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martedì 2 luglio 2013

Italianità nel mondo: quale futuro?

STAMPA PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO
“Messaggero di sant’Antonio”, luglio-agosto 2013, l’editoriale del direttore p. Luciano Segafreddo

Italianità nel mondo: quale futuro?

Ogni anno decine di migliaia di giovani italiani cercano all’estero migliori condizioni di vita. Quello che conta oggi è conservare le proprie radici: lingua e patrimonio culturale

La crisi economica sta coinvolgendo anche il mondo dei media, ma il nostro mensile continua il suo impegno nell’offrire agli italiani residenti all’estero dossier, riflessioni e testimonianze sull’importanza del patrimonio culturale e spirituale legato alla loro terra d’origine. Non dimentichiamo che tra il 1860 e il 1985 più di 29 milioni di connazionali hanno lasciato l’Italia. E il flusso non è terminato: dal 2000 al 2010 sono andati all’estero 316 mila giovani e, ogni anno, decine di migliaia di italiani, in gran parte giovani laureati e professionisti, lasciano l’Italia per trovare all’estero migliori condizioni di vita.

Il nostro interrogativo riguarda ora la conservazione dell’identità dei nostri italiani nel mondo: il loro amore per la lingua e il patrimonio di valori della terra d’origine. Pionieri nella diffusione della lingua italiana nel mondo sono la Dante Alighieri, con oltre 400 comitati all’estero, e gli Istituti di Cultura italiana, sparsi in ogni continente. Il tema dell’XI Convegno internazionale della Dante Alighieri per i giovani italiani all’estero ha avuto come tema: «Identità e Globalizzazione: lingua, arte e ambiente, patrimoni da tutelare e valorizzare». Oggi, però, anche queste istituzioni subiscono tagli che stanno impoverendo le loro prospettive. La crisi ha intaccato settori operativi «vitali» per l’italianità. Alcuni esponenti del settore «comunicazione» hanno sospeso i loro media o «si sono trasferiti» on line; e non poche associazioni hanno cessato il loro impegno culturale e sociale. Purtroppo la lingua di Dante nei convegni organizzati dalle «nostre» istituzioni è sempre più spesso sostituita con le lingue locali, e sta per essere dimenticata anche nell’ambito delle famiglie italiane. Segni di una mutazione culturale e «antropologica» che non prospetta un futuro all’italianità nel mondo.

Nonostante ciò, ci sono iniziative positive. Come quella del Consolato italiano di Hannover, in Germania, che ha risposto alle richieste delle collettività italiane di Amburgo, Lubecca, Brema e Bremerhaven inserendo nel suo programma il rilancio dell’insegnamento della lingua italiana nelle scuole locali. E tra le attività delle Regioni, ricordo quella della Toscana che ha rinnovato i bandi rivolti ai giovani toscani nel mondo, per la loro partecipazione ai corsi di lingua e cultura italiana a Siena e al percorso formativo sull’imprenditoria toscana a Firenze.

Alcuni membri del Parlamento italiano eletti dai connazionali all’estero hanno messo in evidenza l’urgenza di un nuovo impulso per la promozione dell’italianità nel mondo. «Noi siamo i figli e i nipoti dei connazionali partiti dall’Italia e in questo momento stiamo cercando un rapporto di collaborazione con la nostra terra d’origine. Oggi dobbiamo puntare sugli italiani nel mondo», ha dichiarato la deputata Renata Bueno in una recente audizione sulle linee programmatiche del Maie. E la deputata Fucsia Nissoli, eletta nella ripartizione America settentrionale e centrale, ha chiesto al ministro degli Esteri di «lavorare alla crescita della lingua italiana, anche all’interno di un cammino che vede lo ius culturae come centrale nel percorso d’acquisizione e formazione della cittadinanza». La Nissoli ha anche auspicato il potenziamento della diffusione all’estero della cultura italiana attraverso il rilancio di Rai Italia e degli Istituti italiani di cultura. «Abbiamo nel mondo – ha aggiunto l’onorevole Guglielmo Picchi – 4 milioni e mezzo di connazionali. Una rete che può favorire la distribuzione di cultura, turismo e prodotti italiani». C’è dunque una presenza di italiani nel mondo, che attende dal nostro governo un progetto politico a sostegno del patrimonio culturale, sociale e morale che appartiene alla loro identità. Con obiettivi e programmi condivisi dagli stessi Stati che hanno accolto gli italiani. (padre Luciano Segafreddo, direttore del Messaggero di sant’Antonio, edizione italiana per l’estero /Inform)

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