Per il reindirizzamento cliccate link to example

venerdì 19 aprile 2013

Il Cir sulla sentenza della Corte di Strasburgo Mohammed Hussein vs Italia e Olanda


RIFUGIATI
Il Cir sulla sentenza della Corte di Strasburgo Mohammed Hussein vs Italia e Olanda

La richiedente asilo somala aveva inoltrato appello per restare in Olanda, temendo la violazione dei diritti umani nel nostro Paese. Il direttore Hein: “Non ci sono falle sistemiche, anche se ciò non vuol dire avere un buon sistema di asilo”

ROMA – “Sarebbe fuorviante affermare che in generale i richiedenti asilo in Italia non ricevano assistenza o che i loro diritti fondamentali siano sistematicamente violati”: lo ribadisce il Consiglio Italiano per i Rifugiati (Cir) a seguito del parere della Corte di Strasburgo relativo al caso di una richiedente asilo somala che si era appellata per poter restare in Olanda, dove era giunta dall’Italia, sostenendo il rischio – per lei e i suoi figli - di violazione dei diritti umani nel nostro Paese. 

“Secondo il parere della Corte di Strasburgo espresso nella sentenza Mohammed Hussein vs Italia e Olanda la condizione generale dei richiedenti asilo in Italia non presenta falle sistemiche di severità tale da far temere che un riaffidamento al nostro Paese violerebbe i diritti umani fondamentali. Conseguentemente - prosegue la nota del Cir - la richiedente asilo somala che si era appellata alla Corte dovrà tornare in Italia dall’Olanda”. 

Il Cir segnala “in primo luogo la differenza tra questa sentenza e quella del caso MSS vs Grecia, dove la Corte ha dato ragione al ricorrente decretando che, qualora riaffidato allo stato greco, sarebbe potuto essere esposto a trattamenti contrari alla Convenzione Europea per i Diritti Umani”, e sottolinea come in molte sue prese di posizione, sollecitate da avvocati e organizzazioni di altri Stati membri, abbia sempre sottolineato che i gravi problemi di accoglienza e integrazione in Italia non siano paragonabili a quelli della Grecia. 

“Il Cir ha sempre raccomandato di esaminare le circostanze individuali, ritenendo che in molti casi il problema è lo stesso Regolamento Dublino II e le conseguenze della sua applicazione sulle vite delle persone. Richiedenti asilo e beneficiari di protezione internazionale possono avere buoni e giustificati motivi per spostarsi in un altro paese dell’Unione Europea, motivi che non sono per forza riconducibili alle violazioni dei diritti nel paese in cui si trovano – afferma il direttore del Cir, Christopher Hein. “Nel passato abbiamo già notato casi in cui richiedenti asilo e rifugiati riconosciuti in Italia avevano fatto dichiarazioni non veritiere col solo scopo di evitare il trasferimento nel nostro Paese. Questa sentenza – ribadisce Hein - si basa principalmente sulle dichiarazioni che questa singola richiedente asilo ha fornito alla Corte di Strasburgo e che non risultano veritiere. La ricorrente aveva ottenuto un permesso di soggiorno per 3 anni per protezione sussidiaria ed era stata accolta in un centro di accoglienza a Marina di Massa, dopo un suo primo soccorso a Lampedusa”. 

Si rileva inoltre come questa sentenza “non modifichi gli orientamenti della Corte di Strasburgo espressi precedentemente, la stessa che poco più di un anno fa ha condannato il nostro Paese per i respingimenti indiscriminati verso la Libia nel 2009, nel caso Hirsi vs Italia”. 

“Il verdetto odierno merita un esame sicuramente più approfondito. Noi speriamo però fortemente che questa sentenza non sia strumentalizzata per dire da noi va tutto bene perché, come ampliamente documentato, non va assolutamente bene che richiedenti asilo debbano aspettare mesi per trovare un posto di accoglienza o che chi ha ricevuto una protezione internazionale venga abbandonato a se stesso senza un organico sostegno nel percorso di integrazione. Non avere falle sistemiche – conclude Hein - non vuol dire avere un buon sistema d’asilo”. (Inform)

Nessun commento:

Posta un commento