COMMISSIONE
EUROPEA
Da “Trenta giorni in Europ@” , newsletter della
Rappresentanza in Italia
Lucio Battistotti: “L’Unione europea
e il Mediterraneo: un futuro condiviso”
ROMA
- Il panorama del Mediterraneo è mutato radicalmente dallo scoppio della
Rivoluzione dei Gelsomini nel 2011. La situazione politica in Egitto, Libia e
Tunisia si è completamente trasformata: si sono svolte le elezioni e nuove
costituzioni sono state approvate o, nel caso della Libia, sono in preparazione.
La scena politica di questi paesi continua però ad essere polarizzata e la
sicurezza interna è ancora di là da venire, come hanno dimostrato eventi
recenti, mentre la guerra civile in corso in Siria sta creando una drammatica
crisi umanitaria.
Il
processo di cambiamento è solo all’inizio e le transizioni avviate sono lontane
dall’essere concluse. Ci vorrà tempo prima di poter dire se gli uomini e le
donne che sono scesi in piazza per dimostrare contro i regimi autoritari
vedranno realizzate le loro aspettative.
La
via verso la democrazia non è una linea retta, né è facile da percorrere. Anche
se l’ultima parola sull’evoluzione delle transizioni in corso dipenderà sempre
dai paesi interessati, è un dovere dell’Unione europea - nonché un suo
interesse strategico - continuare ad essere coinvolta e sostenere questi
processi. La stabilità dell’Europa dipende dalla stabilità dei paesi della
sponda sud del Mediterraneo, che dipende a sua volta dalle risposte che
verranno date alle speranze e alle aspirazioni da cui hanno avuto inizio queste
manifestazioni e transizioni.
Di
fronte a tali cambiamenti epocali l’UE ha agito su diversi fronti per sostenere
le aspirazioni delle popolazioni e i cambiamenti positivi in atto: ha dato un
sostegno politico forte alle forze democratiche emergenti, ha sostenuto la
società civile e ha rafforzato la cooperazione finanziaria erogando sovvenzioni
e prestiti.
Inoltre,
poiché questi paesi si stanno impegnando ad attuare riforme politiche ed
economiche, l’UE ha proposto di approfondire ulteriormente i partenariati
esistenti in vari settori, come l’economia e il commercio, la mobilità delle
persone e l’istruzione. Tutto ciò fa parte del Partenariato per la democrazia e
la prosperità condivisa che la Commissione europea ha adottato a marzo 2011.
Molto
è stato fatto per assistere i paesi in transizione, però occorre riconoscere
anche che la portata dei bisogni e le circostanze politiche in continua
evoluzione rendono necessario rinnovare l’impegno da parte di tutti. Ritengo
che in futuro le relazioni dell’UE con i vicini meridionali dovranno fondarsi
su cinque principi, che coprono le principali criticità e illustrano la natura
complessa e assai articolata della risposta necessaria.
In
primo luogo, i paesi interessati devono completare la transizione democratica e
adottare riforme interne complete intese a favorire la crescita inclusiva e la
creazione di posti di lavoro. Questi paesi sono tutti diversi tra loro e l’UE
deve instaurare con ciascuno di essi relazioni su misura. Il punto di partenza
di queste relazioni diversificate è un dialogo politico intenso, necessario per
costruire la fiducia reciproca e individuare obiettivi comuni. Da questo
dialogo dovrebbe scaturire una visione globale delle relazioni per gli anni a
venire: una visione basata sulla democrazia, lo Stato di diritto e il rispetto
dei diritti umani. Ci impegneremo con i governi eletti democraticamente, ma
ricorderemo loro che le elezioni sono solo l’inizio del processo di costruzione
democratica, non il punto di arrivo.
In
secondo luogo, il trattato di Lisbona ha gettato le basi per un uso integrato
di tutti gli strumenti di cui l’UE dispone in materia di politica estera. La
gamma di strumenti è ampia e comprende azioni a titolo della politica estera di
sicurezza e di difesa comune, accordi commerciali e di settore, così come
accordi relativi alla mobilità delle persone. Tutti questi elementi devono
rientrare in una politica globale ben definita dall’UE rispetto a ciascun paese
partner nel Mediterraneo ed essere applicati di conseguenza.
In
terzo luogo, la cittadinanza nei paesi del Mediterraneo rappresenta oggi una
voce che i governi sono tenuti ad ascoltare, in netto contrasto con quanto
accadeva sotto i passati regimi autoritari. Questo comporta almeno due nuovi
elementi di rilievo in relazione all’UE: da un lato, i governi devono tenere in
considerazione le opinioni della popolazione quando conducono negoziati con
l’UE. Dall’altro, l’UE stessa deve sviluppare un impegno più forte direttamente
con le organizzazioni della società civile.
