ITALIANI ALL’ESTERO
Dino Nardi
(Uim/Cgie): La casa in Italia ? Da felicità ad angoscia!
ZURIGO - Sì proprio così! La casa in Italia, costata tanto sudore ed immensi sacrifici agli emigrati italiani e che è stata sempre motivo di soddisfazione e felicità, si sta sempre più trasformando per loro in un motivo di angoscia.
Già in passato, ai tempi dell’introduzione dell’ ICI e poi della sua sostituzione con l’ IMU, avevo definito con l’espressione “Casa dolce casa, ma quanto mi costi!” la spesa per l’abitazione in Italia degli emigrati italiani iscritti all’AIRE, tenendo conto che oltre all’ ICI/IMU vi erano pure da pagare ogni anno anche le varie utenze per acqua, gas, luce, immondizie ed abbonamento allaTv.
Adesso, dopo che il 2012 aveva portato l’IMU in regalo agli italiani (che comunque era stata prevista dal governo Berlusconi per il 2014), il 2013 porterà in regalo la Tassa sui rifiuti e sui servizi, cioè la TARES, che sostituirà l’attuale Tassa sui rifiuti solidi urbani, cioè la TARSU, con un notevole aggravio per i contribuenti (infatti secondo uno studio della UIL, a fronte di un costo medio della TARSU di 225 euro per famiglia che si sono pagati nel 2012, la TARES ammonterà ad 305 euro).
Naturalmente il costo della casa in Italia è diventato pesante per tutti i proprietari di un’abitazione e non solo per gli emigrati. Tuttavia non si può non sottolineare e non denunciare la discriminazione che colpisce gli italiani all’estero per la loro casa in Italia (non affittata) che viene tenuta a propria disposizione non certamente come casa delle vacanze bensì come rifugio sicuro in caso di un forzoso rimpatrio per motivi familiari o per circostanze avverse nei Paesi in cui sono emigrati. Una doppia discriminazione. La prima poiché per la loro abitazione, debbono pagare l’IMU come seconda casa quindi con un’aliquota maggiore, la seconda per la TARES poiché non viene prevista alcuna riduzione tenendo conto che gli emigrati italiani, abitando in Italia solo per dei brevi periodi nel corso dell’anno, producono ovviamente pochissimi rifiuti ed utilizzano minimamente ogni altro servizio pubblico locale.
Senza dimenticare che, per tanti emigrati anziani che hanno deciso di finire i loro giorni nei rispettivi Paesi d’immigrazione e che devono vivere della sola pensione, la proprietà di una casa in Italia, oltre che essere diventata addirittura insopportabile finanziariamente, non di rado, impedisce perfino di aver diritto a determinate prestazioni sociali da parte delle istituzioni assistenziali e previdenziali locali dei Paesi dove vivono come, per esempio, in Svizzera. Pertanto sono sempre di più gli emigrati italiani che stanno pensando di disfarsi di questa loro proprietà che, in genere, non interessa più di tanto neppure ai propri figli.
Il problema è che, di questi tempi, è molto difficile trovare da vendere una casa in Italia. Infatti il mercato immobiliare è praticamente fermo e, per di più, le abitazioni degli emigrati si trovano quasi sempre nei loro luoghi di origine, ovvero in località poco appetibili se non per coloro che già vi risiedono. D’altra parte è certamente interesse di tutti (amministratori locali in primis) che gli emigrati non si liberino di queste loro proprietà poiché sono comunque dei cordoni ombelicali che li legano, compreso familiari e discendenti, ai luoghi di origine “costringendoli” a frequentarli periodicamente e quindi a spenderci denaro portando ricchezza in quei territori.
Allora se tutto questo è vero, e certamente lo è, per la TARES il Parlamento italiano deve fissare nella legge nazionale il pagamento di una quota ridotta per le abitazioni di proprietà degli iscritti all’AIRE senza limitarsi a delegare i comuni a prevederlo, eventualmente, nei loro regolamenti come è avvenuto per l’IMU. Poiché le Amministrazioni comunali, a scarso di risorse finanziarie come sono, già con l’IMU hanno raramente riconosciuto come prima casa quella degli emigrati, lo stesso avverrebbe sicuramente anche nel caso della TARES.
Per questo sconto fiscale della casa degli iscritti all’AIRE, è pertanto auspicabile che si attivino gli stessi deputati e senatori italiani eletti all’estero convincendo, innanzitutto, i loro rispettivi Gruppi parlamentari del buon senso di una tale norma. Ai posteri l’ardua sentenza! (Dino Nardi*/Inform)
*Coordinatore Uim Europa e consigliere Cgie
Nessun commento:
Posta un commento