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mercoledì 26 giugno 2013

Spettacolo è dedicato alla storia dei trentini emigrati nei confini dell’Impero austro-ungarico e ai loro discendenti


TEATRO 

Prodotto dall’Associazione “Atti” di Vezzano con il sostegno della Provincia Autonoma di Trento

“Come un fiume. Viaggiatori dell’Impero. Ieri emigranti, oggi cittadini d'Europa”

Lo spettacolo è dedicato alla storia dei trentini emigrati nei confini dell’Impero austro-ungarico e ai loro discendenti

 

TRENTO - “Come un fiume. Viaggiatori dell'Impero. Ieri emigranti, oggi cittadini d'Europa” : è il titolo dello spettacolo teatrale dedicato alla storia dei trentini emigrati nei confini dell’Impero austro-ungarico e ai loro discendenti.Lo spettacolo, regia di Flora Sarrubbo,  è prodotto dall’Associazione culturale ATTI di Vezzano con il sostegno dell’Ufficio Emigrazione della Provincia Autonoma di Trento (http://www.mondotrentino.net/binary/pat_mondotrentino/primo_piano/locandina_definitiva_come_fiume.1369636634.jpg ).


Dopo essere andato in scena questo mese a Vermiglio (in occasione della Festa dell’Emigrazione) a Fornace e a Brentonico, il prossimo 30 agosto sarà a Vallarsa, in occasione del Festival Tra le rocce e il cielo e in  dicembre   a Vezzano.
 

Nella seconda metà dell’Ottocento le migrazioni, che per il Trentino come per larga parte dell’arco alpino erano state fino ad allora stagionali, cambiarono natura facendosi, per intere vallate e intere classi sociali, permanenti: un fiume di umanità, che cercava il suo mare.

A partire dagli anni Ottanta del secolo - oltre a una moltitudine che fu indirizzata sulle rotte transoceaniche - alcune migliaia di persone lasciarono la loro terra per destinazioni nominalmente “interne” all’Impero, ma in realtà lontane per distanza geografica, lingua, cultura materiale, religione.Queste persone migrarono – soprattutto dalla Valsugana, e la prima a Borgo è un omaggio a loro - verso altri territori della duplice monarchia danubiana, principalmente Austria occidentale, Bosnia ed Erzegovina, Romania, Ungheria. Per lungo tempo questi eventi sono rimasti in parte sconosciuti e intrappolati nelle pieghe della storia europea, riemergendo solo dopo il dissolversi della cortina di ferro. Da allora i rapporti con quelle comunità si fecero però particolarmente forti e ricchi di scambi. A loro e ai loro discendenti, il cui destino si identificò ben presto col destino delle piccole patrie che li avevano accolti, questo lavoro è dedicato. Non di sole traversìe – e talvolta migrazioni ulteriori e dolorosi ritorni – sono fatte le loro vicende, ma anche e soprattutto di energie vitali travasate altrove, dell’orgoglio di un cognome, una canzone, una preghiera, un’espressione di famiglia in una lingua soave.
 

E con queste suggestioni oggi spesso si torna, si riscopre, si porta un bagaglio di esperienze e di curiosità che apre a noi - che siamo rimasti - più vasti orizzonti, nuove prospettive e fecondi scambi.Attraverso di loro, e grazie a loro, ricordiamo la diaspora trentina, invisibile a chi non la conosce e così reale per chi l’ha vissuta.
 

La regista Flora Sarrubbo ha scelto di iniziare il racconto scenico attraverso uno scorrere d’acqua perenne che racchiude le voci delle montagne, dei paesi, della stessa valle, e i suoni dei boschi da lei nutriti. Lento, inesorabile, il fiume scorre, così come la Storia, spesso travolgendo realtà che sembravano immutabili e le vite aggrappate a quei pendii. Chi rimane decide di accettare i nuovi confini che l’acqua ha modellato ricominciando da zero. Chi si mette in viaggio, come acqua che va al mare, incontra territori nuovi, in quella terra, l’Europa del Novecento, che ha visto più volte i confini farsi e disfarsi. E ancora oggi queste terre si riempiono e si svuotano di uomini che cantano le proprie storie.
 

Il  lavoro Come un fiume. Viaggiatori dell’Impero per l’Ufficio Emigrazione della Provincia Autonoma di Trento, che ha sostenuto il progetto, “vuole andare oltre al ricostruire la memoria, pur importante, di quelle vicende, vuole incontrare, e far incontrare agli spettatori, le storie di quei discendenti che, ormai cittadini del mondo, oggi vengono in Trentino per conoscerci, oltre che per lavorare, studiare, incontrare i familiari, vedere per la prima volta la neve. E per noi, anche grazie a loro, il mondo si fa più vicino, la nostra realtà si fa più vitale”.(Inform)

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