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venerdì 26 luglio 2013

Primo numero monografico su “L’immigrazione asiatica in Italia. Presenze, lavoro, rimesse”

AFFARI SOCIALI INTERNAZIONALI
Presentata a Roma la nuova serie della storica rivista

Primo numero monografico su “L’immigrazione asiatica in Italia. Presenze, lavoro, rimesse”

L’ambasciatore Adriano Benedetti ripercorre la storia della rivista. Il neo direttore Franco Pittau: “Queste iniziative culturali non devono morire perché sono una risorsa per l'Italia”

ROMA - Dopo cinque anni di silenzio torna “Affari sociali internazionali” con il suo primo numero trimestrale “L’immigrazione asiatica in Italia. Presenze, lavoro, rimesse”.

La rivista, presentata ieri all'Auditorium di via Rieti a Roma, è a cura del Centro Studi IDOS/Immigrazione Dossier Statistico e questo primo numero è promosso da MoneyGram.

Lo storico trimestrale fu fondato nel 1973, edito da Franco Angeli. La storia della rivista la ripercorre, nel suo intervento alla presentazione, l'Ambasciatore Adriano Benedetti, già Direttore Generale Italiani all'estero e Politiche migratorie Ministero degli Affari Esteri: «Nata nel 1973 come iniziativa del Ministero, era finalizzata ad approfondire i temi dell'emigrazione italiana. Erano i temi connessi in particolare alla mobilità sociale all'interno dell'Italia e all'estero, che all'epoca aveva una dimensione notevole. La rivista - prosegue l'Ambasciatore - doveva essere una sorta di foro in cui gli approfondimenti di carattere tecnico, scientifico e intellettuale. Doveva essere uno strumento a favore, in particolare, dell'Amministrazione Pubblica. Poi gli anni sono passati, la rivista si è consolidata e, con il differenziarsi dei flussi di mobilità internazionale, prese atto del cambiamento dell'Italia che era diventata non più Paese di emigrazione ma d’immigrazione. La rivista era collegata alla direzione generale dell'Emigrazione, prima, e poi degli Italiani all'estero ma con l'evolvere delle condizioni economiche del bilancio dello Stato, la configurazione di equilibri diversi, sia burocratici che politici, si arrivò al 2008 quando venne decisa la revoca del contributo ministeriale e l'editore Angeli decise di sospendere le pubblicazioni».

Oggi “Affari Sociali Internazionali” ritorna con una nuova veste: «Sarà uno strumento per approfondire il fenomeno migratorio in un'ottica internazionale -spiega Franco Pittau, il neo direttore del trimestrale- Siccome le risorse economiche in questa fase iniziale sono scarse abbiamo pensato che fosse più facile fare dei numeri monografici che possano attirare l'interesse di investitori. Speriamo di poter andare avanti con molta umiltà e tenacia, abbiamo aspettato cinque anni ma ora pensiamo di aver riaperto per continuare». 

Lo stesso Ambasciatore Benedetti, che ben conosce l'anima del trimestrale, si dice molto soddisfatto del lavoro di Pittau: «L'iniziativa di recuperare questa testata e di dedicarla in particolare all'immigrazione credo sia lodevole e merita ogni appoggio. Può dare delle buone occasioni di approfondimento e sensibilizzazione a proposito di questo tema che è centrale per la vita nazionale».

Questo primo numero della nuova serie osserva l'immigrazione asiatica in Italia analizzando i dati sulle presenze, sul lavoro e sulle rimesse, cioè il denaro che i lavoratori spediscono verso il proprio Paese. La ricerca è stata presentata dalle curatrici Ginevra Demaio e Maria Paola Nanni.

In Europa l’immigrazione asiatica è iniziata intorno agli anni ’70 mentre nei paesi del Mediterraneo è arrivata intorno alla metà degli anni ’80, in risposta alla richiesta di manodopera aggiuntiva nei servizi, in particolare nella collaborazione domestica. Oggi i migranti asiatici sono il secondo flusso continentale più grande e l'Europa è per gli asiatici la seconda meta dopo gli Stati Uniti. 

Gli archivi Eurostat sui residenti iscritti nelle anagrafi nazionali accreditano la presenza asiatica nell’UE all’inizio del 2012 intorno ai 4,1 milioni di persone: Germania, Regno Unito e Italia sono i tre Paesi che da soli ospitano il 61,0% dei residenti asiatici.

Si è trattato soprattutto di arrivi per motivi di istruzione (40,5%) e per ricongiungimento familiare (26,4%), mentre il lavoro, fino ad alcuni anni fa principale motivo di ingresso, è sceso al 20,% e le diverse forme di protezione si sono attestate sul 4,7%. In Italia gli immigrati asiatici, che agli inizi degli anni ’90 erano appena 100mila, agli inizi del 2012 hanno raggiunto il numero di 942.443 titolari di permesso di soggiorno, con un incremento di quasi nove volte nell’arco di un ventennio. I cinesi sono la terza collettività, con oltre 277mila soggiornanti (preceduti solo da marocchini e albanesi), i filippini quinti con 152mila soggiornanti, gli indiani settimi con 145mila presenze, i bangladesi si collocano all’11° posto (106mila), gli srilankesi al 13° (94mila persone) e i pakistani al 14° (90mila).

