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venerdì 27 settembre 2013

Contributo ai lavori di Marco Fedi (Pd)

CGIE - DOCUMENTAZIONE
Commissione continentale dei Paesi anglofoni extraeuropei a Ottawa

Contributo ai lavori di Marco Fedi (Pd)

ROMA - Nell’impossibilità di partecipare di persona ai lavori della Commissione continentale dei Paesi anglofoni extraeuropei del CGIE (Ottawa 27-29 settembre) il deputato del Pd Marco Fedi, eletto all’estero nella ripartizione dell’Africa-Asia-Oceania e Antartide, ha fatto pervenire alla Commissione il suo contributo, di cui pubblichiamo il testo qui di seguito.

Cara Vice Presidente Mangione, care amiche ed amici componenti la Commissione Continentale dei Paesi anglofoni extra-Europei del CGIE,

desidero innanzitutto scusarmi per la mia assenza, perché i lavori parlamentari non mi consentono di allontanarmi da Roma. Mi permetto comunque di trasmettervi una brevissima nota che spero possa esservi utile per il vostro lavoro.

La prima considerazione che vorrei condividere con voi riguarda la necessità che il Governo Letta continui sulla strada delle macro-riforme e del risanamento economico, affiancando questo percorso con la ripresa degli investimenti per la crescita e per l'occupazione giovanile. Proprio ora che s’intravedono i primi segnali di ripresa, che però ancora non incidono sui livelli di occupazione, sarebbe da irresponsabili fermarsi e dare segnali in controtendenza creando instabilità politica e vuoto di poteri. Questa assunzione di responsabilità tuttavia non può significare che – di necessità – debbano continuare ad essere rinviate le necessarie riforme per le comunità italiane nel mondo e ad essere tagliate le risorse per le politiche ad esse rivolte. Lo diciamo da molto tempo. Per questo credo sia arrivato il momento di fare tutti insieme un bilancio della situazione per ragioni che qui posso solo accennare. E’ in atto da alcuni anni una deriva delle cosiddette politiche emigratorie che si combina con un peggioramento dell’immagine del nostro Paese a livello internazionale, per la gravità della crisi che stiamo attraversando e per il profilo non sempre convincente della nostra classe dirigente. Tutto questo produce disincanto e distacco da parte di milioni di persone d’origine che finora hanno guardato all’Italia con simpatia e disponibilità. È necessario, anzi urgente, dare segnali positivi se non vogliamo che queste grandi energie si disperdano e scivolino lentamente in una condizione di indifferenza e di delusione. In più, siamo alle soglie, se non interverranno fattori traumatici a livello politico-istituzionale, della discussione sulle riforme costituzionali, dalle quali potrebbero derivare conseguenze profonde per il sistema di rappresentanza dei cittadini italiani all’estero. In relazione a questi processi è anche tempo di fare una prima e schietta valutazione sulla capacità della rappresentanza parlamentare di incidere davvero su un progetto complessivo per l'Italia che includa gli italiani nel mondo e, argomento sempre attuale, sulle scelte operative del Ministero degli Affari esteri. Scelte che purtroppo allontanano sempre più la Farnesina dai bisogni dei propri cittadini nel mondo, dal momento che il Ministero degli Esteri continua a privilegiare i costi gestionali ed amministrativi, a scapito dei servizi, a difendere logiche corporative rispetto alla scelta di una effettiva governance complessiva.

Consolati

Abbiamo manifestato negli incontri prontamente promossi dai due Comitati di Senato e Camera la nostra radicale opposizione alle delibere di riduzione del numero dei consolati adottate dal Consiglio di Amministrazione del MAE. È noto, ma ci tengo a ribadirlo, che queste decisioni non solo non sono mai passate per il Parlamento ma non sono state nemmeno preannunciate come il Ministro Terzi si era impegnato a fare nella commissione Esteri della Camera. Se nel nostro caso si trattava di un impegno politico, nel caso della non richiesta di parere al CGIE si è trattato di una vera e propria elusione di un passaggio previsto da una legge dello stato. Anche in questo caso, dobbiamo insistere insieme perché la legge non diventi un optional per chi governa ma un tracciato ineludibile. Comunque, anziché fermarci alle dichiarazioni critiche, ci stiamo impegnando per una riforma della organizzazione dei consolati nel mondo. Una riforma che segua le indicazioni della spending review e migliori l'erogazione dei servizi. Riteniamo che sia possibile mantenere i servizi consolari, magari recuperando anche errori commessi in passato, assicurando la presenza diplomatica nel mondo, senza tagli alla rete, semplicemente rimodulando l'organizzazione degli uffici consolari. Chiediamo al Governo, nella sua collegialità, di assumere questo impegno. Nello stesso tempo, esprimiamo preoccupazione per la possibilità di ulteriori tagli ai Ministeri, ed al MAE in particolare, per la copertura delle modifiche sull'IMU e ci chiediamo in che misura i tagli peseranno sugli italiani nel mondo, che invece dalle modifiche IMU sono nuovamente esclusi. Anche su questi temi abbiamo chiesto attenzione al Governo. Siamo consapevoli del fatto che la Farnesina è stata penalizzata dai tagli e che oggi uno stanziamento dello 0,21% del PIL è largamente insufficiente. Per questa ragione occorre adottare, in pieno e sempre, i principi dellaspending review affiancando alla migliore gestione delle risorse, con invarianza dei servizi, un serio piano di riforme condivise.

