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lunedì 22 luglio 2013

A Palazzo Giustiniani, “Europei in movimento. La rappresentanza delle comunità nelle istituzioni: una risorsa per i Paesi di origine”

CONVEGNI
A Palazzo Giustiniani, “Europei in movimento. La rappresentanza delle comunità nelle istituzioni: una risorsa per i Paesi di origine”

La relazione introduttiva di Giuseppe De Rita, presidente del Censis. Seguono gli interventi di parlamentari italiani ed eletti all’estero – Renato Turano (ripartizione America settentrionale e centrale) e Francesco Giacobbe (Africa, Asia, Oceania e Antartide), - di Francia e Portogallo, di rappresentanti diplomatici di Spagna e Croazia e del presidente della Fusie, Giangi Cretti

ROMA – È stato il presidente del Censis, Giuseppe De Rita, ad introdurre il dibattito sulla rappresentanza dei connazionali all’estero nel Parlamento italiano - e più in generale sulla rappresentanza dei cittadini residenti fuori dai confini nazionali nelle istituzioni democratiche dei loro Paesi di origine – che ha animato il convegno “Europei in movimento. La rappresentanza delle comunità nelle istituzioni: una risorsa per i Paesi di origine”, promosso da Claudio Micheloni, senatore eletto per il Pd nella ripartizione Europa, a Palazzo Giustiniani venerdì scorso.

De Rita ha richiamato alcune delle caratteristiche del contesto sociale che determinarono l’elaborazione della proposta di legge sul voto degli italiani emigrati nei Paesi di residenza. Alla base della proposta, “anni, come quelli tra la fine del decennio del 1970 e l’inizio degli anni ’80, in cui, a fonte di una crescita del flusso di immigrati in Italia, cresce l’ansia di tenere legati al Paese gli emigrati, di ribadire l’identità italiana in un contesto di crescita economica, che porta l’Italia ad assumere un ruolo di rilevanza in ambito europeo e internazionale”. Per De Rita si compie con la legge la scelta di dare rappresentanza ad una collettività di emigrati di tipo “pauperista”, tenendo conto della necessità di riconoscimento dei “diritti basilari” di una fascia di popolazione che era partita spesso in condizioni di indigenza, “con la valigia di cartone”, identità cui conseguiva un determinato senso di appartenenza al Paese di origine, connotato per lo più da legami nostalgici e interessi di tipo assistenzialistico. Identità, appartenenza ed interessi che oggi sono molto cambiati – rileva il presidente del Censis – rendendo quindi indispensabile un ripensamento della legge sulla rappresentanza degli italiani all’estero. “I connazionali presenti nel mondo sono professionisti, imprenditori, cui si affiancheranno nei prossimi anni sempre più giovani che desiderano formarsi all’estero. Nello stesso tempo l’Italia è cambiata, non esporta più solo prodotti ma anche un modo di fare cultura, uno stile di vita riconosciuto in tutto il mondo – afferma De Rita, chiarendo come il ripensamento del sistema di rappresentanza debba passare attraverso una ridefinizione di questa identità, “che oggi appare sfocata, così come i suoi interessi e il senso di appartenenza”.

Contrario ad una netta distinzione tra “nuova e vecchia emigrazione” Renato Turano, senatore eletto per il Pd nella ripartizione America settentrionale e centrale: “forse un tempo si lasciava l’Italia con gli strumenti del proprio mestiere, invece che con la laurea, ma chi parte lo fa sempre per cercare di migliorare le condizioni di vita sue personali e quelle della sua famiglia – afferma, sollecitando a guardare ai residenti all’estero come agli stessi cittadini italiani, “residenti su un territorio diverso, che potremmo considerare un’altra regione”. “Noi non siamo né sprechi, né costi per l’Italia, siamo connazionali che non chiedono nulla al Paese, ma vogliono dare un contributo a risolverne i problemi, come quelli del lavoro o le questioni poste dall’immigrazione – afferma Turano, ribadendo come all’estero “i nostri figlia hanno identità italiana e senso di appartenenza al Paese”, “identità e senso di appartenenza – conclude – che noi gli abbiamo trasmesso e che abbiamo la responsabilità di conservare”.

