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venerdì 29 novembre 2013

L’Aquila: “Back to the street - La pellicola torna in strada”


MOSTRE FOTOGRAFICHE
Dal 30 novembre al 15 dicembre
L’Aquila: “Back to the street - La pellicola torna in strada”
Braschi, Cardarelli, Di Scipio, Esposito, Pietropaoli in mostra alla Galleria Viaroma

L’AQUILA – Aprirà il 30 novembre dalle ore 17 alle 20, nella Galleria Commerciale Viaroma a L’Aquila, e rimarrà aperta tutti i giorni nel medesimo orario fino al 15 dicembre, la Mostra fotografica collettiva “Back to the street – La pellicola torna in strada”, degli artisti Mauro Branchi, Luca Cardarelli, Stefano Di Scipio, Marco Esposito e Pier Luigi Pietropaoli. La mostra si articola nell’esposizione di 12 foto per ogni artista, delle medesime dimensioni e con identico allestimento. Tema di fondo la “fotografia di strada”, sul quale ciascun artista si è espresso secondo la propria sensibilità e cifra personale. Rigorosamente in bianco e nero, le immagini sono scattate con macchine analogiche e stampate su carta baritata, in camera oscura. Molta l’attesa per questo evento che mette in parallelo cinque artisti di esperienza e provenienza diverse in un’iniziativa culturale stimolante.  
La street photography, o “fotografia di strada", è una sensibilità, più che un genere di fotografia, che con scatti estemporanei mira a cogliere soggetti, luoghi, ambienti ripresi nella loro realtà e spontaneità, in contesti urbani frequentati dalla gente d’ogni giorno. Niente di costruito, dunque, e pose studiate, neanche a pensarci. Nata a Parigi verso la fine dell’Ottocento, la “fotografia di strada” ebbe in Eugene Atget (Libourne, 1857 – Parigi, 1927) il suo vero antesignano. Atget ebbe un ruolo fondamentale nel promuovere strade e scorci della capitale francese come soggetti da immortalare con le sue immagini fotografiche. Già qualche anno prima del 1890, quando Atget iniziò, il fotografo scozzese John Tomson aveva cominciato a imprimere su pellicola immagini di vita quotidiana colte dalla strada. Ma è con il fotografo francese Henri Cartier-Bresson (Chanteloup en Brie, 1908 – L’Isle sur la Sorgue, 2004), definito “l’occhio del secolo”, che la fotografia di strada coglie la sua massima espressione nel Novecento. Cartier-Bresson, con il suo stile, diventa punto di riferimento, specie riguardo le immagini di persone e la scelta del “momento ideale” per lo scatto. Eccezionale la sua abilità nel coniugare tecnica e tempismo. Dall’altra parte dell’oceano, intanto, negli Stati Uniti intorno a metà del secolo, nasceva la New York School of Photography, con diversi esponenti. Tra essi Robert Frank è il più famoso, anche per essere stato elemento di punta della Beat generation.
Fatta questa sintesi delle origini, per quanto il genere richiami esplicitamente la strada, in effetti la street photography evoca piuttosto un luogo dell’anima, una dimensione che vuole descrivere l’uomo, la città, l’ambiente nell’abituale ordinarietà. Tanto è sufficiente per cogliere, con la repentinità d’uno scatto, le attività, le relazioni e le interazioni sociali, i luoghi che fanno da fondale alle quotidiane vicende umane. Sicché un luogo o un ambiente, finanche privo di persone, può essere soggetto fotografico “di strada”, perché l’occhio dell’artista ne fa il contesto evocativo dell’attività umana, rendendolo esso stesso pulsante di vita. Tutto sta nell’inquadratura e nel tempismo, che sono gli aspetti determinanti di quest’arte capace di cogliere immagini in momenti decisivi o densi di pathos. Ma tutto si gioca senza premeditazione, lasciandosi guidare dall’istinto e dal desiderio di cogliere la vita, declinata in tutte le sue sfaccettature, di percepire la dimensione umana nelle sue variabili espressioni ed emozioni, coniugandola fisicamente ai rispettivi contesti.
