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giovedì 7 marzo 2013

Da Tribuna Italiana: "La dura prova…"


ELEZIONI POLITICHE 2013
Articolo di Dante Ruscica su “Tribuna Italiana” del 6.3.2013

La dura prova… (L’ora del Confiteor)

BUENOS AIRES - I risultati elettorali del 24/25 febbraio sanno a dramma, è innegabile, per molte ragioni. L’hanno detto ormai e l’hanno scritto non solo in Italia, ma in tutto il mondo. 

Perfino la presidente argentina s’è ricordata dell’Italia: non abbiamo capito bene se per darci una lezione, per compatirci, per confonderci, curiosamente, con uno stato pontificio... Non s’è capito bene, ma crediamo di supporre bene, tuttavia, se supponiamo che le premeva soprattutto fare un paragone tra come governa lei e come governano gli altri. Ma lasciamo perdere: nella foga di esposizioni così appassionate può succedere di tutto (anche quando un Capo di Stato sta parlando ex Cattedra, cioè nel cuore del Parlamento, e pertanto dovrebbe...). 

Ma lasciamo perdere e torniamo al dramma di questi risultati. 

Dopo il frastuono internazionale di tutta la settimana, difficile dire qualcosa di nuovo sulle cause di questi risultati e sugli sviluppi possibili. Anche perché mettersi a fare scommesse e a tentare indovinelli non è consigliabile in una materia ormai così algida e complessa. Tra quanti -oltre la presidente argentina- non hanno resistito alla tentazione di mettere bocca subito sull’argomento, a caldo, senza opportuni paracadute, non manca chi un’osservazione giusta, fondata e realistica l’ha fatta. E’ stato, a nostro parere, il presidente francese Hollande, affermando che la lezione del voto italiano dev’essere meditata soprattutto in Europa. 

E’ questo solo uno degli aspetti, ma ci sembra fondamentale sotto più punti di vista. 

Perché l’Italia è il Paese dove più che altrove persiste il pungolo storico europeista per fede e cultura storica; perché appare manifesto che questo voto-castigo deriva “anche” da intransigenze dogmatiche venute da fuori, che -ovviamente- non esimono la dirigenza italiana dalle sue gravi responsabilità -prossime e remote- e perché a questo punto -piaccia molto o piaccia poco- il futuro dell’Italia pare inscindibile dall’Unione comunitaria che abbiamo contribuito a formare sin dalla sua fondazione. 

Detto questo, cerchiamo di guardare da vicino questi risultati, tentando di dimenticare le infinite filastrocche di sciocchezze (o manifeste cattiverie, figlie spesso d’inguaribile invidia) che abbiamo letto in questi giorni sul caos e sulla definitiva rovina dell’Italia, sulla inesorabilmente guastata psicologia degli italiani e sulla loro pervicace tendenza a mentire e a scherzare col fuoco... 

Anzitutto, quel tanto -poco o molto che sia- di nuovo o sconvolgente o “rivoluzionario” che emerge da questo voto viene proposto democraticamente, con la scheda elettorale, non pugnale in mano e con trame anarchiche. In secondo luogo -sia pure in un contesto italiano ed europeo non certo incoraggiante- la politica italiana ha superato prove che dovrebbero far meditare prima di darci per spacciati. Per esempio: giusto sessant’anni fa, quando non era conclusa la ricostruzione e non c’era stato ancora il boom economico, nell’estate del 1953 -chi ha buona memoria, ricordi- la caduta del centrismo degasperiano provocò serie difficoltà, che fecero parlare -già allora- di panico italiano. Ci vollero mesi per arrivare, dopo il voto del 7 giugno, al governo Pella, previa mancanza di fiducia parlamentare a De Gasperi, a Piccioni... 

Si trattava di tutta un’epoca che volgeva alla fine, dello storico tramonto politico dell’uomo di stato più importante emerso nel tragico dopoguerra. “Ho 73 anni -disse allora De Gasperi- e sono pronto a sacrificarmi”. Linguaggio da dramma, nerissime prospettive di instabilità, in un contesto di sistema democratico incipiente e traballante... 

Tanto per dire e per ricordare. 

Momenti analoghi -e più gravi ancora- ce ne sono stati tanti, in tempi più vicini, che sarebbe lungo enumerare, ma basti questa “antica” citazione della nostra vita democratica, che segnò forse il primo caso, più significativo. 

Memorie, ricordi e citazioni che i più avanti negli anni siamo tenuti a fare e non solo per consolarci delle brutture di questa circostanza, ma solo per indurre a guardare al futuro non sull’ala dell’intransigenza e della superbia -sempre cattivi compagni- ma con uno sforzo per ricercare la capacità di accettare gli errori e le responsabilità che questi risultati ci mettono di fronte. Responsabilità. Ci vuole coraggio per il “mea culpa”, si sa. Ma come dimenticare che il Presidente della Repubblica s’è stancato di chiedere la riforma della legge elettorale, giorno per giorno? L’ha suggerito e reclamato, fino all’ultimo momento utile. “Le riforme da fare” è una frase-ritornello che ha stancato le nostre orecchie per anni, per decenni. Come non detto, non se n’è fatto niente. L’impudicizia pubblica di certi personaggi, gli abusi, le ruberie, l’eccesso di privilegi, gli scandali non dovevano sommare fatalmente il malcontento e la rabbia destinati ad esplodere in qualunque modo canalizzati? Ci voleva tanto a capirlo e a tentare di porvi rimedio? E niente. 

Non ci si può affacciare alla TV e parlare quotidianamente di democrazia, di benessere e di solidarietà e vivere e operare come ai tempi del feudo e dei vassalli, coperti di impunità e di privilegi. La gente prende nota, specialmente quando naviga in contesti gravosi. 

E dunque ora? 

Ora siamo esposti a dure prove. Ora è augurabile che coloro cui compete sappiano recitare il Confiteor sull’Altare della Patria, davanti al Paese e siano capaci non solo di pentirsi e chiedere perdono, ma anche di impegnarsi, in nome della Nazione, per i cambiamenti radicali -le riforme- che si devono fare. Altro che andarsene tutti a casa. Sono stati eletti per operare. E dimostrare che son capaci d’un colpo di reni come non si vede da troppo tempo e come queste circostanze a viva voce reclamano. (Dante Ruscica - Tribuna Italiana /Inform)

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