“Le politiche pubbliche rivolte ai francesi all’estero sono indispensabili per alimentare il senso di appartenenza nazionale nutrito dai nostri residenti all’estero – afferma il senatore francese Jean-Yves Leconte, relatore della proposta di legge recentemente approvata dal Parlamento d’oltralpe sulla rappresentanza dei francesi all’estero. Dal 2008 – spiega Leconte – oltre ai 12 senatori eletti dall’Assemblea dei francesi all’estero – organismo omologo al Consiglio generale degli italiani all’estero (Cgie) – i cittadini residenti fuori dai confini nazionali eleggono 11 deputati per ripartizioni articolate sui territori di residenza. Il voto può essere espresso in modalità elettronica e riguarda anche la scelta del capo dello Stato. Leconte esprime soddisfazione per l’approvazione della legge, anche se ammette che il sistema di rappresentanza inizialmente previsto abbia subito un ridimensionamento per ottenere l’approvazione da parte del Parlamento. Ritiene la presenza di rappresentanti dei francesi all’estero nei due rami del Parlamento indispensabile per concorrere all’approvazione delle leggi e la rappresentanza sancita nel 2008 “stabilizzata” nel sistema istituzionale. Necessario per Leconte anche un coordinamento europeo di queste forme di rappresentanza, anche per intervenire su materie come la politica fiscale, che dovrebbe essere armonizzata tra gli Stati membri dell’Unione per non gravare come oggi in particolare sulla mobilità europea. Meno ottimista sulla stabilizzazione del sistema di rappresentanza dei francesi all’estero la senatrice Joëlle Garriaud Maylam, che segnala sulla questione anche in Francia “tensioni che non dobbiamo sottovalutare” e che “nulla va dato per scontato”. Per Maylam c’è dunque il rischio che anche nei Paesi più sensibili a garantire questa forma di rappresentanza si prospettino dei passi indietro, dovuti anche ad interventi legislativi poco coraggiosi sulla materia. La senatrice lamenta in particolare l’abolizione in Francia del voto per corrispondenza e la sua sostituzione con il voto elettronico, sistema che penalizza in particolare i più anziani e rischia di incidere sulla partecipazione, generando di riflesso polemiche sul voto all’estero. “È necessario creare una lobby per questa forma di rappresentanza a livello europeo. Da anni – aggiunge - propongo la creazione di una struttura istituzionale in Europa per i residenti all’estero, perché è molto importante lavorare insieme e vigilare affinché non si compiano passi indietro”.

Illustrato dal consigliere d’ambasciata Antonio Garcia Ferrer il sistema di rappresentanza spagnolo per i connazionali all’estero. “Essi votano per i candidati che si presentano nella loro provincia di origine, in Spagna. È necessario, preliminarmente al voto, indirizzare la propria richiesta alla Provincia, operazione che può essere fatta anche via internet, per ricevere il materiale necessario al momento delle elezioni – spiega Ferrer, segnalando come il voto possa essere espresso per corrispondenza, inviando il materiale autenticato con un documento di riconoscimento al consolato, oppure recandosi di persona allo stesso consolato. “Si tratta di una procedura – rileva il consigliere spagnolo – che offre la massima garanzia di trasparenza”.

Per il Portogallo interviene il deputato Paolo Pisco, eletto dai portoghesi all’estero, che segnala la presenza dal 1974 nel Parlamento portoghese dei rappresentanti eletti dai connazionali residenti fuori dai confini nazionali, 2 per i residenti in Europa e 2 per gli extra-europei. “Esiste poi un segreteria di Stato per i portoghesi all’estero, che dipende dal Ministero degli Esteri, ma poiché la politica si occupa prevalentemente delle questioni interne, spesso questa segreteria non viene considerata al pari delle altre – afferma Pisco, ribadendo invece la rilevanza economica e culturale dei cittadini residenti all’estero, “che hanno legami effettivi, oltre che affettivi, con il Paese di origine”. “Sono circa 5 milioni i portoghesi all’estero e molti di loro hanno interessi nel nostro Paese. Nn capisco – aggiunge - come si possa mettere in dubbio la rappresentanza di cittadini residenti all’estero; ovunque essi risiedano è lo Stato a dover garantire loro la possibilità di essere rappresentati e anche coloro che non sono iscritti alle liste elettorali devono essere rappresentanti”, Il voto per il parlamento nazionale si esprime per corrispondenza, “nessun sistema è comunque perfetto - precisa il deputato. Per la Croazia interviene invece l’ambasciatore in Italia Damir Grubiša, che si sofferma sulla consistenza della collettività di lingua italiana in Croazia – 25.000 autoctoni (17.000 circa con cittadinanza italiana) che arrivano a 45.000 includendo gli italofoni, - rappresentata in Parlamento da uno tra gli 8 componenti delle diverse etnie presenti nel Paese. “La democrazia non è solo rappresentanza, ma anche partecipazione, per cui il nostro fine deve essere quello di innalzare sempre più il livello dei diritti garantiti, e non accontentarci della reciprocità – afferma l’ambasciatore, sottolineando come l’esercizio di voto degli italiani all’estero abbia avuto positive ripercussioni sulla vivacità della vita pubblica croata, alimentando partecipazione ed interesse per la politica. Fattore decisivo per la crescita democratica della Croazia l’ingresso del Paese nell’Unione Europea, il 1° luglio 2013: “la promozione della cittadinanza europea – afferma l’ambasciatore - ci ha aiutato a superare il particolarismo e il nazionalismo, consentendoci di pensare ad un livello di sovranità più elevato, che non è quello dello Stato, né tanto meno quello dello Stato etico, ma piuttosto è la sovranità dei cittadini”.