Sarà poi la sapiente arte del bianco e nero, la suggestione delle luci e delle ombre, a scolpire i volti dell’anima - siano persone o luoghi urbani - a fornire i “colori” della vita immortalati nella impercettibilità d’uno scatto fotografico. Di dargli, talvolta persino inconsapevolmente, un senso e un significato. Per dirla con Henri Cartier-Bresson, maestro in assoluto di quest’arte, “La fotografia è il riconoscimento simultaneo, in una frazione di secondo, del significato d’un evento”. La “fotografia di strada”, dunque, al pari di altre arti (musica, teatro, cinema, pittura, letteratura) che attingono con lo stesso spirito all’immediatezza del momento e alla realtà, diventa anche icona del tempo e della storia, elemento percepibile della narrazione umana a tutto tondo, grazie alla sua espressività genuina, non mediata da riflessioni preventive che ne potrebbero minare la spontaneità e l’essenzialità. Per questa sua specificità è un medium straordinario per raccontare l’Uomo e il suo contesto, la strada e i suoi volti, la gente e le sue emozioni, ma anche una comunità nella sua città, disegnandone per frammenti persino l’indole.
Questa mostra collettiva ne è semplicemente esempio illuminante. Mauro Branchi, Luca Cardarelli, Stefano Di Scipio, Marco Esposito e Pier Luigi Pietropaoli, infatti, con le loro immagini istantanee scattate in luoghi e contesti diversi, riescono alla perfezione a dare icasticità e senso a quanto premesso. Le loro collezioni in esposizione sono un mix di varia umanità, capaci di evocare una suggestione forte. Vi si colgono i segni dell’esistenza, le emozioni dell’avventura umana, a volte il desiderio intenso di comunità, di memoria condivisa, del respiro della propria storia, attraverso riti e tradizioni che conformano un’esperienza comunitaria. Per quanto gli Autori tendano a rifuggire da pretese che delle loro opere possano dare una dimensione artistica riconosciuta, posto che la loro fotografia s’alimenta solo d’una forte e consolidata passione extra-professionale, credo di non eccedere nell’esprimere un apprezzamento convinto per questa esperienza espositiva, segnalandone un livello che va ben oltre il valore artistico in sé, ampiamente riconoscibile, rafforzato dalla tecnica dal sapore antico che si affida all’immagine analogica e allo sviluppo della pellicola in camera oscura.
 Back to the street”, infatti, è un felice esperimento artistico di cinque appassionati di fotografia che hanno davvero il talento di saper rappresentare il volto del tempo e della società che viviamo. E’ questo un invito a coglierne gli attimi e le sensazioni. E quantunque le collezioni raccontino ciascuna una tessera d’emozione, le cinque insieme si tengono a meraviglia, per disegnare una parte d’umanità attenta alla propria identità, alla sua storia, al legame con le rispettive radici. Assume ancor più valore, quindi, la collettiva di Branchi, Cardarelli, Di Scipio, Esposito, Pietropaoli, intensamente voluta qui a L’Aquila, per alcuni città natale e per altri d’elezione.
Non è un caso, né un’arbitraria deduzione, se questa mostra di “fotografia di strada” richiami in tutti gli Aquilani il desiderio, la passione, la bramosia dei luoghi urbani che hanno connotato la loro vita. E nasce come queste foto, repentinamente e spontaneamente, la “visione” delle vie, delle piazze, degli sdruccioli e delle coste dell’Aquila rianimate dalla sua gente, con i colori e i suoni che ne disegnano la vita. In fondo, anche questa collettiva è un imperativo richiamo a riempire di volti, voci, sentimenti ed emozioni la città che le macerie ci hanno temporaneamente sottratto. Un desiderio che colma il cuore di speranza e di passione civile, arnesi dell’anima che per quasi otto secoli ci hanno consentito di ricostruire la nostra bella e straordinaria città, perfetta simbiosi tra le sue magnifiche architetture e la sua gente. (Goffredo Palmerini -Inform)

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