Gli alunni asiatici iscritti nelle scuole italiane sono 119.346, per la quasi totalità di cittadinanza cinese, indiana, filippina, pakistana, bangladese e srilankese.

Tra il 2008 e il 2011 gli occupati asiatici registrati dall’Inail sono aumentati di oltre un quarto (+26,5%). Ad essere maggiormente al riparo dagli effetti della crisi sono soprattutto i lavoratori inseriti nel comparto agroalimentare, in larga maggioranza indiani (che lavorano in questo ambito nel 29,9% dei casi) e, in seconda battuta, quelli attivi nel settore della collaborazione domestica e familiare. Si tratta, in questo secondo caso, soprattutto di srilankesi e filippini, entrambi massicciamente canalizzati verso tale comparto, nella misura rispettivamente del 31,3% e del 38,7%. I più penalizzati appaiono invece i lavoratori pakistani, per la tendenziale concentrazione nel settore industriale (vi lavorano nel 39,9% dei casi), e soprattutto nel ramo metalmeccanico e in quello edile, entrambi duramente colpiti dalla crisi.

Dall'Italia partono quasi quattro miliardi di euro diretti verso l'Asia che i lavoratori inviano alle famiglie nel loro Paese d'origine. In Italia il 52% delle rimesse del 2011 è stato inviato in Asia, con un aumento del 23,4% rispetto all’anno precedente. Principale Paese di destinazione è la Cina (2,5 miliardi di euro), seguita da Filippine (601 milioni di euro), Bangladesh (290) e India (206).

Un’inversione di tendenza ha caratterizzato il 2012, durante il quale i flussi di rimesse inviati dall’Italia in Asia sono diminuiti del 4%, attestandosi poco al di sopra dei 3,7 miliardi di euro.

«Il nostro interesse verso il fenomeno delle immigrazioni nasce da due elementi principali. Il primo è il fatto che sono nostri clienti per cui, come ogni azienda, conoscere meglio i propri clienti significa fornire un servizio migliore. Il secondo è quello di contribuire a una maggiore integrazione delle popolazioni straniere in Italia fornendo maggiori informazioni al pubblico». Massimo Canovi, vice presidente della MoneyGram per il Sud Mediterraneo, spiega così le ragioni che hanno spinto la multinazionale di servizi finanziari che si occupa di rimesse a promuovere la pubblicazione.

Ogni anno, inoltre, la società organizza il “MoneyGram Award” che premia, come spiega lo stesso Canovi «gli stranieri che dimostrano capacità di impresa, entusiasmo e successo nella sua attività imprenditoriale in Italia. E mi sorprende sempre che queste iniziative non diminuiscono in fase di recessione».

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Alla presentazione all'Auditorium hanno partecipato anche alcuni imprenditori stranieri che hanno portato al pubblico la loro testimonianza ed è stato presentato il lungometraggio “Il futuro è troppo grande” dei registi Giusy Bucceri e Michele Citoni. Il film è ancora in fase di elaborazione ed è possibile contribuire economicamente attraverso il sito www.produzionidalbasso.com.

«Speriamo di poter andare avanti con molta umiltà e tenacia - ha concluso Franco Pittau, - abbiamo aspettato cinque anni ma ora pensiamo di continuare. Affari Sociali Internazionali risorge nel suo quarantesimo anno di vita e queste iniziative culturali non devono morire perché sono una risorsa per l'Italia. Dobbiamo trovare il coraggio per andare incontro al futuro rivalorizzando quello che è stato fatto nel passato».



Ha chiuso l'incontro Natale Forlani, direttore generale Immigrazione e Politiche Integrazione del Ministero del Lavoro. «L'Italia negli ultimi 15 anni ha avuto un aumento della presenza straniera del 300%. Per valutare la condizione degli immigrati in Italia bisogna far riferimento alle statistiche europee, ovvero a quello che gli altri dicono di noi. E ci dicono due cose: che tutto sommato, nonostante noi siamo un paese oggetto di immigrazione recente, gli indici di integrazione in molti campi, come ad esempio la scuola, l'occupazione, la casa e l'accesso ai servizi sanitari, sono buoni. La seconda è la percezione del fenomeno dell'immigrazione che in Italia è migliore della media di quella di molti Paesi europei. In Italia c'è tanto da migliorare: la crescita degli ingressi di stranieri non è stata gestita molto bene in Italia. Ci siamo trovati impreparati e non abbiamo la cultura politica attiva del lavoro. C'è sicuramente la priorità di ridare il lavoro a chi lo perde quando, per esempio, questi sono dei lunghi soggiornanti. I flussi dall'esterno devono qualificarsi di più - ha concluso Forlani -, dobbiamo importare manodopera meno generica e più qualificata». (Debora Aru -Inform)

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