IMU

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 31 agosto 2013 il Decreto Legge 102/2013 recante “Disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale“. Il decreto, in 16 articoli, comporta la cancellazione definitiva della prima rata dell’IMU 2013 ”per gli immobili oggetto della sospensione disposta con decreto-legge 21 maggio 2013, n. 54“. Il pagamento, sospeso dal decreto legge n.54, era infatti in scadenza il 16 giugno: la cancellazione definitiva dell’acconto, quindi, annulla l’appuntamento stabilito per il 16 settembre dal primo decreto. Per la cancellazione del saldo, invece, si dovrà attendere l’autunno, con un decreto parallelo alla legge di stabilità. Proporremo emendamenti sia nell'iter di conversione del decreto, a partite dal 24 settembre, che nella legge di stabilità, oltre a lavorare sulla riforma complessiva della fiscalità abitativa nel contesto della nuova service tax, nel cui ambito si porrà anche la questione della tassa sui rifiuti.

Elezioni per Comites e Cgie

Debbono svolgersi entro il 2014. La nostra opzione è che esse avvengano nella prima metà dell’anno per evitare di farle coincidere con gli impegni che l’Italia ha a livello europeo. La Farnesina conferma gli impegni presi, anche in sede di assemblea CGIE, ma lavora su un progetto per il voto elettronico. Deve informarci sulle modalità di voto che intende adottare e sui contenuti di una proposta di cui si parla da mesi ma che nessuno ancora conosce in dettaglio. Dobbiamo evitare che le nuove modalità di voto ci siano proposte all’ultimo minuto affinché gli organismi di rappresentanza possano pronunciarsi in modo approfondito sul progetto.

Informazione

Nell'era della comunicazione globale e locale è doveroso porsi in una logica di confronto tra le istituzioni e i soggetti protagonisti dell'informazione per disegnare una nuova strategia di presenza nel mondo. Dobbiamo innanzitutto migliorare il presente, che significa rivedere i criteri che attualmente ripartiscono esigue risorse a tante pubblicazioni periodiche edite in Italia e nel mondo, che meritano maggiore attenzione e maggiore disponibilità economica. I criteri non possono escludere tante testate che fanno informazione elettronica, radiofonica e televisiva. Il tema di fondo, tuttavia, è un altro: creare una vera rete tra le imprese che fanno comunicazione nel mondo, metterle in condizione di sviluppare piani e progetti comuni, accomunando anche risorse e investimenti, garantendo quindi un sostegno nel coordinamento e nel rapporto con l'Italia. Questa prospettiva, nel medio e lungo termine, può garantire la continuità vera dei quotidiani editi nel mondo, delle iniziative nazionali, trasformandole in iniziative internazionali, collegate o collegabili tra loro e con imprese italiane. Il sostegno alle associazioni, ai gruppi d'interesse, alle comunità locali che producono informazione per i loro iscritti o per comunità territoriali, dovrebbe arrivare anche da altre fonti, da un riconoscimento delle associazioni e del loro insostituibile ruolo, anche nell'informazione. Quindi strumenti normativi diversi per scopi e obiettivi diversi. Infine il pluralismo. Le voci originali vanno tutelate, rafforzate e quindi occorre ripensare il modo in cui valutiamo le differenze e la qualità, incoraggiando anche chi cerca di aprire nuove prospettive nelle lingue locali. Ritengo infine particolarmente urgente una riflessione su Rai Internazionale e sulle sue prospettive.

