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mercoledì 26 giugno 2013

Marco Basti: Sul monumento voci coincidenti come ai tempi di Emilio Colombo

STAMPA ITALIANA ALL’ESTERO

Su “Tribuna Italiana” di oggi l’editoriale del direttore Marco Basti

Sul monumento voci coincidenti come ai tempi di Emilio Colombo


BUENOS AIRES - L’intenzione del governo argentino di togliere il monumento a Cristoforo Colombo donato un secolo fa dalla collettività italiana, per far posto alla statua dedicata a Juana Azurduy, donata dal governo boliviano, ha avuto l’effetto di svegliare un po’ dal suo lungo torpore, la vita della nostra comunità e delle istituzioni che ci rappresentano.

Infatti, nemmeno in occasione delle ultime elezioni politiche italiane si era notata tanta effervescenza, tra gli italiani residenti in Argentina e i loro discendenti. Vero è che la politica italiana vive uno dei momenti peggiori per quanto riguarda l’interesse della società, per cui si parla di antipolitica o di assoluta indifferenza verso di essa, e in un tale quadro, anche l’interesse degli elettori locali è scemato, come si è visto dai numeri dei partecipanti al voto.

Il caso del monumento a Colombo invece, ha superato gli stretti limiti nei quali abitualmente è racchiusa la nostra comunità nell’interesse dei media e della politica locali, per diventare un altro argomento di scontro nel quadro più ampio della guerra tra governo e opposizione in atto in Argentina.

Ultimo atto - per adesso - della telenovela del monumento, dopo l’incontro di una delegazione della comunità italiana con esponenti del governo alla Casa Rosada, è stato il ricorso accettato dal giudice María Alejandra Biotti, che ha disposto la sospensione di qualsiasi atto teso a spostare il monumento a Colombo dalla piazza che porta il suo nome, per un periodo di novanta giorni.

Per quanti si sono battuti perché il dono fatto dalla collettività all’Argentina sia lasciato nel posto dove si trova da quando fu inaugurato nel 1921, la decisione del giudice è stata presa con grande soddisfazione. Bisogna tener presente però, che in questi novanta giorni, che corrono dallo scorso 14 giugno, il giudice studierà il fondo della questione e prenderà una decisione su chi, come e perché può o non può spostare il monumento. Infatti, una delle questioni di fondo che dovrà decidere è il diritto o meno del governo nazionale di decidere sul monumento, sul quale invece reclama il potere di disporre il governo della città di Buenos Aires.

Dicevamo della grande soddisfazione manifestata da numerosi enti. A cominciare da FEDIBA, a continuare dalla FACA e dal COMITES e dalla FEDITALIA. Ognuna di queste organizzazioni ha sentito il bisogno di dare la propria versione sul significato dell’ “amparo” concesso dalla giustizia e o su quanto avvenuto nella riunione con il Segretario generale della presidenza Parrilli.

Pur nella diversità di toni e di commenti, pur nell’euforia o nei proclami di vittoria, non ci possono essere dubbi su quale è la posizione che la nostra comunità e la struttura che la rappresenta hanno assunto sull’intenzione del governo di spostare il monumento. C’è generale coincidenza sul fatto che il monumento a Colombo deve restare al suo posto.

Infatti, al di là di qualche dirigente di una delle centinaia di associazioni italiane dell’Argentina felice di condividere l’entusiasmo del sindaco di Mar del Plata che vuole portarsi via il monumento o di qualche entusiasta dell’iniziativa del governo che, però, ha ammesso esplicitamente di non rappresentare nessuno, praticamente tutti, dirigenti e istituzioni, si sono manifestati coerentemente - ripetiamo, anche se in toni e modi diversi - rispecchiando e rispettando il sentimento generale nella nostra comunità.

Una unanimità che non ci esenta dall’autocritica per la mancanza di coordinamento. Non poche volte in passato abbiamo parlato di creare un ambito nel quale tutte le espressioni di rappresentanza della comunità italiana in Argentina potessero dialogare, esprimersi insieme, discutere magari acerbamente, ma nel quale trovare posizioni comuni, da presentare insieme agli interlocutori di turno. Abbiamo ricordato spesso l’esperienza del Comitato Unitario degli Italiani in Argentina, che operò nei primi anni ‘80, fino alla prima elezione dei Coemit, poi diventati Comites. Proprio lunedì è deceduto in Italia Emilio Colombo che ricoprì numerosi incarichi di governo durante la sua lunghissima vita politica. Ebbene, Colombo era ministro degli Esteri del governo Spadolini quando nel 1982 ci fu la guerra delle Malvine. Il Comitato Unitario servì di base al Comitato per la giusta Pace, costituito da dirigenti di collettività, imprenditori e sindacalisti, che si recò a Roma, incontrando Spadolini e Colombo, il presidente della Repubblica Sandro Pertini ed esponenti del Parlamento italiano. Lo scopo era di chiedere che l’Italia si discostasse dalle sanzioni economiche imposte dalla Cee all’Argentina, ottenendo l’assenso del governo. Colombo poi venne a Buenos Aires, fu accolto da una grande manifestazione della collettività che gremì il teatro Coliseo che nel titolare della Farnesina volle ringraziare l’Italia ed ebbe occasione di incontrare anche importanti esponenti politici argentini che si stavano organizzando per il ritorno alla vita democratica.

Altri tempi, circostanze differenti, ma quel che conta (oltre al modesto omaggio nel ricordare Emilio Colombo) è ribadire che ci vuole una sede di dialogo tra le varie sigle che rappresentano la comunità italiana e i suoi sodalizi.
Ne hanno bisogno l’Italia e l’Argentina. Ne abbiamo bisogno tutti noi. (Marco Basti - Tribuna Italiana /Inform)

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