispondenti in lingue estere». Ciò avviene anche grazie all’aiuto delle prime tre suore, Daniela Pallotta, Teresa Maugeri e Michela Di Benedetto dell’Ordine della Sacra Famiglia di Bordeaux. 

Con gli anni Ottanta del secolo scorso, la comunità italiana si inserisce sempre più nel tessuto socioculturale ed economico bavarese. All’interno della Mci sorge il Gruppo Giovani, sbocciano corsi biblici e di teologia, vengono organizzati corsi per fidanzati e giornate dedicate ai vari gruppi. Il periodico per le famiglie «Contatto», nato nel 1975, dal 1985 si presenta con una nuova veste grafica. 

Padre Lorenzo Scremin, giunto a Monaco nel 1974, sottolinea che l’attività pastorale, la catechesi, i servizi liturgici, la stampa, l’assistenza negli ospedali e la vicinanza alle famiglie «indicano i valori evangelici di cui la Missione è portatrice. L’obiettivo è la trasmissione della fede, sviluppando iniziative che favoriscano il senso di responsabilità e la coscienza comunitaria». Il centro di questa attività, punto d’incontro della comunità cattolica italiana di Monaco, è la chiesa di St. Andreas: è qui che si celebra la santa Messa e si amministrano i sacramenti, si officiano le celebrazioni solenni e si riuniscono i gruppi periferici. Anche il nome della via in cui sorge l’edificio religioso parla italiano. Infatti, «Zenettistrasse» rimanda all’omonimo casato di origine friulana attivo in diverse città della Baviera sin dai primi decenni del 1700. (Luigi Rossi - Il Messaggero di sant’Antonio, edizione italiana per l’estero /Inform)

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