In
quarto luogo, l’UE sostiene le riforme economiche nei paesi del Mediterraneo
nell’ambito di una strategia per promuovere la crescita inclusiva, creare
occupazione e affrontare le sfide sociali. Nel fare questo, deve tenere conto
della situazione locale e delle priorità dei paesi partner. Stiamo offrendo
all’Egitto, alla Giordania, al Marocco e alla Tunisia la prospettiva di una
graduale integrazione nell’economia dell’UE, raggiungibile eliminando tutte le
barriere (tariffarie e non tariffarie) e avvicinando progressivamente le
legislazioni e le normative di questi paesi a quelle europee, per creare quella
che in gergo europeo chiamiamo una “zona di libero scambio globale e
approfondito”. Ne deriverebbe un accesso più facile dei prodotti del Mediterraneo
al mercato UE e ai suoi 500 milioni di consumatori. Per l’Algeria e la Libia in
particolare, la priorità è aiutare la diversificazione delle loro economie. In
tutti i casi, una maggiore apertura porterebbe notevoli benefici reciproci.
Infine,
anche la mobilità delle persone fa parte della nostra risposta. L’obiettivo è
semplice: facendo affidamento su partner impegnati e pronti, vogliamo
facilitare la mobilità delle persone e concludere partenariati per la mobilità.
Intensificare i colloqui e concludere partenariati per la mobilità significa
aumentare le possibilità di migrare legalmente, ma anche potenziare l’azione
comune contro i criminali e i trafficanti di esseri umani.
Tutti
siamo testimoni delle tragedie che da anni si compiono nel Mediterraneo, al
largo delle nostre coste. Colpiscono uomini, donne e bambini, in fuga da
guerre, povertà e sfruttamento e in cerca di una vita migliore in Europa.
Secondo l’agenzia per i rifugiati UNHCR, tra il 1° gennaio e il 30 settembre
2013, 30.100 migranti hanno raggiunto l’Italia per via mare, partendo dalle
coste del Nord Africa. I gruppi più numerosi provengono da Siria (7.500 in
totale), Eritrea (7.500) e Somalia (3.000). In generale, secondo i dati
dell’Osservatorio sulle vittime della migrazione illegale Fortress Europe,
circa 6.450 persone hanno perso la vita nello Stretto di Sicilia tra il 1994 e
il 2012.
L’Unione
Europea non può accettare che migliaia di persone muoiano alle sue frontiere.
Questo vuol dire che l’impegno per la lotta contro l’immigrazione illegale e il
sistema di accoglienza ai migranti devono essere intensificati, in primis
partendo dall’azione di FRONTEX, l’Agenzia europea per la gestione della
cooperazione operativa alle frontiere esterne.
I
partenariati per la mobilità rafforzeranno la fiducia reciproca e renderanno
più realistico l’obiettivo di creare un vero spazio di pace, stabilità e
prosperità nel Mar Mediterraneo.
Le
misure che l’Unione Europea può e deve prendere non si fermano solo a questo,
la Commissione Europea ha preso concreti impegni per: • rafforzare la capacità
di ricerca e salvataggio e il sistema di sorveglianza per localizzare le
imbarcazioni, così da poter lanciare le operazioni di salvataggio e portare le
persone in salvo prima che sia troppo tardi. È questa la finalità del sistema
“Eurosur”, che entrerà in funzione il 2 dicembre prossimo; • proseguire
l’azione politica e di sviluppo dell’UE per migliorare le condizioni di vita
nei paesi di origine, affinché gli abitanti non siano più costretti a fuggire;
• impiegare al meglio i fondi europei per i rifugiati e le frontiere proprio
per aiutare gli Stati membri in difficoltà; • contrastare la migrazione
clandestina per mezzo di accordi di riammissione e agevolazioni del rilascio
dei visti; • infine, lavorare per definire una vera politica comune europea su
asilo e migrazione.
Quanto
accade nei paesi vicini all’UE ha un’importanza particolare per la futura
prosperità e stabilità dell’Unione. I cambiamenti epocali che stanno avvenendo
sulle sponde del Mediterraneo rendono ancora più importante l’impegno dell’UE
nell’area, perché mettono alla prova la nostra politica estera. L’UE, le sue
istituzioni e gli Stati membri hanno mobilizzato strumenti e attuato strategie
in risposta a questa sfida. Rimarremo saldi nel nostro impegno a sostenere le
riforme politiche ed economiche in quanto strumento per raggiungere il nostro
obiettivo ultimo: istituire uno spazio comune di democrazia e prosperità
condivisa. Unità nella diversità è il motto dell’Unione, ma diversità vista
come opportunità e non problema, abbiamo bisogno di occhi nuovi per vedere
lontano.(Lucio Battistotti*-Trenta giorni in Europ@ /Inform)
*
Direttore della Rappresentanza in Italia della Commissione europea
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