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venerdì 8 marzo 2013

Eurostat: Il lavoro delle donne e degli uomini

GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA
Osservatorio Inca Cgil per le politiche sociali in Europa
Eurostat: Il lavoro delle donne e degli uomini



BRUXELLES - In occasione della Giornata internazionale della donna, l'Ufficio statistico dell'Unione europea, Eurostat, ha pubblicato una breve raccolta di dati sulla dimensione di genere in materia di occupazione e di conciliazione tra lavoro e vita familiare. I dati si riferiscono all'anno 2011 e riguardano principalmente la presenza delle donne nelle posizioni professionali apicali e la ripartizione del tempo di lavoro in funzione della presenza o meno di figli nel nucleo familiare.

Il primo elemento che viene messo in risalto da Eurostat è la persistente scarsa presenza delle donne tra i quadri e dirigenti d'impresa: 33%. Le più alte percentuali di donne nelle funzioni dirigenziali si registrano in Lettonia (45%), Ungheria (41%) e in Francia 40%). Le più basse a Cipro (15%), in Grecia (23%), a Malta (24%) e in Italia (25%).

Il mondo dell'insegnamento è invece dominato dalla presenza femminile. O quasi. Nelle scuole elementari l'85% degli insegnanti sono donne, con punte superiori al 95% in repubblica Ceca, Slovenia, Italia, Lituania e Ungheria. Ma la presenza femminile regredisce man mano che cresce il livello dell'insegnamento, e quindi il prestigio sociale associato alla professione d'insegnante. Già nella scuola secondaria lo scarto tra uomini e donne diminuisce: quest'ultime rappresentano infatti il 59% del corpo insegnante (63% in Italia). Ma nel mondo accademico le percentuali si ribaltono: nelle università e nelle altre istituzioni d'insegnamento superiore le donne rappresentano infatti solo il 40% dei docenti. Le percentuali più basse si registrano in Repubblica Ceca, Francia e Italia (36%).

Il lavoro a tempo parziale a volte può essere visto sia come uno svantaggio e una forma di discriminazione sul lavoro, sia in alcuni casi come un modo per conciliare meglio lavoro e vita familiare. In un modo o nell'altro, si tratta di un fenomeno tipicamente orientato dalla condizione di genere. Il lavoro a tempo parziale riguarda infatti il 32% delle donne con un figlio di età inferiore a 6 anni (quindi una donna su tre) ma soltanto il 4,5% degli uomini nella stessa condizione familiare. E mentre la percentuale di donne occupate a tempo parziale aumenta in funzione del numero di figli, quella degli uomini resta costante. Per fare un esempio, quasi il 50% delle donne occupate e con più di 2 figli hanno un impiego a tempo parziale, mentre tra gli uomini questo succede soltanto nel 7% dei casi.

Sulla base dei dati pubblicati da Eurostat, ci sembra che sia piuttosto il fattore "discriminazione" a prevalere, e non quello della conciliazione volontaria tra lavoro e famiglia. Un altro modo infatti per favorire la conciliazione è il ricorso ad orari flessibili, fermo restando il tempo pieno e quindi la piena retribuzione. In questo caso i dati Eurostat non mostrano differenze di comportamento tra uomini e donne. I primi, in media, hanno un tasso di occupazione ad orario flessibile de 29%, le seconde del 26%. Le percentuali variano da paese a paese, in funzione anche delle diverse legislazioni nazionali, ma le differenze tra uomini e donne sono in generale minime vanno in entrambe le direzioni. (Carlo Caldarini- www.osservatorioinca.org /Inform )

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