Sulla relazione di De Rita è tornato l’intervento di Giangi Cretti, presidente della Fusie (Federazione unitaria stampa italiana all’estero) e consigliere del Cgie, che ha rilevato come l’evoluzione delle collettività italiane all’estero si ripercuota sull’evoluzione delle loro necessità, che oggi sono interessi verso cui guardare con logiche diverse da quelle di stampo “paternalistico” o “assistenzialistico” evocate dal presidente del Censis. Diversità che si coglie anche nelle recenti audizioni del Comitato per le questioni degli italiani all’estero del Senato – in particolare quelle con i rappresentanti di Assocamerestero – e nella costituzione alla Camera di un Comitato per gli italiani nel mondo e per la promozione del sistema Paese (vedi Inform del 17 luglio: http://comunicazioneinform.blogspot.it/2013/07/istituito-il-comitato-permanente-sugli.html). Per Cretti è però necessario, soprattutto per l’incisività di azioni di promozione economica, “fare sistema”, mentre spesso prevale una dinamica competitiva cui non giova la disarticolazione delle competenze istituzionali. “Dobbiamo riflettere sull’importanza di tutto il sistema della rappresentanza e non solo su quella parlamentare – aggiunge Cretti, sottolineando come un livello di composizione degli interessi intermedio, garantito da organismi come il Cgie, sia indispensabile affinché non finisca per prevalere in Parlamento “quella logica dei micro-interessi richiamata da Anna Finocchiaro”, presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato, intervenuta nel corso della mattinata.

Francesco Giacobbe, senatore eletto per il Pd nella ripartizione Africa, Asia, Oceania e Antartide, rileva come l’emotività che ha caratterizzato in gran parte il dibattito legato all’approvazione della legge sull’esercizio di voto all’estero non possa più caratterizzare il dibattito di oggi. “Il mondo è molto cambiato in questi anni e, con esso, anche la nostra identità di italiani all’estero, integrata nei Paesi in cui abbiamo deciso di vivere”. “Noi possiamo oggi aiutare l’Italia a risolvere molti dei problemi che l’affliggono – afferma Giacobbe, - possiamo contribuire a migliorare l’organizzazione e la distribuzione delle risorse, l’organizzazione del Parlamento, a risolvere i problemi sociali di un Paese che sta diventano multiculturale e i suoi problemi economici, contribuendo all’accesso in molti mercati importanti”.

Ha concluso il dibattito della mattinata, cui sono intervenuti anche il ministro per le Riforme costituzionali, Gaetano Quagliariello, il vice presidente del Parlamento europeo, Gianni Pittella e il promotore dell’iniziativa Micheloni (vedi Inform del 19 luglio: http://comunicazioneinform.blogspot.it/2013/07/convegni-palazzo-giustiniani-europei-in.html) , Stefania Giannini, senatrice di Scelta Civica membro del Comitato per le questioni degli italiani all’estero del Senato, che ha ribadito l’importanza dell’aspetto culturale dell’emigrazione, “aspetto non accessorio nel rapporto tra Stato e cittadini residenti all’estero”. Un profilo che deve concorrere, insieme a considerazioni politiche ed economiche, alla riflessione sul modello di rappresentanza di cui si discute. “La comunità italofona ci impone una riflessione sul concetto stesso di comunità cui vogliamo garantire la rappresentanza – afferma Giannini, - intesa come dimensione più ampia e svincolata dall’esclusivo legame territoriale, corroborata da fattori di scambio economico e culturalmente connotata, specie dal punto di vista linguistico”. “È questo nuovo modello di comunità che deve essere posto alla base della questione della rappresentanza”. (Viviana Pansa – Inform)

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