ITALIANI
ALL’ESTERO
Dal
“Messaggero di sant’Antonio”, edizione italiana per l’estero, numero di dicembre
Canada. Da povero che era…
VANCOUVER- Per decenni sono andata alla ricerca di storie
semplici di italiani. Dal Brasile al Guatemala, dal Messico alla California:
quante lezioni di umanità nei personaggi intervistati! Di recente ho scoperto
un’altra persona speciale nello stesso villaggio di pescatori e agricoltori
dove risiedo da due decenni, nella British Columbia. «Ma quando, come e perché
è arrivato a Ladner (villaggio sul delta del Fraser a sud di Vancouver, ndr)?»
chiedo a Beppe Gandola, benestante pensionato, già gestore e proprietario del
ristorante La strada, chiuso qualche anno fa. «È scritto in questo libro»
risponde, facendomi omaggio del suo Out
of the Black Pot, oltre trecento pagine in chiaro e fluido inglese, a
memoria di una vita combattuta con determinazione per riscattarsi da condizioni
di estrema povertà.
«La mia storia ha inizio a Begola, a sei chilometri da
Bellagio, sul lago di Como: è là che sono nato, sesto di sette figli, da papà
Giovanin e mamma Gina» racconta Beppe. Lombardo di nascita, questo ex
ristoratore porta però un cognome di origine veneziana (Gandola è una
storpiatura di «gondola», la tipica imbarcazione lagunare alla cui
fabbricazione si dedicavano gli antenati del nostro protagonista). A metà anni
Quaranta, quando in Italia le ferite del secondo conflitto mondiale erano
ancora sanguinanti, il lavoro scarseggiava e molte famiglie, specialmente
quelle numerose, soffrivano la fame, il freddo e l’isolamento. I nove Gandola
abitavano sulla montagna prospiciente il lago di Como, in una casetta di sassi
costituita da due stanze più un bugigattolo abitato da un asino e una capra.
Tutto intorno si estendeva il bosco, fonte di legna per il focolare, ma anche
riserva di animaletti, castagne, erbe selvatiche e funghi da cucinare in casa,
nell’affumicata pignatta appesa sopra il fuoco (da cui il titolo del libro).
Papà Giovanin riparava ombrelli e, di tanto in tanto, andava in paese a vendere
erbe. Mamma Gina, dopo la nascita dell’ultimogenito Teo, non resse al dolore
per la tragica morte del primo figlio Stefano e fu ricoverata per malattia
mentale. Quanto al sesto figlio Beppe, quando ebbe terminato la quinta
elementare, fu mandato a lavorare in una trattoria a trenta chilometri da casa.
Puliva pavimenti e riempiva bicchieri di vino: quattordici ore al giorno, per
quattro anni. Come dormitorio aveva un sottoscala: «il mio rifugio e un posto
per piangere» ricorda ora il nostro protagonista. Ma da quella durissima prova
nacque il riscatto. Beppe Gandola decise di specializzarsi nel settore
dell’ospitalità e della ristorazione.
Dal Due Torri di Lecco all’Hotel du Lac di Bellagio – dove
il 30 giugno 1963 fu ospitato John Fitzgerald Kennedy, allora presidente degli
Stati Uniti («Mi sorrise e mi strinse la mano. È stato meraviglioso. Avrei
voluto dirgli qualcosa, ma la lingua inglese mi era ancora sconosciuta») –,
Gandola prestò servizio in alberghi prestigiosi. Diventato poliglotta dopo anni
di lavoro in Germania, Belgio e Inghilterra, a metà anni Settanta sposò
l’australiana Sandra e si trasferì in Canada. Portava all’elegante Panorama
Roof dell’Hotel Vancouver l’esperienza maturata al Savoy Hotel di Londra, dove
aveva servito personaggi celebri del cinema e membri di stirpe reale. Comprò
casa a Ladner, dove i figli John e Claire sono cresciuti.
Oggi Beppe e Sandra, dopo una vita di sacrifici e duro
lavoro, scorazzano felici per il Nord America in motor home (camper, ndr), la loro casa
viaggiante.(Anna Maria Zampieri Pan-Messaggero di sant’Antonio, edizione
italiana per l’estero/Inform)
Vorrei comperare questo libro, dove lo posso trovare?
RispondiEliminaQuesto libro puo` essere aquistato direttamente dall'autore a :
RispondiEliminagandola.giuseppe@gmail.com