STAMPA
ITALIANA ALL’ESTERO
Da “Tribuna
Italiana” di oggi l’editoriale del direttore Marco Basti
Addio alla Circoscrizione Estero?
BUENOS AIRES - Pochi giorni fa il comitato di esperti ai quali è stato chiesto di studiare una serie di proposte per una riforma della Costituzione, ha presentato il suo rapporto. Tra le proposte, anche quella di sopprimere la Circoscrizione Estero e quindi gli eletti tra chi risiede oltreconfine. Si propone però di mantenere il voto all'estero per eleggere candidati nelle liste che si presentano in Italia. Sulla questione vanno fatti due osservazioni prima di aprire un dibattito.
La prima riguarda il quadro politico italiano, che rende difficile l'approvazione non solo e non tanto di questa riforma del voto all'estero, ma di qualsiasi riforma istituzionale. La seconda riguarda l'origine della Circoscrizione Estero e del nostro voto.
Durante decenni le comunità degli italiani residenti all'estero cercarono di mantenere i legami con l'Italia o di riallacciarli quando, a causa delle distanze geografiche e temporali, si erano interrotti.
Negli anni '60 del secolo scorso, l'Italia del miracolo si decise ad ascoltare le domande di attenzione che venivano dall'estero, dagli italiani che, costretti a emigrare, si erano stabiliti in altri paesi, lavorando e sviluppandosi, costituendo famiglie e onorando il nome dell'Italia.
A poco a poco, gli italiani all’estero, tra i quali la forza e le iniziative proposte dalla comunità italiana in Argentina erano considerevoli, riuscirono a convincere l’Italia ad impostare una politica
atta a riallacciare e a sviluppare i rapporti con gli emigrati e con i loro discendenti. Furono anni di dialogo, di dibattiti e battaglie.
Una delle questioni che maggiormente colpivano i nostri dirigenti di allora (tra i quali c’era un giovane Luigi Pallaro) era che pur se tra i loro interlocutori (ministri e sottosegretari degli esteri, parlamentari e qualche autorità delle allora giovani regioni) sembrava che capissero di cosa parlavamo, poi, alla prova dei fatti, le soluzioni ai problemi tardavano a venire. Questo avveniva perché la politica italiana in genere, ci ignorava.
Sarebbe troppo lungo ricordare tutte le tappe, tutte le battaglie combattute perché si riuscisse ad ottenere risposte. Ma per quanto riguarda il tema che ci occupa, diciamo che si rese evidente che dopo che era stata creata una struttura che rappresentasse la realtà degli italiani all’estero, ci voleva anche un gruppo di italiani che conoscesse quale era questa realtà e che potesse portarla nel luogo dove è rappresentato l’interesse del popolo italiano (o almeno così dovrebbe essere) cioè il Parlamento italiano.
Identificato questo obiettivo - cioè votare ed essere eletti - iniziò un lungo cammino per ottenere il riconoscimento del diritto a esercitare il voto, che era riconosciuto dalla Costituzione, ma che non era possibile esercitare all’estero. Mirko Tremaglia assunse la guida di questa battaglia e alla fine riuscì a convincere la politica italiana, ad allargare il fronte dei favorevoli al nostro voto, coinvolgendo praticamente tutti i partiti da destra a sinistra, con poche eccezioni.
Purtroppo questo avvenne agli inizi di questo secolo, quando, piano piano, cominciavano a crescere le difficoltà per l’Italia, dopo decenni di crescita. Il mondo stava cambiando e anche la politica italiana e il Belpaese mutavano, fino alle condizioni attuali. Si può dire quindi che il voto è ancora oggi uno strumento per far arrivare la nostra voce a Roma, e per cercare di cambiare alcune delle annose situazioni di disagio delle nostre comunità.
Uno strumento però che fino ad oggi si è rivelato poco efficace. I nostri problemi, con poche eccezioni, tornano a ripresentarsi quasi come prima.
Perché i problemi della rete consolare, sono sempre all’ordine del giorno, pur se bisogna riconoscere che l’utenza è cambiata e aumentata rispetto ad alcuni anni fa. Perché l’Italia non riesce a impostare una efficace politica di diffusione della sua lingua e della sua cultura che, tra l’altro, dovrebbero essere uno strumento molto efficace per far crescere la sua presenza e la sua importanza politica ed economica all’estero. E non solo non riesce a farlo, ma non riesce nemmeno a far scattare quelle sinergie che offre una rete capillare di associazioni italiane in un paese come l’Argentina.
Quindi il voto e i nostri parlamentari a Roma, sono uno strumento che può essere efficace a patto che siano non solo persone preparate (come ci sembra che siano i nostri deputati e senatori), ma che possano far sentire la loro voce e possano interloquire con chi conta davvero in Italia. Ma anche a patto che l’Italia si renda conto delle possibilità in più che avrebbe se impostasse una efficace politica di rapporti con le comunità italiane all’estero.
Altrimenti continueremo a rimanere sempre al punto di partenza e non mancheranno i “saggi”, che troveranno nei nostri parlamentari la causa dei mali dell’Italia e quindi proporranno, come hanno fatto pochi giorni fa, di eliminare la Circoscrizione Estero. (Marco Basti - Tribuna Italiana del 25 settembre 2013 /Inform)
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