Working Holiday Visa

Il numero di italiani entrati in Australia con il visto da lavoratore qualificato tra luglio del 2011 e giugno del 2012 è stato di 130. Nello stesso periodo, sono arrivati 64.406 italiani in Australia, con vari tipi di visto temporaneo di breve o lunga durata come il Temporary Resident Visa, lo Student Visa o il Working Holiday Visa. Quest’ultimo, il visto vacanza lavoro, è il visto che permette alle persone sotto i trent’anni di lavorare e vivere in Australia per un anno, fino a due anni se un periodo di lavoro lo si trascorre in aree regionali interne. Tra luglio del 2010 e giugno del 2011, il numero di visti vacanza lavoro concesso a giovani italiani ha subito un incremento del 17%. Il Sole 24 Ore riporta il costo economico di questa perdita. Basandosi sul presupposto che il numero di italiani che hanno trasferito la propria residenza all’estero tramite l‘anagrafe AIRE è di gran lunga inferiore a quanti giovani sono in realtà emigrati, Il Sole 24 Ore riporta una stima di perdita di capitale umano pari a quasi sei miliardi di dollari. Non si tratta solo di una perdita economica per il paese ma anche di ricadute importanti a livello sociale e culturale, che potrebbero essere meno immediate nel manifestarsi e più difficili da quantificare, ma non di meno negative per il nostro Paese.

La prima precauzione, nell'applicazione pratica degli accordi working holiday, è di chiarire le ragioni per cui si richiede il visto: si tratta di un’opportunità formativa, di conoscenza e approfondimento e di studio/lavoro ma non di un lasciapassare per l'emigrazione. Questa, infatti, deve seguire canali più strutturati per evitare che da un lato i giovani italiani siano sfruttati e dall'altro s’indeboliscano gli effetti positivi di questa esperienza. La seconda precauzione è di fissare criteri precisi e di farli rispettare. L'esperienza dimostra che pochi sottoscrivono una polizza sanitaria, invece obbligatoria, e che pochi hanno un conto corrente con il controvalore di 5000 dollari australiani depositati. Anche in paesi convenzionati con l'Italia in materia di copertura sanitaria, generalmente le norme prevedono coperture solo per 6 mesi e sono escluse patologie croniche. Credo che nella stipula di questi accordi debbano essere chiariti questi aspetti e debba esserci un monitoraggio preciso della loro applicazione pratica.

Circoscrizione estero e riforme costituzionali

Il futuro della circoscrizione Estero, ovvero dell'esercizio in loco del diritto di voto che esprime una rappresentanza diretta composta da eletti residenti all'estero, è legato all'iter delle riforme costituzionali. In questi giorni di dibattito politico, da più parti si è levato l’allarme che con il processo di riforme istituzionali sarebbero a rischio i principi e i diritti fondamentali contenuti nella Costituzione. Credo utile partire con alcuni chiarimenti.

Il processo di riforme non riguarda la Prima Parte della Costituzione né intende incidere su principi fondamentali contenuti nella seconda parte. L'idea è di razionalizzare la forma di governo nel solco della Costituzione, per mettere le nostre istituzioni politiche nella condizione di meglio soddisfare le indicazioni contenute nella Costituzione. Se non riusciremo velocemente a mettere Parlamento e Governo nelle condizioni migliori per svolgere le loro funzioni democratiche e politiche, rischiamo di non riuscire a dare le risposte che i cittadini si aspettano per uscire dalla crisi e a non frenare la deriva la deriva di antipolitica che diventa ogni giorni più impetuosa. Non possiamo e non dobbiamo perdere ulteriore tempo. La procedura scelta per le riforme è rispettosa dei principi fondamentali della Costituzione ed è stata proposta per rendere possibile una più effettiva attuazione di quella prima parte della Costituzione che noi continuiamo a considerare la base essenziale delle scelte istituzionali e dell’azione politica. È una procedura che deroga all’articolo 138 essenzialmente sotto due profili: quello della prima discussione delle proposte, che si svolgerà nell’ambito di un comitato paritetico bicamerale, dotato di funzioni referenti, e quello della partecipazione popolare in sede referendaria, che potrà essere promossa anche qualora le leggi di revisione costituzionale verranno approvate a maggioranza dei due terzi dei parlamentari.

Il disegno di legge costituzionale approvato ora anche alla Camera dei deputati non dispone alcuna deroga alla sostanza della Costituzione, né alcuna limitazione delle prerogative delle minoranze, né una qualche limitazione della pubblicità dei lavori, e/o una limitazione del ruolo e delle prerogative dei singoli parlamentari.


Si lavorerà sulla Parte Seconda della Costituzione: forma di Governo, superamento del bicameralismo paritario, riduzione del numero dei parlamentari, disciplina dei rapporti fra Stato, Regioni e altri enti territoriali, e riforma del sistema elettorale.

