TEATRO
Prodotto
dall’Associazione “Atti” di Vezzano con il sostegno della Provincia Autonoma di
Trento
“Come
un fiume. Viaggiatori dell’Impero. Ieri emigranti, oggi cittadini d'Europa”
Lo
spettacolo è dedicato alla storia dei trentini emigrati nei confini dell’Impero
austro-ungarico e ai loro discendenti
TRENTO - “Come un fiume. Viaggiatori
dell'Impero. Ieri emigranti, oggi cittadini d'Europa” : è il titolo dello
spettacolo teatrale dedicato alla storia dei trentini emigrati nei confini
dell’Impero austro-ungarico e ai loro discendenti.Lo spettacolo, regia di Flora
Sarrubbo, è prodotto dall’Associazione culturale ATTI di Vezzano con il
sostegno dell’Ufficio Emigrazione della Provincia Autonoma di Trento (http://www.mondotrentino.net/binary/pat_mondotrentino/primo_piano/locandina_definitiva_come_fiume.1369636634.jpg
).
Dopo essere andato in scena questo mese a
Vermiglio (in occasione della Festa dell’Emigrazione) a Fornace e a Brentonico,
il prossimo 30 agosto sarà a Vallarsa, in occasione del Festival Tra le rocce e
il cielo e in dicembre a Vezzano.
Nella seconda metà dell’Ottocento le
migrazioni, che per il Trentino come per larga parte dell’arco alpino erano
state fino ad allora stagionali, cambiarono natura facendosi, per intere
vallate e intere classi sociali, permanenti: un fiume di umanità, che cercava
il suo mare.
A partire dagli anni Ottanta del secolo -
oltre a una moltitudine che fu indirizzata sulle rotte transoceaniche - alcune
migliaia di persone lasciarono la loro terra per destinazioni nominalmente
“interne” all’Impero, ma in realtà lontane per distanza geografica, lingua,
cultura materiale, religione.Queste persone migrarono – soprattutto dalla
Valsugana, e la prima a Borgo è un omaggio a loro - verso altri territori della
duplice monarchia danubiana, principalmente Austria occidentale, Bosnia ed Erzegovina,
Romania, Ungheria. Per lungo tempo questi eventi sono rimasti in parte
sconosciuti e intrappolati nelle pieghe della storia europea, riemergendo solo
dopo il dissolversi della cortina di ferro. Da allora i rapporti con quelle
comunità si fecero però particolarmente forti e ricchi di scambi. A loro e ai
loro discendenti, il cui destino si identificò ben presto col destino delle
piccole patrie che li avevano accolti, questo lavoro è dedicato. Non di sole
traversìe – e talvolta migrazioni ulteriori e dolorosi ritorni – sono fatte le
loro vicende, ma anche e soprattutto di energie vitali travasate altrove,
dell’orgoglio di un cognome, una canzone, una preghiera, un’espressione di
famiglia in una lingua soave.
E con queste suggestioni oggi spesso si
torna, si riscopre, si porta un bagaglio di esperienze e di curiosità che apre
a noi - che siamo rimasti - più vasti orizzonti, nuove prospettive e fecondi
scambi.Attraverso di loro, e grazie a loro, ricordiamo la diaspora trentina,
invisibile a chi non la conosce e così reale per chi l’ha vissuta.
La regista Flora Sarrubbo ha scelto di
iniziare il racconto scenico attraverso uno scorrere d’acqua perenne che
racchiude le voci delle montagne, dei paesi, della stessa valle, e i suoni dei
boschi da lei nutriti. Lento, inesorabile, il fiume scorre, così come la
Storia, spesso travolgendo realtà che sembravano immutabili e le vite
aggrappate a quei pendii. Chi rimane decide di accettare i nuovi confini che
l’acqua ha modellato ricominciando da zero. Chi si mette in viaggio, come acqua
che va al mare, incontra territori nuovi, in quella terra, l’Europa del
Novecento, che ha visto più volte i confini farsi e disfarsi. E ancora oggi
queste terre si riempiono e si svuotano di uomini che cantano le proprie
storie.
Il lavoro Come un fiume. Viaggiatori
dell’Impero per l’Ufficio Emigrazione della Provincia Autonoma di Trento, che
ha sostenuto il progetto, “vuole andare oltre al ricostruire la memoria, pur
importante, di quelle vicende, vuole incontrare, e far incontrare agli spettatori,
le storie di quei discendenti che, ormai cittadini del mondo, oggi vengono in
Trentino per conoscerci, oltre che per lavorare, studiare, incontrare i
familiari, vedere per la prima volta la neve. E per noi, anche grazie a loro,
il mondo si fa più vicino, la nostra realtà si fa più vitale”.(Inform)
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