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mercoledì 24 aprile 2013

Trent’anni di Trevisani in Lussemburgo


ASSOCIAZIONI

Trent’anni di Trevisani in Lussemburgo

 




TREVISO - Quella dei trent’anni è una tappa importante per la vita di un’associazione. Lo sanno bene i membri della Trevisani nel mondo di Lussemburgo che, per l’occasione, hanno festeggiato assieme al presidente, originario di San Fior (Treviso), Mario Zanette – anche a capo del Comitato delle associazioni venete dell’emigrazione – e ai tanti conterranei giunti dall’Italia fin nello stato dell’Europa centrale. Tra questi, oltre al sottoscritto, c’erano Luisa Andreatta, collaboratrice della sede centrale di Trevisani nel mondo, Italo Dal Bianco e Primo Tomasella (di San Fior), Santina e Valentino Tempesta, Luigino Marcuzzo (di Postioma) e Giuseppe Mazzocato (di Treviso). Della «partita» anche Mario Mariotto, rimpatriato a San Fior dopo epici trascorsi ciclistici in Lussemburgo, e Franco Narducci, presidente dell’Unione nazionale associazioni immigrati ed emigrati (Unaie). Una schiera di trevigiani doc, dunque, riuniti per incontrare altrettante persone coraggiose e tutte d’un pezzo, con cui condividono un pezzo di storia. Questo viaggio è stato il nostro modo per dir loro «grazie»: una parola piccola ma importante, che vuole essere rugiada vitalizzante nell’arsura dell’indifferenza e che può restituire linfa alle persone. Poco importa se queste vivono a migliaia di chilometri di distanza, se parlano altre lingue o se – come in Lussemburgo – vivono in un contesto multiculturale.



Tra i Paesi più influenti dell’Unione europea, oggi il Lussemburgo conta circa 600 mila abitanti, di cui il 45 per cento è emigrato e appartiene a oltre 110 etnie, in primis quella portoghese (l’italiana si attesta al terzo posto). Una percentuale altissima di presenze estere che, tuttavia, appare integrata col modus vivendi locale. All’interno di questo mondo variegato si colloca un cospicuo gruppo di veneti – e, in particolare, di trevigiani – che si distinguono per operosità e motivazione. Sono i discendenti di quegli emigrati che diversi decenni fa giunsero in Lussemburgo in cerca di lavoro e lì trovarono impiego in miniera, nelle fabbriche siderurgiche e nei cantieri edili. Oggi i loro pronipoti – nati e cresciuti nel Paese centro-europeo – ricoprono ruoli di prestigio nei più svariati ambiti, da quello della cultura a quello politico. Ma non dimentichiamo anche quei 170 mila pendolari-frontalieri che per lo più fanno capo ai palazzi europei e che, assieme agli abitanti locali, sono testimoni di una cooperazione multiculturale.



A simbolo di questa sinergia italo-lussemburghese, che perdura oramai da tanti anni, si erge oggi nella città di Esch-sur-Alzette un monumento di bronzo che raffigura due persone abbracciate. Si tratta di un’opera realizzata nel 1992, su iniziativa dell’associazione Trevisani nel mondo e del missionario Benito Gallo, originario di San Lazzaro (Treviso), autore di una raccolta documentativa del lavoro italiano in Lussemburgo. (Riccardo Masini-Messaggero di sant’Antonio, edizione italiana per l’estero, numero di aprile/Inform)

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