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venerdì 19 luglio 2013

Difficile il riconoscimento della cittadinanza ai figli di donne sposate con cittadini stranieri prima dell’entrata in vigore della Costituzione

CAMERA DEI DEPUTATI
 
Alla Commissione Affari Costituzionali il sottosegretario all’Interno Manzione ha risposto all’interrogazione delle deputate del Pdl Centemero e Gelmini
Difficile il riconoscimento della cittadinanza ai figli di donne sposate con cittadini stranieri prima dell’entrata in vigore della Costituzione

Solo una modifica legislativa, ricompresa nel quadro di un intervento di riforma della materia, consentirebbe il riacquisto in via amministrativa

ROMA - L’annoso problema del riconoscimento della cittadinanza italiana ai figli di donne che l’avevano perduta avendo contratto matrimonio con cittadini stranieri prima dell’entrata in vigore della Costituzione (1 gennaio 1948) è riemerso in seguito ad una interrogazione delle deputate Elena Centemero e Maria Stella Gelmini del Pdl, cui ha risposto ieri in Commissione Affari Costituzionali il sottosegretario all’Interno Domenico Manzione.
In effetti - ha spiegato il sottosegretario - la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 4466 del 25 febbraio 2009, sulla base anche delle sentenze della Corte Costituzionale n. 87 del 1975 e n. 30 del 1983, ha stabilito il riconoscimento dello status di cittadino italiano anche ai figli di donne che hanno perso la cittadinanza, senza concorso di volontà propria, in conseguenza del matrimonio con cittadini stranieri, contratto antecedentemente al 1o gennaio 1948.
Per l'applicazione di detto principio la stessa Corte di Cassazione ha evidenziato l'esistenza di un «doppio binario», in sede amministrativa e giurisdizionale, per la tutela del diritto al riconoscimento della cittadinanza.
La richiesta in via amministrativa, tuttavia, incontra vincoli procedimentali posti dalla normativa vigente, costituiti in primo luogo dalla necessità di acquisire la dichiarazione con la quale l'interessata chiede di riacquistare la cittadinanza italiana, così come espressamente previsto dall'articolo 219 della legge n. 151 del 1975.
In sede giudiziale, invece, gli interessati possono adire il giudice ordinario per ottenere il riconoscimento della cittadinanza senza particolari limitazioni. È sufficiente, infatti, dimostrare di essere nati da cittadina italiana che abbia perso la cittadinanza, ai sensi dell'articolo 10 della legge 555/1912, per effetto del matrimonio contratto con un cittadino straniero e che non venga eccepita l'esistenza di una rinuncia a tale status.
Il Governo nella piena condivisione dei principi affermati dalla giurisprudenza, ha sviluppato ogni possibile approfondimento per poter applicare, anche in via amministrativa, quanto stabilito dalla Suprema Corte per il riconoscimento in sede giudiziale.
Sono, tuttavia, emerse alcune difficoltà attuative che non consentono di superare i limiti procedimentali imposti dalla legislazione vigente, essenzialmente riconducibili alla necessità di acquisire la citata dichiarazione di volontà da parte delle donne interessate.
In tale contesto, solo una modifica legislativa, ricompresa nel quadro di un intervento di riforma della materia, fornirebbe la soluzione del problema.
Il Governo  - ha concluso Mantione - non mancherà, pertanto, di fornire il proprio apporto all'esame delle numerose proposte di legge sulla specifica materia, attualmente all'esame di questa stessa Commissione, consapevole dell'importanza e della delicatezza della questione, alla quale si connettono le aspettative di tanti connazionali di vedersi riconosciuto il legame mai interrotto con il loro Paese di origine. (Inform)

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