In attesa di una riforma elettorale coerente con il complessivo processo di riforma costituzionale, le Camere procederanno subito a correggere le principali anomalie della vigente legge elettorale, predisponendo una disciplina “di salvaguardia” in grado di scongiurare, fin da subito, il rischio che il “porcellum” sia ancora applicato.

Il Comitato per le riforme costituzionali è composto da 20 deputati e 20 senatori in modo da rispecchiare la composizione dei gruppi e al tempo stesso ridurre lo squilibrio derivante dal premio di maggioranza previsto dalla vigente legge elettorale. È dunque un Comitato interamente parlamentare, che ha il compito di discutere in maniera coordinata fra i due rami del Parlamento i contenuti della riforma. Avrà funzioni referenti, dovendo cioè istruire il progetto, su cui si pronunceranno le Assemblee di Camera e Senato con gli stessi quorum previsti dall’articolo 138 della Costituzione (maggioranza assoluta o maggioranza dei 2/3). Fermo restando il diritto di ciascun senatore e deputato, anche se non componente il Comitato, di presentare emendamenti, procedure razionalizzate garantiranno tempi certi al procedimento.

Finora abbiamo discusso di procedure. Nel merito io credo che ci sarà il tempo per un confronto ampio di merito. I saggi nominati dal Governo daranno il loro contributo, ma è evidente che poi si dispiegherà la sovranità, la piena sovranità, del Parlamento.

Nel percorso di riforma, quindi, andrà a collegarsi il lavoro svolto dai saggi nominati dal Governo. Tra quelle proposte potremmo avere una collocazione della rappresentanza degli italiani nel mondo solo nel Senato federale oppure una rappresentanza, diversa nella natura al Senato, ma in ogni caso in entrambe le Camere, con una possibile riduzione numerica. Per quanto mi riguarda, credo che non dovremmo accettare l’idea che i rappresentanti dei cittadini italiani residenti all’estero possano essere esclusi dalla camera, vale a dire dalla sede parlamentare in cui si vota la fiducia al Governo e si decidono le politiche fondamentali del Paese. Credo che non In ogni caso, il nostro compito, della rappresentanza parlamentare, del Cgie, dei Comites, sarà quello di seguire la discussione e garantire il nostro contributo di idee anche in questa delicata, quanto irrinunciabile, fase di ammodernamento delle istituzioni.

Internazionalizzazione

Ne parlo alla fine non perché lo consideri l’ultimo degli argomenti, ma piuttosto perché essa dovrebbe rappresentare il filo rosso capace di connettere tutte le politiche emigratorie.

Distinguerei due aspetti, il primo riguardante l’impostazione delle politiche per gli italiani nel mondo, l’altro le scelte organizzative e operative. Sotto il primo aspetto, credo che dovremmo allargare i timidi spiragli che si sono aperti già all’epoca del Governo Monti sull’esigenza di considerare l’internazionalizzazione come l’asse intorno al quale far ruotare la ripresa degli interventi, non solo finanziari ed economici, ma anche culturali e sociali, finalizzati alla ripresa della crescita e dello sviluppo. Si tratta di delineare una nuova filosofia dell’intervento pubblico capace di orientare le scelte fondamentali di un Paese che ha bisogno per la sua stessa sopravvivenza di competere attivamente nel concerto globale. In questa prospettiva, la rete degli italiani all’estero, di nascita e d’origine, rappresenta il miglio differenziale di cui l’Italia possa godere.

Sul piano operativo, il primo passo da fare a me sembra quello di superare la frammentarietà e la settorialità degli interventi, in particolare la barriera tra quelli di natura culturale e quelli di natura sociale e promozionale. Il nostro Paese, quando varca i confini con le sue strutture operative, richiama un detto evangelico: la mano destra non sa che cosa fa quella sinistra. Direzioni generali dello stesso ministero che agiscono in parallelo, senza parlarsi e senza toccarsi; ministeri che si muovono senza dialogo; ICE, ENIT, Camere di Commercio e altri organismi ognuno dei quali persegue il suo limitato obiettivo, il suo piccolo programma; lo Stato da un lato e le Regioni dall’altro. Il contatto poi con le rappresentanze delle nostre comunità è considerato più un appesantimento procedurale che una leva da utilizzare. Ecco, credo occorra partire da questo, vale a dire da un maggiore e più intelligente coordinamento da realizzare per grandi progetti e per aree geopolitiche ben definite, e poi confrontarsi sulle scelte di merito. Il contributo del vostro seminario, ci aiuterà certamente a capire come potremo muoverci concretamente in questa direzione.

Vi auguro buon lavoro. (On. Marco Fedi, III Commissione Affari Esteri e Comunitari, Camera dei Deputati)

Inform

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