ITALIANI
ALL’ESTERO
A Monaco di Baviera una cerimonia in
memoria dei connazionali morti nei campi di concentramento nazisti
Un’iniziativa organizzata
dall’Arcidiocesi di Monaco con il sostegno di Consolato generale e Comites alla
Cappella italiana costruita presso l’ex campo di concentramento di Dachau,
inaugurata 50 anni fa
MONACO DI BAVIERA – Si è svolta sabato 2 novembre alla Cappella italiana eretta accanto all’ex campo di concentramento di Dachau la cerimonia in memoria dei connazionali morti nei campi di concentramento nazisti organizzata dall’Arcidiocesi di Monaco e Freising con il sostegno del Consolato Generale d’Italia e del Comites di Monaco di Baviera.
Oltre a cittadini italiani e tedeschi – molti giovani - hanno partecipato alla cerimonia autorità civili e militari, italiane e tedesche. Tra esse, il sindaco di Dachau, rappresentanti del Landtag e del governo bavarese, rappresentanti della polizia bavarese, delle Forze Armate italiane e rappresentanti delle varie religioni. Da Trento è giunta anche una delegazione della locale sezione dell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) insieme a 25 ragazzi delle superiori e dell’Università cittadina, che si sono incontrati con la delegazione di studenti tedeschi delle classi del Rupprecht-Gymnasium di Monaco di Baviera che studiano italiano.
La cerimonia – si legge nella nota diffusa in proposito dal Comites - è iniziata percorrendo la Via Crucis, opera dello scultore Vittorio Di Colbertaldo, che dal piazzale porta al cimitero dove riposano oltre 7.000 vittime. Brevi momenti di preghiera hanno accompagnato il ricordo di alcune delle vicende personali delle vittime, in particolare quella di Nevio Vitelli, deportato a 16 anni, autore di una poesia che – raccolta dal suo amico e compagno di prigionia Mirco Giuseppe Camia, - ha dato lo spunto ed il titolo al libro “Mein Schatten in Dachau”, raccolta delle testimonianze dei deportati, e di Procolo Caranante, giovane pescatore di Procida, fucilato il 29 settembre 1944.
Alla Cappella Italiana – che compie quest’anno 50 anni - sono intervenuti il cardinale Reinhard Marx e l’arcivescovo di Trento Luigi Bressan, in rappresentanza della Conferenza Episcopale Italiana. Il cardinale ha ricordato in particolare come si debbano ricordare tutte le vittime del nazismo ed ci si debba impegnare contro tutte le discriminazioni, siano esse di carattere religioso, razziale, di genere o preferenza sessuale.
Hanno concluso la cerimonia gli interventi del console generale Filippo Scammacca del Murgo, del rappresentante dell’ANPI Sandro Schmid e di due studenti di Trento, del presidente del Comites Claudio Cumani ed un saluto del Vescovo di Verona Giuseppe Zenti, letto dal un suo delegato.
Il presidente del Comites ha ripercorso la storia della Cappella, costruita con il sostegno del governo italiano e tedesco e quello di diversi pontefici della Chiesa cattolica sulla collina del Leitenberg, utilizzata dai nazisti per liberarsi dei corpi dei prigionieri deceduti nel campo di concentramento che non potevano essere cremati nei forni per mancanza di legna e luogo scelto da un Comitato preposto fondato e diretto dal generale Gaetano Cantaluppi, reduce dal campo di concentramento di Flossenbürg, nel quale era stato internato assieme al figlio in seguito alla sua adesione alla Resistenza. Richiamati anche i discorsi pronunciati in occasione dell’inaugurazione della Cappella, nel 1963, dal presidente della Repubblica italiana, Antonio Segni, il Presidente della Repubblica Federale tedesca Heinrich Lübke e il Primo ministro bavarese Alfons Goppel. “Una Europa nuova, unita e solidale, casa comune di tante culture, lingue, tradizioni, religioni: ecco il messaggio ed il compito che entrambi i presidenti affidarono allora nuove generazioni – ricorda Cumani. “Perchè non ci si fermi alla pietà per i morti, ma si riscatti il loro sacrificio impegnandoci a realizzare i loro sogni e le loro speranze. Ed è con questo spirito – continua - che noi oggi festeggiamo i 50 anni della Cappella italiana ed onoriamo con rispetto e riconoscenza i morti che giacciono su questa collina. Anche se quasi nessuno dei loro nomi ci è noto, li sentiamo ancora tutti accanto a noi, con le loro paure ed il loro coraggio, con la loro volontà di non piegarsi, con le loro speranze in un mondo migliore e più giusto. E di fronte a loro ci impegnamo a non dimenticare e a non lasciare che quanto è successo venga dimenticato. A fare tutto quanto a noi possibile per estirpare dal mondo l’ingiustizia, l’intolleranza e la sopraffazione, affinché le tragedie del passato non si ripetano”.
Il console generale ha anche consegnato in questa occasione due “medaglie d’onore destinate agli ex deportati nei campi di concentramento nazisti” alla memoria di Giuseppe D’Amico (fatto prigioniero a Dubrovnik/Ragusa nel 1943, internato prima a Bathorn/Niedersachsen e poi a Gevelsberg/Nordrhein-Westfalen, dove morì di pleurite il 23 marzo 1944) e Francesco Paolo Grasso (sopravvissuto al campo di concentramento di Berger-Belsen nella Lüneburger Heide, dove era stato internato nel settembre 1943), medaglie che sono state ritirate dalla nipote Vincenza Lombardo e dal figlio Fernando Grasso. (Inform)
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