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mercoledì 3 luglio 2013

Fancy Food Show. Assalto al padiglione italiano

STAMPA ITALIANA ALL’ESTERO
Da America Oggi, 2.7.2013

Fancy Food Show. Assalto al padiglione italiano

NEW YORK - C'è una spiegazione pratica al superaffollamento nel padiglione italiano al Summer Fancy Food Show: qui gli operatori americani del settore vanno sul sicuro nella scelta tra la straordinaria varietà di prodotti d'eccellenza in vetrina da proporre ai consumatori per un salutare pasto tutto italiano, dall'aperitivo fino al dolce e caffè.

Ieri c'è stata la visita ufficiale alla fiera al Javits Center del console generale Natalia Quintavalle e del direttore dell'Ice di New York, Paolo Celeste, entrambi al battesimo del Fancy Food.

In oltre un paio d'ore i rappresentanti delle istituzioni sono però riusciti a percorrere a stento soltanto un paio di corridoi di espositori, invitati ad uno stand dopo l'altro da titolari di aziende piccole e grandi che, oltre ad offrire degustazioni dei propri prodotti, intrattenevano la conversazione per raccontare la loro storia.

"È la prima volta che partecipo al Fancy Food e devo dire che merita il nome, perché è una gioia per gli occhi e per il palato. C'è una presenza italiana così imponente, così bella e qualificata, che veramente è un piacere essere qua e vedere l'idea che c'è questa produzione di cose buone e belle che rappresentano bene il nostro Paese", è stato il commento a caldo del ministro Quintavalle.

Il padiglione italiano allestito dall'Ice è quello con la maggiore superficie espositiva che comprende 300 aziende, tra cui alcune anche piccole venute anche singolarmente e che partecipano per la prima volta.

"Ci sono anche i consorzi - ha precisato Quintavalle - e questo è un altro aspetto importante della presenza italiana in fiera, perché significa anche che effettivamente le realtà aggregative hanno anche una funzione. È proprio la presenza dell'Italia nell'ambito della cultura del cibo".

Domenica, giorno di apertura del Fancy Food Show, il Javits Center è stato preso d'assalto da una folla di visitatori, rigorosamente del settore, che ha superato anche le più rosee aspettative.

"Almeno i nostri espositori sono contentissimi. Già anche oggi si vede una forte presenza di persone interessate che puntano a capire cosa possono fare per commercializzare questi prodotti e quindi direi che sta avendo un notevole successo il ritorno a New York".

Anche il neo commissioner dell'Ice è alla prima esperienza sul campo al Javits Center ed si è detto entusiasta dopo aver tastato il polso degli espositori.

"Come Fancy Food è la mia prima esperienza in assoluto ed è una esperienza che ben va aldilà di tutte le più rosee aspettative, perché noi vaniamo da un periodo molto difficile per l'Ice, quindi il fatto che potessimo fare una fiera così importante come prima quando le vicende dell'Ice erano rosee, è una cosa che mi inorgoglisce particolarmente. Anche perché - ha sottolineato Celeste - nella bellissima manifestazione che abbiamo visto non c'è un euro dello Stato. Questa è una fiera che si regge sulla grande professionalità che l'Ice ha accumulato negli anni".

Il direttore ripercorre la storia delle fiere organizzate dall'Ice, ente nato nel 1926.

"Mi dispiace fare un po' di archeologia - ha aggiunto sorridendo -, ma le prime fiere erano quelle di Amburgo del 1938 in cui portavamo i prodotti della terra italiana. Quindi, partendo da queste esperienze, partendo da pochi formaggi, dal fiasco di vino a qualche tipo di pasta, siamo arrivati oggi ad esporre 300 imprese in due spazi differenti".

Celeste ha fatto osservare che entrando al Fancy Food Show il visitatore entra in Italia "con tutte le sue varietà, con prodotti di tutti i tipi di tutte le regioni. Non manca veramente nulla per fare apprezzare il prodotto italiano".

Non mancano le iniziative collaterali allo show del Javits Center, infatti l'Ice ha allestito un programma di promozione chiamato "Dine Out" che vede coinvolti quasi due dozzine di ristoranti italiani.

"A rafforzare la presenza alla fiera, c'è un Italian Dine Out che dura 11 giorni in cui abbiamo coinvolto 23 ristoranti italiani a proporre ai clienti americani i pasti dei menù specializzati per regione, a prezzo fisso: tre portate 26 dollari a pranzo e 40 a cena, in cui tutti potranno una volta al giorno provare un menù diverso regione per regione. E questa iniziativa - ha precisato - sta avendo una risposta entusiastica, anche perché abbiamo pubblicizzato l'iniziativa su un tabellone posto a Times Square".

Paolo Celeste ha osservato che nei primi 4 mesi di quest'anno le importazioni americane sono diminuite da tutto il mondo e sono stazionarie intorno allo 0,12, mentre crescono del 5,5 per cento le importazioni dall'Italia e uno dei comparti che più sta crescendo nei 12 miliardi di dollari di valore delle importazioni, è proprio quello del vino e dell'agroalimentare.

"È un momento in cui gli americani, forti anche di un accenno di ripresa che li vede protagonisti come al solito, continuano e riprendono un certo tipo di consumi".

E l'Italia si presenta con una marcia in più e gode della popolarità dei suoi prodotti di qualità da costa a costa.

"L'Italia ha sicuramente una tradizione, una cultura di food che è talmente tanto importante che è inserita nell'Anno della Cultura italiana negli Stati Uniti. Ma poi - ha aggiunto - ha anche una varietà incredibile. E per un consumatore avido di curiosità come quello americano, il cibo italiano, pur di un paese così piccolo, è estremamente interessante perché è estremamente vario e sano".

I produttori italiani sono entusiasti dell'evento, ma mostrano un pizzico di dente avvelenato e si augurano che i governi italiano ed americano affrontino il detestato e dannoso fenomeno dell'Italian Sounding, del falso prodotto originale italiano.

"Ce lo auguriamo tutti - ha commentato Celeste -, perché il fenomeno di Italian Sounding colpisce le aziende. Prima ancora di farne un discorso di soldi, diciamo che se si assaggia un prodotto che sembra italiano, ma non lo è, non è buono, è diverso. Quindi, la prima cosa è un fatto proprio di palato, in secondo luogo è un fatto di salute. Non diciamo che si deve comprare i prodotti italiani perché siamo italiani - ha precisato -, ma perché i prodotti italiani sono fatti in un certo modo e danno una garanzia. Il falso fa male alla salute e fa male ovviamente anche al business, perché un'azienda che potrebbe vendere quel prodotto artigianale, in quel momento viene penalizzata". (Riccardo Chioni -America Oggi del 2 luglio 2013 /Inform)

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